La bimba, salvata dai medici, è nata in seguito a un'intervento straordinario all'ospedale Santa Maria Annunziata di Firenz. Adesso sta bene e si trova con la madre
Sabato scorso all'ospedale Santa Maria Annunziata di Firenze una bimba è nata nell'addome a causa della rottura dell'utero della madre durante il parto. Una circostanza, molto rara e estremamente rischiosa per la salute sia del piccolo che della mamma. Per fortuna, i medici hanno sottoposto la donna a un intervento chirurgico pochi minuti dopo l'accaduto, salvando la sua vita e quella della neonata, che sta bene e si trova in reparto insieme a lei.
Improvvisa rottura dell'utero
L'intervento è stato eseguito dal dottor Paolo Gacci che ha coordinato l'equipe ostetrico ginecologica, mentre l'equipe anestesiologica era guidata dal dottor Marco Belardinelli. Tutto è iniziato durante il travaglio, quando si è verificata la rottura dell’utero di una gravidanza a termine, un evento non diagnosticabile che ha comportato che il neonato e anche la placenta migrassero nell’addome, tra le anse intestinali. Tutto si è svolto in una manciata di minuti, anche perché la bimba rischiava di non farcela per una questione di secondi: "Un minuto più tardi - spiega l'Asl - e il bimbo non ce l'avrebbe fatta a sopravvivere. La tempestività dell'intervento dell'equipe medica ha consentito di salvarlo senza ripercussioni sulla madre, e di salvaguardare anche l'utero della partoriente".
Un “vero miracolo”
“Ringrazio i medici, il ginecologo e l'anestesista che hanno operato il cesareo in termini rapidissimi - commenta Alberto Mattei, direttore della struttura aziendale di chirurgia ginecologica dell'Asl Toscana centro - e tutta l'equipe delle ostetriche, un gruppo di professioniste esperte conosciute anche fuori dal nostro ospedale. Più che un evento raro, lo definirei un vero e proprio miracolo". Il caso ha voluto che nella stanza accanto a quella del difficilissimo parto cesareo, entrassero in travaglio due sorelle che hanno partorito insieme due bambini. Un “giorno straordinario” lo ha definito l'Asl.