Gli effetti negativi di Instagram sui giovani: l’inchiesta svelata dal Wsj

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©IPA/Fotogramma

Il Wall Street Journal ha reso pubblici una serie di studi interni che Facebook ha condotto negli ultimi tre anni, senza mai rivelarne i risultati. Dalle ricerche è emerso come i giovani che popolano la celebre piattaforma siano propensi a manifestare sentimenti negativi rispetto al proprio corpo, ansia o persino depressione. Ma, secondo gli esperti, molto spesso studi simili si rivelano “solo esplorativi e frammentari”

Sentimenti negativi rispetto al proprio corpo, ansia o persino depressione. Sono questi gli effetti che Instagram, uno dei social network più conosciuti al mondo, avrebbe sugli adolescenti iscritti alla piattaforma, soprattutto nelle ragazze. E Facebook ne sarebbe a conoscenza, tanto da aver condotto negli ultimi tre anni studi interni, senza mai rivelarne i risultati, su come l’app di proprietà del colosso di Menlo Park influisca sui milioni di giovani utenti. A svelare questi studi ed i relativi risultati è stato il Wall Street Journal.

Alcuni risultati emersi

“Il 32% delle adolescenti afferma che quando si sente male con il proprio corpo, Instagram le fa sentire peggio”, è uno dei dati che riporta il Wsj a proposito della ricerca interna di Facebook. Ma è emerso anche come “gli adolescenti incolpino Instagram per gli aumenti del tasso di ansia e depressione”. Da un altro studio, invece, è stato riscontrato come per oltre il 40% dei giovani la percezione di non essere abbastanza attraenti sia scaturita proprio con l'utilizzo di Instagram. In quest’ottica, proprio il capo delle public policy del social network, Karina Newton, ha spiegato che la società sta individuando una serie di stratagemmi per allontanare gli utenti da determinati tipi di contenuti. “Siamo cautamente ottimisti che questi suggerimenti sposteranno l'attenzione finora focalizzata sull'aspetto fisico delle persone”, ha detto. La piattaforma tra l’altro, dopo alcuni esperimenti, ha di recente reso facoltativa la visualizzazione dei cuoricini o “like”, apprezzamenti che altri utenti possono lasciare ai contenuti fotografici pubblicati.

L’importanza dell’utenza giovane per i social

Sempre secondo il Wall Street Journal i documenti relativi a questi studi sono stati vagliati dai massimi dirigenti, compreso il fondatore di Facebook, Mark Zuckerberg e il capo di Instagram, Adam Mosseri, e mostrano come siano stati compiuti “sforzi minimi per affrontare questi problemi e come siano stati minimizzati in pubblico”. Proprio su input di Mosseri, sarebbe emerso come Instagram possa mettersi al lavoro per una versione della piattaforma social dedicata agli “under 13”, indiscrezione già diffusa alcuni mesi fa negli Usa e che già ha scatenato reazioni contrarie e polemiche. Per Instagram, come per altri colossi della tecnologia, allargare la base di giovani utenti è fondamentale per sopravvivere. Proprio l'app di proprietà di Facebook vanta più di 100 miliardi di entrate annuali e più del 40% dei suoi utenti ha meno di 22 anni. Inoltre, sottolinea ancora il Wsj, quasi 22 milioni di adolescenti vi accedono solo negli Stati Uniti ogni giorno, rispetto ai 5 milioni di coetanei che utilizzano ancora Facebook, da cui i più giovani sembrano essersi allontanati. Si tratta, spiega in conclusione, di una sorta di ossessione quella che gli adolescenti sentono nei confronti di Instagram, ma che “non sono in grado di fermare”.

The Instagram app is seen on a mobile device screen in this photo illustration on January 31, 2019. (Photo by Jaap Arriens / Sipa USA)

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Il parere dell’esperta

“Instagram è solo l'ultimo, in ordine di tempo, ad essere scelto per convogliare il panico morale che ha da sempre accompagnato le nuove tecnologie. Pur esistendo dal 2010 è solo ultimamente che la ricerca si è interessata a questa piattaforma e gli studi sono finora solo esplorativi e frammentari”, ha sottolineato (come riporta “La Repubblica") Tiziana Metitieri, neuropsicologa del Meyer di Verona e da tempo al lavoro sul rapporto tra tecnologia e sviluppo in età pediatrica. “Quello che sappiamo è che i risultati degli ultimi anni rivolti a dimostrare l'impatto negativo dei social media sulla salute psicologica degli adolescenti si sono rivelati deboli quando non artefatti. L'esclusivo basarsi su misure soggettive del tempo trascorso online, la selezione parziale degli strumenti per valutare ansia e depressione, l'opacità dei dati raccolti e non aperti alla verifica di ricercatori indipendenti, assieme alla scarsa trasparenza sugli scopi delle ricerche ne ha messo in questione l'integrità”, ha sottolineato. Secondo l’esperta, poi, “i problemi di salute mentale non sono aumentati con l'uso delle nuove tecnologie. I social media possono rappresentare uno spazio per esprimere le difficoltà psicologiche e per chiedere aiuto. Inoltre, possono essere il mezzo per condurre campagne di promozione della salute mentale che ingaggino gli stessi adolescenti. Sono questi contenuti che dovrebbero essere incentivati. Molta ricerca è ancora da fare, è necessario che sia più trasparente e che tenga conto di effetti negativi, neutri e positivi ma sappiamo che l'attenzione sarà spostata altrove quando l'allarme su Instagram non sarà più funzionale alle decisioni politiche e di mercato”, ha concluso.

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