La ricerca, condotta in 30 centri d'eccellenza in tutta Italia e riguardante circa 1.500 pazienti, ha fatto emergere come siano indispensabili una coronarografia tempestiva e la somministrazione della compressa anticoagulante ma solo se serve davvero e non in ogni caso
Una coronarografia tempestiva, una procedura di tipo invasivo che consente di visualizzare direttamente le arterie coronarie che distribuiscono sangue al muscolo cardiaco e la compressa anticoagulante solo se serve, ma non in ogni caso. Sono queste alcune delle nuove linee guida che cambiano, rispetto al passato, nel trattamento della forma più comune di infarto, quella in cui l'arteria non è completamente ostruita. Le nuove proposte sono emerse grazie ad uno studio tutto italiano, pubblicato sulla rivista scientifica “Journal of the American College of Cardiology”.
I risultati discussi durante il Congresso Europeo di Cardiologia
I risultati del lavoro di ricerca sono stati presentati al Congresso Europeo di Cardiologia (Esc), che si sta svolgendo in questi giorni, nel corso di un webinar online e promettono, a detta degli esperti, di modificare in maniera sostanziale gli standard di intervento per quella che resta una delle cause più frequenti di ricovero ospedaliero. Lo studio, chiamato “Dubius”, è stato condotto in 30 centri d'eccellenza in tutta Italia, coinvolgendo un totale di circa 1.500 pazienti e con l’obiettivo principale di individuare il trattamento più efficace e sicuro nel caso di attacco cardiaco. "Era necessario valutare in modo rigoroso le implicazioni cliniche dell'approccio più comune, il pretrattamento farmacologico applicato a tutti i pazienti fin dal primo sospetto diagnostico di infarto", ha spiegato Giuseppe Tarantini, presidente della Società Italiana di Cardiologia Interventistica (Gise) e firma principale dello studio.
Una strategia selettiva
Gli esperti, nell’affrontare la ricerca, hanno tenuto conto dell'aumento del rischio di emorragie collegato proprio all'utilizzo dell'antiaggregante, proponendo l'utilità di una somministrazione a tutti i pazienti ma solamente attraverso una strategia selettiva, cioè solo dopo che è stata confermata la certezza della diagnosi ottenuta dalla coronarografia. Ciò che è emerso è che proprio grazie alla coronarografia, entro le 24 ore dall'evento cardiaco e con approccio radiale, ovvero dal polso (invece che dall'inguine), la somministrazione selettiva "incide sui risultati più di quanto suuceda somministrando immediatamente la terapia farmacologica", ha segnalato ancora Tarantini. Secondo Giuseppe Musumeci, direttore del reparto di Cardiologia presso l'Ospedale Mauriziano di Torino, "serve un percorso personalizzato che individui la migliore strategia per il singolo paziente. Potremo così evitare a 80.000 pazienti l'anno una somministrazione a tappeto di potenti antiaggreganti prima della coronarografia, con una riduzione di potenziali effetti collaterali e ricadute sull'appropriatezza delle cure", ha commentato l’esperto.