Tamponi coronavirus, Fimmg: "Nel 50% delle province medico di base non può prescriverli"

Salute e Benessere

“Esistono norme diverse a livello regionale, provinciale e di singola Asl” spiega Paolo Misericordia della Federazione dei medici di medicina generale. E questo genera “confusione e tempi lunghi”

In circa metà delle province italiane il medico di famiglia non è autorizzato a richiedere direttamente il tampone per la ricerca biomolecolare del coronavirus. Lo riporta la Federazione dei medici di medicina generale (Fimmg) che è contraria al cosiddetto “passaggio in più” - cioè la necessaria richiesta del medico alla Asl che prende in carico il paziente - il quale, secondo la Fimmg, aumenta soltanto i tempi dell'esame e contribuisce ad alimentare la confusione dei cittadini.

Medico di base e tampone

Come detto, sono circa il 50% le province del nostro Paese che non consentono al medico di base di richiedere direttamente il tampone per i propri assistiti senza passare dalla Asl. “Esistono infatti norme diverse a livello di Regioni, province o addirittura di singole Asl che determinano una situazione di estrema confusione" spiega Paolo Misericordia della Federazione dei medici di medicina generale. "In circa la metà delle province dunque – aggiunge - il medico può prescrive direttamente il tampone, prendendo anche appuntamento con i drive-in delle Asl per farlo effettuare al paziente e accorciare i tempi". Ma nella restante parte dei territori, "il medico deve fare la richiesta alla Asl che poi, a sua volta, prenderà in carico il cittadino convocandolo”. “Un passaggio in più – conclude Misericordia - che allunga inevitabilmente i tempi".

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La Fimmg sul vaccino antinfluenzale

Martedì 6 settembre, nel corso di un congresso a Villasimius aveva invece parlato Silvestro Scotti, il segretario nazionale della Fimmg, e aveva lanciato un allarme per sul vaccino antinfluenzale. Secondo Scotti, le dosi sarebbero insufficienti ed esiste il rischio che nemmeno tutti gli aventi diritto riescano a vaccinarsi. Il medico ha poi criticato l'iniquità d'accesso alle dosi, carenti in alcune regioni. "Considerando che abbiamo 16 milioni di cronici, a cui si aggiungono i bambini, gli aventi diritto, la polizia, gli insegnanti, gli allevatori, senza contare i 'normali' cittadini – ha detto – e che arriveranno 17 milioni di dosi in tutto mi pare chiaro che ci sarà una mancanza di vaccini per l'influenza».

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