Sintomi, cure, cause: tutto quello che bisogna sapere sull'Alzheimer
Salute e BenessereDai fattori di rischio che favoriscono l'insorgere della malattia ai sintomi da non trascurare, passando per tutte le ricerche che ogni giorno svelano nuovi passi avanti nella lotta contro questo male: facciamo il punto
Mentre le persone totali affette dalla malattia di Alzheimer aumentano in Italia, dopo una certa età ci si ammala sempre meno. Il dato, solo apparentemente contrastante, è emerso nell'ultima indagine firmata da Censis e Aima, l'associazione italiana malattia di Alzheimer. Gli anziani che oggi presentano varie forme di demenza sono ormai 1,3 milioni, circa il 10% della popolazione di ultrasettantenni presente nel nostro Paese. Questa patologia rappresenta uno dei fattori che più mettono a rischio la qualità della vita delle persone anziane. In una ricerca pubblicata dalla rivista Lancet è stato dimostrato che in oltre un caso su tre di Alzheimer sporadico (quindi non condizionato da fattori ereditari), la malattia potrebbe essere prevenuta.
Cos'è la malattia di Alzheimer
Come si legge sul sito Aima, l'Alzheimer è la forma più frequente di demenza, intendendo con questo termine quel gruppo di malattie caratterizzate da un progressivo declino della memoria e di altre funzioni cognitive, tale da interferire con le attività della vita quotidiana. Il primo a descrivere la malattia fu Aloysius "Alois" Alzheimer, neuropsichiatra tedesco, che nel 1906 riferiva di una donna 51enne che manifestava perdita della memoria, cambiamento del carattere, delirio di gelosia, incapacità a provvedere alle cure domestiche. Il morbo di Alzheimer è caratterizzato dalla morte di cellule cerebrali in quelle aree del cervello usate per la memoria e le funzioni cognitive. Una ricerca italiana pubblicata su Nature Communications ha inoltre affermato che le spie della malattia si trovano proprio in quest'ultima area, nello specifico in quella parte associata ai disturbi dell'umore, e non a quelli legati alla memoria.
Le ipotesi sulle cause dell'Alzheimer
Benché la ricerca sia costantemente al lavoro per analizzare le cause e il meccanismo di sviluppo della malattia di Alzheimer, al momento non è chiaro cosa causi la patologia. Come riporta l'Aima, l'Alzheimer è una patologia sporadica e solo nel 5% ereditaria. Secondo Lancet esistono nove comportamenti a rischio che, se evitati, potrebbero ridurre il rischio di contrarre questa patologia in oltre un caso su tre. Sebbene la demenza sia diagnosticata in una fase avanzata della vita, gli studiosi sostengono che i cambiamenti del cervello di solito cominciano a svilupparsi con anni di anticipo. Per questo è necessario agire per tempo e adottare stili di vita salutari il prima possibile. I fattori da tenere a bada per ridurre il rischio di sviluppare il morbo di Alzheimer sono: perdita dell'udito nella mezza età, abbandono degli studi secondari, tabagismo, stati depressivi precoci non curati, inattività fisica, isolamento sociale, ipertensione, obesità, diabete di tipo 2. Inoltre, una ricerca dell'Università del Wisconsin ha messo in relazione alcuni eventi stressanti come la perdita di un figlio, una separazione o la minaccia di povertà, con un impoverimento delle funzionalità cerebrali. Tra i fattori di rischio c'è anche lo smog. Un'altra ricerca pubblicata sulla rivista Translational Psychiatry sostiene che respirare aria contaminata da gas di scarico e polveri sottili aumenterebbe del 50% la probabilità di sviluppare una patologia neurodegenerativa (tra cui l'Alzheimer), per via della loro interazione con un particolare gene chiamato APOE-e4.
