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Incendio all'ospedale di Tivoli, sicurezza sotto accusa: si cercano responsabilità

Lazio
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Nell'inchiesta aperta dai pm è stato escluso il dolo e si indaga per omicidio plurimo colposo e rogo colposo. Il provvedimento al momento non vede indagati, ma nuovi sviluppi arriveranno dall'esame dei documenti, del piano antincendio, delle testimonianze e dei tabulati. “In settimana verrà istituita una commissione d’inchiesta regionale che non si sovrapporrà al lavoro degli inquirenti", ha affermato il presidente di Regione Lazio, Francesco Rocca

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Piani di evacuazione, nomi dei referenti per il servizio di guardia antincendio, aggiornamento dell'intero sistema di sicurezza e certificazione dei generatori di corrente potrebbero finire sul tavolo degli inquirenti per stabilire le responsabilità sull'incendio divampato venerdì scorso all'ospedale di Tivoli, nel quale sono morte tre persone. A rischiare, salendo nella catena di responsabilità, sono i vertici della struttura e quindi della Asl di Roma 5.

"Non faccio ipotesi sulle cause dell’incendio. Aspetto la relazione dei vigili del fuoco e le conclusioni della magistratura. In settimana verrà istituita una commissione d’inchiesta regionale che non si sovrapporrà al lavoro degli inquirenti", ha affermato il presidente di Regione Lazio, Francesco Rocca, in un’intervista al quotidiano Il Messaggero.

Proseguono le indagini

La procura di Tivoli disporrà una consulenza per accertare le cause effettive dell'incendio. Il procuratore Francesco Menditto ha affidato questa mattina l'incarico per le autopsie sui corpi delle vittime, che saranno effettuate nei prossimi giorni. Nel corso della mattinata si è svolto un vertice, in procura, al quale hanno partecipato, oltre a Menditto, anche i vigili del fuoco, i carabinieri, poliziotti del commissariato di Tivoli e colleghi della squadra mobile. Nel fascicolo aperto dai pm è stato escluso il dolo e si indaga per omicidio plurimo colposo e rogo colposo: il provvedimento al momento non vede indagati, ma nuovi sviluppi arriveranno dall'esame di documenti, testimonianze e tabulati. Dalle immagini delle telecamere, in parte già visionate, emerge il punto da cui sono partite le fiamme - un luogo di stoccaggio dei rifiuti sul retro dell'ospedale - ma anche l'orario in cui le fiamme sono divampate propagandosi rapidamente. A testimoniare i momenti di caos iniziale sono innanzitutto le chiamate effettuate singolarmente da pazienti e operatori sanitari. "Sono stato chiamato da una conoscente, non ho guardato l'orologio ma potevano essere le 22.45. 'Probabilmente c'è un incendio in ospedale', mi hanno detto. Poi le telefonate si sono moltiplicate e non solo quelle fatte a me - racconta Andrea Biddau, presidente dell'associazione volontari radio soccorso della protezione civile locale di Tivoli - La nostra sede si trova a poche centinaia di metri e in meno di mezz'ora, dopo aver attivato la sala operativa regionale e il centro operativo comunale, eravamo sul posto per dare un supporto logistico ai soccorritori che erano lì".

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Sotto osservazione il sistema antincendio dell'ospedale

La prima chiamata ai vigili del fuoco, secondo l'informativa arrivata in Procura, è giunta invece alle 23. Sotto accusa c'è il funzionamento del sistema antincendio, che non riguarda solo i rilevatori antifumo, ma anche l'efficienza delle porte antipanico, la presenza di personale di guardia antincendio che, secondo alcuni sindacalisti, nell'ultimo periodo non erano presenti nella struttura. Inoltre, secondo le stesse fonti, pur essendo stati eseguiti i corsi dedicati a questo tipo di eventi, non sarebbe stata fatta alcuna prova di evacuazione. Molti sostengono che le cabine antincendio siano quasi rimaste inutilizzate mentre, visto il black out generato dalle fiamme, resta da approfondire se gli impianti di continuità elettrica si siano attivati ovunque. A testimoniare le difficoltà di quei momenti è anche uno dei pazienti evacuati, Paolo Gabrielli: "Ho visto un principio di fiamme all'interno del pronto soccorso ma nessuno in ospedale era ancora intervenuto. Quando poi ci hanno portato fuori per farci uscire attraverso l'obitorio, ci siamo trovati di fronte al cancello di accesso, che era chiuso da catena con un lucchetto. Quella era una via di fuga bloccata da un lucchetto di cui non si aveva la chiave. La polizia è stata tempestiva nel trovare una spranga per poi spezzare la catena, ma ci sono voluti dieci minuti. Un lasso di tempo che in questi casi può fare la differenza".

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