Invecchiamento cerebrale, non è solo questione di neuroni: lo studio

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A sottolinearlo è stato il lavoro di ricerca di un team internazionale di studiosi, tra cui esperti dell’Università di Padova, di Dusseldorf e della Statale di Milano, coordinato dal professor Arthur Butt dell’Università di Portsmouth, che hanno individuato un ruolo cruciale della mielina e del recettore GPR17, nel processo di invecchiamento cerebrale

Un ruolo cruciale per la mielina e anche per il recettore GPR17 nell’invecchiamento cerebrale. E’ quello che è riuscito a dimostrare lo studio di un team internazionale di ricercatori, tra cui esperti dell’Università di Padova, di Dusseldorf e della Statale di Milano, coordinati dal professor Arthur Butt dell’Università di Portsmouth, in un lavoro di ricerca che è stato pubblicato sulla rivista scientifica "Aging Cell".

Le cause dell’invecchiamento cerebrale

La ricerca, si legge in un comunicato diffuso proprio sul sito dell’ateneo padovano, ha consentito agli studiosi di ricostruire proprio le cause dell’invecchiamento cerebrale, identificando la mielina, una sostanza che costituisce la guaina midollare delle fibre nervose e che ha funzione, oltre che protettiva, isolante nei riguardi della conduzione dello stimolo nervoso, “come bersaglio primario delle alterazioni associate all’invecchiamento”. Gettando anche le basi per futuri studi legati a processi di “ringiovanimento” delle cellule produttrici di mielina. “Tutti conoscono bene la materia grigia, ma meno apprezzata è la materia bianca, nonostante rappresenti l’altra metà del cervello”, ha riferito Butt. “La materia bianca è la parte sottostante alla materia grigia ed è composta dagli assoni, i ‘cavi elettrici’ del cervello che connettono le varie parti del cervello. Gli assoni sono ricoperti da una sostanza chiamata mielina, un isolante che in maniera simile alla plastica dei cavi elettrici, ha il compito di isolare gli assoni e quindi facilitare la trasmissione di informazioni attraverso di essi”, ha spiegato ancora il professore.  In particolare, la mielina viene prodotta da cellule cerebrali specializzate, definite in gergo scientifico “oligodendrociti”. Una mancanza di mielina, ha detto ancora Butt, “ha effetti devastanti sull’attività cerebrale e ne sono esempio le malattie neurodegenerative come la sclerosi multipla, l’alzheimer e la demenza senile”.

Comparato il genoma del cervello di topi giovani ed anziani

A raccontare poi ancora i risvolti di questa ricerca, ci ha pensato Andrea D. Rivera, dell’Università di Padova e primo autore dello studio. “Abbiamo comparato il genoma del cervello di topi giovani ed anziani di modo da identificare quali processi siano alterati nell’invecchiamento”, ha detto. Si tratta di specifiche tecniche di analisi che hanno permesso dai ricercatori di “dimostrare come la diminuzione degli oligodendrociti nel cervello anziano sia legata ad una perdita di cellule staminali cerebrali chiamate oligodendrociti precursori. Queste cellule sono essenziali per il ripopolamento degli oligodendrociti e della mielina”, ha commentato lo studioso. “Inoltre, abbiamo identificato il gene GPR17 come il gene maggiormente alterato nel cervello anziano. La perdita di GPR17 riduce la capacità degli oligodendrociti precursori di ripristinare la materia bianca persa”, ha poi concluso, riferendo come siano state utilizzate nel corso dello studio una serie di tecniche bioinformatiche sofisticate con l’obiettivo di “identificare novi composti che possano ringiovanire gli oligodendrociti precursori e dimostrato che uno di questi, LY-294002, sia in grado di contrastare la perdita di materia bianca causata dal processo di invecchiamento”.

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