L’intervento è stato condotto al Centro Trapianti del Policlinico di Catania su una paziente di 30 anni, che ora è in buone condizioni di salute
Al Centro Trapianti del Policlinico di Catania, in collaborazione con l’Azienda ospedaliera Cannizzaro, è stato condotto il primo trapianto di utero in Italia. Il delicato intervento è stato condotto dall’equipe composta dai professori Pierfrancesco e Massimiliano Veroux, Paolo Scollo e Giuseppe Scibilia su una paziente di 30 anni, alla quale è stata trapiantato l’organo. La donna, siciliana, è ora in buone condizioni di salute. “È un motivo di grande orgoglio per la sanità di tutto il nostro Paese”, ha commentato Nello Musumeci, il presidente della Regione Sicilia. “La testimonianza stessa di un miracolo umano che restituisce vita grazie al gesto di estrema generosità di una donatrice. Ai medici e a tutti i professionisti impegnati in questa impresa vanno i ringraziamenti di tutto il governo regionale e del popolo siciliano”, ha aggiunto.
Un percorso iniziato due anni fa
Il percorso che ha portato all’intervento è iniziato nel 2018, quando l’Istituto Superiore di Sanità e il Centro nazionale Trapianti hanno approvato il protocollo inerente il primo programma sperimentale di trapianto di utero da donatore deceduto. Sempre due anni fa, il Centro Trapianti del Policlinico di Catania ha iniziato la valutazione di idoneità delle prime candidate al trapianto, prendendo in considerazione le pazienti di età compresa tra i 18 e i 40 anni, affette dalla sindrome di Mayer-Rokitansky o da una malformazione dell’utero. Anche le donne che erano state sottoposte alla rimozione chirurgica dell’utero per cause non tumorali potevano essere incluse nella lista d’attesa. “La valutazione prevede di verificare l’idoneità clinico strumentale per i pazienti da sottoporre al trapianto di un organo solido, unitamente a una valutazione psicologica volta a valutare l’aderenza al processo di trapianto e alla successiva terapia immunosoppressiva”, aveva spiegato Pierfrancesco Veroux, uno dei professori che ha eseguito l’intervento, in un articolo pubblicato sul sito della Fondazione Veronesi nel 2018.