Elevate ore di lavoro possono aumentare non solo il rischio di contrarre malattie cardiovascolari e disturbi metaboliche ma anche indurre cambiamenti neuroadattivi che influenzano la salute cognitiva
Eccesivi carichi di lavoro alterano la struttura del cervello: le zone più a compromesse sono le aree associale alla regolazione emotiva e alla funzione esecutiva, come memoria di lavoro e risoluzione dei problemi. A confermarlo è uno studio pubblicato online sulla rivista Occupational & Environmental Medicine segnala che le lunghe ore di lavoro possono indurre cambiamenti neuroadattivi che influenzano la salute cognitiva.
L'eccessivo lavoro
Il cosiddetto superlavoro è oggetto di studio da molto tempo da parte degli esperti: è stato collegato a un aumento del rischio di malattie cardiovascolari, disturbi metaboliche problemi di salute mentale. L’organizzazione internazionale del lavoro ha sottolineato che si stiamo che il lavoro possa uccidere oltre 800 mila persone ogni anno. Mentre le conseguenze comportamentali e psicologiche sono abbastanza ben comprese, i meccanismi neurologici e i cambiamenti anatomici sottostanti non sono ancora stati definiti, aggiungono gli esperti. Per approfondire questo aspetto, gli autori della ricerca preliminare appena pubblicata hanno utilizzato l'analisi del volume strutturale del cervello per confrontare l'impatto del superlavoro su specifiche regioni cerebrali negli operatori sanitari che lavorano abitualmente molte ore, 52 o più alla settimana.
La ricerca di Grocs
Gli esperti hanno attinto ai dati dello studio di coorte Grocs (Gachon Regional Occupational Cohort Study) e alle risonanze magnetiche effettuate per un progetto di ricerca sugli effetti delle condizioni di lavoro sulla struttura del cervello. Ai partecipanti al Grocs è stato chiesto di sottoporsi a una risonanza magnetica aggiuntiva e l'analisi finale ha incluso 110 persone, escludendo quelle con dati mancanti o scarsa qualità delle immagini. La maggior parte erano medici: 32 lavoravano per un numero di ore settimanali in eccesso (28%); 78 invece rispettavano un orario standard. Quello che è emerso è che i camici bianchi che lavoravano molte ore a settimana erano significativamente più giovani, avevano lavorato meno e avevano un livello di istruzione più elevato rispetto chi faceva orari standard. Le differenze nel volume del cervello sono state valutate utilizzando con una tecnica di neuroimaging che identifica e confronta le differenze regionali nei livelli di materia grigia. L'analisi comparativa dei risultati ha mostrato che le persone che lavoravano 52 o più ore a settimana presentavano cambiamenti significativi nelle regioni del cervello associate a funzione esecutiva e regolazione emotiva, a differenza dei partecipanti che lavoravano le ore standard.
Gli effetti
Ad esempio, è stato rilevato un aumento del 19% del volume del giro frontale mediale tra coloro che lavoravano molte ore rispetto a coloro che lavoravano con orari standard. Questa parte del cervello, spiegano gli esperti, ha un ruolo fondamentale in diverse funzioni cognitive, in particolare nel lobo frontale. È coinvolta nell'attenzione, nella memoria di lavoro e nell'elaborazione del linguaggio. Sono stati evidenziati poi aumenti massimi in 17 regioni, tra cui il giro frontale medio, il giro frontale superiore - coinvolto nell'attenzione, nella pianificazione e nel processo decisionale - e l'insula, che svolge un ruolo chiave nell'integrazione del feedback sensoriale, motorio e autonomo proveniente dal corpo ed è coinvolta nell'elaborazione delle emozioni, nella consapevolezza di sé e nella comprensione del contesto sociale.
