Alzheimer, in futuro si potrebbe diagnosticare con un esame del sangue

Scienze
Una malata di Alzheimer fotografata in Francia nel 2011 (foto d'archivio, Getty Images)
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Uno studio dei ricercatori dell'Università di Washington ha dimostrato che è possibile rilevare le variazioni della proteina beta amiloide, responsabile della malattia, con anni di anticipo rispetto ai primi sintomi

Diagnosticare il morbo di Alzheimer con una semplice analisi del sangue. Potrebbe essere presto possibile grazie a nuovi test effettuati dai ricercatori dell'Università di Washington, guidati dal professor Randall Bateman, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista "Alzheimer's&Dementia".

 

Che cosa potrebbe cambiare

Lo studio, condotto su 41 persone con più di 60 anni, ha dato risultati positivi nella sperimentazione volta a ricercare, in modo non invasivo, le alterazioni della proteina beta amiloide, che sembra essere la principale causa della malattia neurodegenerativa. Molti anni prima che le persone con il morbo di Alzheimer sviluppino perdita di memoria e confusione, nei loro cervelli iniziano a formarsi placche composte proprio dalla beta amiloide, una proteina che si pensa contribuisca alla malattia e alla sua progressione. L'unico modo in cui finora si può rilevare la sua presenza è attraverso una Pet al cervello, oppure una puntura lombare che è invasiva e richiede una procedura medica specialistica. Da qui è partita la sperimentazione degli scienziati di Washington per sviluppare uno test di screening basato sull'analisi del sangue. In grado di prevedere in maniera non invasiva e con largo anticipo la malattia, attraverso l'indagine sull'alterazione della proteina.

 

Il test dei ricercatori

A livello fisiologico il cervello produce ed elimina quotidianamente la proteina beta amiloide, che in parte viene “lavata” nel sangue, in parte galleggia nel fluido cerebrospinale. Eventuali accumuli sono, invece, la causa della formazione di placche che vanno a intaccare l'attività neuronale, provocando danni alla memoria e all'attività motoria. L'idea dei ricercatori americani è stata dunque quella di identificare le persone con livelli alterati di beta amiloide nel cervello. "Il nostro test – ha detto Bateman - riesce, dal sangue, a rilevare se la proteina ha iniziato ad accumularsi nel cervello. Un risultato che può essere la base per test di screening rapidi per identificare le persone a rischio di ammalarsi di Alzheimer”.

 

I risultati ottenuti

Per eseguire i suoi test l'equipe di Bateman ha misurato i livelli nel sangue di tre sottotipi amiloidi - beta amiloide 38, 40 e 42 - utilizzando strumenti ad alta precisione, mediante spettrometria di massa, per vedere se i livelli della proteina nel sangue fossero correlati con quella nel cervello. Per riuscirci hanno fatto partecipare al test 41 volontari con più di 60 anni: 18 senza placche di beta amiloide nel cervello, o amiloide negativi; e 23 con segni di deterioramenti cognitivi causati dall'alterazione dei livelli di proteina nel sangue, o amiloide positivi. I risultati sono stati confermati anche da Pet e puntura lombare. Al fine di misurare sia la produzione e l'eliminazione di beta-amiloide nel corso della giornata, i ricercatori hanno poi prelevato 20 campioni di sangue da ogni persona nell'arco di 24 ore. Ne è risultato che i livelli di beta-amiloide 42 erano erano più bassi del 10-15% rispetto a quelli di beta 40 nelle persone che già erano affetti da placche. “Le placche – ha detto Bateman - sono composte principalmente di beta-amiloide 42, quindi i nostri risultati indicano che probabilmente questa si è depositata nel cervello prima di essere rimosso dal flusso sanguigno. E anche se le differenze non sono grandi, sono estremamente coerenti”. Secondo Bateman questo metodo può permettere di capire anche dal solo prelievo del sangue chi è beta amiloide positivo e chi no. Ben prima che si manifestino i sintomi tipici dell'Alzheimer.

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