Le tre fasi della malattia e i sintomi
I sintomi precoci sono quasi invisibili. Si possono verificare piccoli disturbi della memoria, associati a qualche fenomeno di carattere depressivo e/o ansioso, per questo a volte si confonde l'esordio della patologia con un disturbo di natura psicologica. Inoltre, la cultura comune porta a credere che un calo della memoria negli anziani sia normale: questa convinzione può ritardare la diagnosi. Secondo Aima chi è affetto dal morbo di Alzheimer attraversa tre fasi. La prima è caratterizzata da una leggera perdita della memoria e da una progressiva incapacità di imparare nuovi concetti e nuove tecniche. Si possono registrare difficoltà nell'esprimersi e nel comprendere ciò che si ascolta; il carattere e la personalità possono cambiare; il malato può inoltre riscontrare difficoltà a relazionarsi con il mondo esterno, o andare inconttro ad una diminuzione delle capacità percettive visuo-spaziali e incertezze nei calcoli e nei ragionamenti. Quando la malattia peggiora si entra nella seconda fase, in cui i problemi già osservati si aggravano con conseguenze pesanti per il malato e la famiglia, soprattutto nella vita quotidiana. Peggiora la memoria sul proprio vissuto autobiografico e sulle attività quotidiane. Si accentuano i disturbi del linguaggio e di comprensione di parole e frasi. Si perde la capacità di riconoscere visi e luoghi. Nella terza fase il malato è completamente dipendente dagli altri. I sintomi finali della malattia vanno dalle difficoltà motorie a quelle intellettive, passando per l'incontinenza fecale e urinaria. Si possono verificare anche crisi epilettiche. Spesso il malato diventa immobile, costretto a letto. I campanelli d'allarme che devono insospettire e spingere verso un consulto medico sono sintomi "non cognitivi": agitazione, irrequietezza, aggressività, ansia, depressione, apatia o disinibizione sessuale, fino ad arrivare a bulimia o anoressia.
Le cure disponibili contro l'Alzheimer
La ricerca è da sempre al lavoro su una cura per la malattia di Alzheimer. Tuttavia, come riporta l'Alzheimer's Association, non esiste ancora una terapia risolutiva, tuttavia recenti scoperte hanno portato ad esempio alla messa a punto di una molecola che potrebbe bloccare la perdita di memoria. Alcuni farmaci possono aiutare temporaneamente a migliorare i sintomi della demenza, agendo sull'aumento dei neurotrasmettitori nel cervello. Attualmente, secondo i dati Aima, la durata media della malattia è stimata tra gli 8 e i 14 anni. Il decorso della malattia è fortemente influenzato dalla "stile di cura". L'assistenza professionale e familiare può fare la differenza.
Test ed ereditarietà dell'Alzheimer
La diagnosi precoce della malattia di Alzheimer può fare la differenza in termini di assistenza professionale e familiare. Secondo Stefano Cappa, professore di neurologia all'Istituto Universitario di Studi Superiori di Pavia (Iuss), nel giro di 3-4 anni chi è a rischio Alzheimer o chi ne è già affetto ma non mostra sintomi, potrebbe usufruire di una diagnosi precoce, grazie a un pacchetto di esami combinati, tra cui test del sangue ed esami neuroradiologici. I primi a cui andrebbe indirizzato questo set di test sono quei pazienti che hanno osservato altri casi in famiglia. Proprio dal test del sangue potrebbe venire la possibilità di avere una diagnosi tempestiva. Una ricerca dell'Università di Washington ha messo a punto il modo di scoprire le alterazioni della proteina beta amiloide (una delle spie della malattia) attraverso le analisi del sangue: ciò potrebbe accorciare i tempi di scoperta della malattia nel paziente. Dall'Università degli studi di Bari invece arriva una nuova tecnica diagnostica basata sull'intelligenza artificiale, che - affermano i ricercatori - sarebbe in grado di prevedere l'insorgenza della malattia con 10 anni di anticipo, intercettando i sintomi precoci della malattia. Al momento la malattia si individua attraverso una Pet al cervello o un esame eseguito tramite puntura lombare. Per la diagnosi del morbo di Alzheimer resta sempre risolutivo il consulto con il neurologo, che sottopone il paziente a un esame specialistico, test cognitivi, esami del sangue e ad una sessione di brain imaging.