Si tratta di un esame diagnostico messo a punto dagli studiosi del dipartimento di Ingegneria e Architettura dell’Università di Trieste, che consente di identificare i pazienti a rischio frattura a causa della fragilità ossea. Si chiama “Bes Test” e riesce a misurare la qualità della struttura interna dell’osso
Si chiama “Bes Test” (acronimo di Bone Elastic Structure Test) ed è un innovativo esame diagnostico basato sui raggi X, veloce e accurato, che permette di identificare i pazienti a rischio frattura a causa della fragilità ossea, cioè l’osteoporosi. A mettere a punto il test sono stati, come si legge anche in un comunicato diffuso sul sito dell'ateneo, gli studiosi del dipartimento di Ingegneria e Architettura dell’Università di Trieste.
Un approccio “innovativo ed unico al mondo”
L’esame, hanno sottolineato gli esperti, è stato proposto con “un approccio assolutamente innovativo ed unico al mondo”, con l’obiettivo di misurare la qualità della struttura interna dell’osso, a differenza di quanto succede con la densitometria ossea, che invece consiste in una valutazione radiografica legata alla quantità di calcio contenuta nello scheletro. In particolare, sottolineano ancora gli studiosi dell’ateneo triestino, il “Bes Test” è basato su “un software analogo a quelli che gli ingegneri utilizzano per testare la resistenza di parti in acciaio e, nello specifico, sulla simulazione dell’applicazione di forze su quella che può essere considerata una biopsia virtuale dell’architettura ossea del paziente, ottenuta da immagini radiografiche”. Il sistema, in sostanza, produce un’analisi della radiografia che viene eseguita attraverso un dispositivo portatile e stabilisce così lo stato dell’architettura dell’osso. L’osteoporosi, come ribadiscono i ricercatori, procura non solo una riduzione della densità ossea, ma anche una modifica delle cosiddette “intelaiature” interne che reggono i carichi a cui le sottoponiamo. Proprio il danno a tali strutture è alla base di molte fratture.
Una dose bassissima di raggi X
Come sottolineato da Francesca Cosmi, professoressa di Ingegneria presso l’Università di Trieste e ideatrice del progetto, “in un materiale così articolato, il calo della massa ossea non basta da solo a spiegare tutte le fratture osteoporotiche”. E, proprio da questa premessa è nata l’idea di approfondire il problema della valutazione del rischio, “studiando come la complessa struttura trabecolare influenzi la distribuzione delle forze all’interno dell’osso, in modo da migliorare la conoscenza della situazione specifica del paziente”, ha aggiunto. L’esame diagnostico, tra l’altro, è stato già utilizzato, a partire dal 2015 ad oggi, con oltre 7.000 pazienti. Si tratta, dicono gli studiosi, di “una metodologia utilizzabile da qualunque medico” e che “impiega una dose bassissima di raggi X, con costi e rischi inferiori”. Infine, è anche un test significativo per il monitoraggio di una corretta strategia terapeutica, perché consente al medico di mettere a punto eventuali modifiche in corso d'opera ed in tempi particolarmente brevi.