Leucemia mieloide cronica, i numeri della malattia in Italia

Salute e Benessere
Immagine di archivio (Agenzia Fotogramma)

Ogni anno si registrano circa 400-500 nuovi casi nella Penisola, ma negli ultimi 15 la sopravvivenza è migliorata. Circa la metà dei pazienti ha più di sessant’anni 

Ogni anno, si registrano in Italia circa 400-500 nuovi casi di leucemia mieloide cronica (Lmc), una rara neoplasia che colpisce circa 2-3 persone ogni 100.000 abitanti. Negli ultimi 15 anni la sopravvivenza è migliorata e di conseguenza è incrementato anche il numero di malati in vita. Lo ha spiegato Fausto Castagnetti, ematologo dell’ospedale Sant’Orsola Malpighi di Bologna, nel corso dell’evento Ecm “Gestione multidisciplinare e colazione terapeutica nella Lmc”, svolto a Milano, in collaborazione con Incyte. Durante il suo intervento, è emerso anche che circa la metà delle persone con leucemia mieloide cronica (Lmc) ha più di sessant’anni.

La diagnosi della neoplasia

Fausto Castagnetti sottolinea che la maggior parte delle diagnosi avviene in maniera occasionale. Spesso i pazienti più anziani richiedono un consulto a un ematologo solo dopo aver riscontrato delle anomalie dei risultati di alcuni esami a cui sono sottoposti. Più raramente, è possibile accorgersi della patologia in seguito alla comparsa dei disturbi ad essa legati, che però sono piuttosto generici. “Vanno dalla sudorazione alla perdita di peso e malessere, e spesso sono associati alle forme più aggressive della malattia. È necessario seguire con particolare attenzione i pazienti in cui sono presenti”, spiega Castagnetti.

La sospensione della terapia

Solitamente i pazienti seguono il trattamento prescritto per almeno 3-5 anni. Una volta ridotta significativamente la quota di malattia residua è possibile provare a sospendere la terapia e valutare la stabilità della patologia in assenza di cure. Fausto Castagnetti spiega che solamente la metà delle persone che interrompe il trattamento riesce a rimanere senza farmaci, mentre in tutti gli altri casi si verifica una ricomparsa della malattia ed è necessario riprendere la terapia. “Al momento la maggior parte dei pazienti deve seguire una terapia cronica, ma il nostro obiettivo è aumentare la proporzione dei malati che potrò rimanere senza trattamento”, conclude l’esperto. 

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