A spiegare le motivazioni di questa scelta, che comprende provvedimenti meno rigidi rispetto alla maggior parte dei Paesi nel mondo, è stato Anders Tegnell, direttore dell’Agenzia di sanità pubblica svedese, in un’intervista con il Corriere della Sera
Il lockdown, un protocollo di emergenza che impedisce alle persone di muoversi da una determinata area per salvaguardarne la salute, è un provvedimento restrittivo adottato dalla maggioranza dei Paesi nel mondo, per cercare di contenere la diffusione del nuovo coronavirus. In Europa, però, c’è una nazione che ha deciso di prendere un’altra strada, ovvero quella di rinunciare almeno per il momento ad ogni misura di restringimento delle libertà personali: si tratta della Svezia. A raccontare i risvolti di questa scelta ci ha pensato il dottor Anders Tegnell, un famoso epidemiologo in patria che è anche direttore dell’Agenzia di sanità pubblica svedese, in un’intervista telefonica con il Corriere della Sera.
Un contagio graduale
Stando agli ultimi dati disponibili, la Svezia conta dall’inizio dell’emergenza, scattata a fine gennaio, quasi 5mila pazienti infetti, di cui 393 in terapia intensiva, con 239 vittime. “Cercare di fermare l’epidemia potrebbe anche risultare controproducente perché una volta che riprende la catena di contagi, è possibile che la situazione diventi anche peggiore”, ha spiegato il medico al Corriere. La scelta delle autorità svedesi, dunque, è stata quella di agire cercando di rallentare il virus, scegliendo la via di una sorta di contagio graduale, “perché crediamo che questa malattia non se ne andrà così presto, e dovremo conviverci a lungo. Almeno fino all’introduzione di un vaccino, e questo richiederà anni”, ha spiegato Tegnell.
Le decisioni delle autorità
In realtà, racconta l’epidemiologo, la Svezia non ha detto completamente no al lockdown, ma ha preferito prendere decisioni specifiche e a seconda delle esigenze. “Abbiamo vietato da venerdì scorso gli assembramenti con più di 50 persone, rinviando tutti gli eventi sportivi e le manifestazioni politiche. Abbiamo introdotto da una settimana dei divieti per tutti i bar e locali di servire i clienti, se non al tavolo. Sono stati anche approvati degli incentivi, per spingere i lavoratori a stare a casa al primo sintomo di malattia, e le scuole e università tengono ormai solo lezioni a distanza”. Monitorando l’evoluzione dell’epidemia, insomma, la Svezia sta preferendo fornire giorno per giorno ai propri cittadini la risposta maggiormente adeguata.
Una scelta anche economica
Una tra le motivazioni che hanno spinto le autorità a propendere per questa strada è, anche, economica. “Non possiamo fermare l’economia a tempo illimitato. Prima o poi saremmo costretti a riaprire tutto, e potremmo trovarci di fronte ad una situazione anche peggiore. Perché non possiamo ancora escludere il rischio di recidive, non abbiamo abbastanza informazioni sul virus”, ha detto Tegnell. Facendo riferimento anche all’ordinamento governativo svedese che “impedisce al governo di imporre delle misure straordinarie alle amministrazioni locali. Abbiamo invitato tutti i cittadini a limitare gli spostamenti, e a non effettuare viaggi, ma sono tutte indicazioni, non imposizioni”.
Una situazione "sotto controllo"
La situazione svedese insomma, a detta dell’esperto, non sta sfuggendo di mano. “Abbiamo detto di stare a casa al primo sintomo, informando il proprio medico su come evolve la malattia. In caso di peggioramento procediamo al ricovero. Nelle ultime due settimane abbiamo raddoppiato in tutta la Svezia i posti di terapia intensiva, e quindi abbiamo ancora il controllo della situazione”, ha precisato ancora Tegnell.