Giornata in memoria vittime di terrorismo, la cerimonia alla Camera

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Questa giornata deve servire ai giovani per dar loro "la piena consapevolezza che i diritti, le libertà, la democrazia, garantiti dalla Costituzione, figlia della Resistenza, non sono per sempre", ha detto il presidente della Camera Roberto Fico

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Si è tenuta oggi alla presenza del Capo dello Stato, Sergio Mattarella, nell'Aula della Camera la Cerimonia di commemorazione del "Giorno della Memoria" delle vittime del terrorismo e delle stragi. La giornata cade nel 44° anniversario dell'assassinio di Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse. Lo stesso giorno, il 9 maggio 1978, è stato ucciso dalla mafia il giornalista Peppino Impastato.

La cerimonia

Ha aperto l'evento l'esecuzione dell'Inno nazionale da parte del Liceo musicale "Farnesina" di Roma, poi gli interventi del Presidente della Camera, Roberto Fico, e del Presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati. Dopo la proiezione di un filmato Rai rievocativo degli episodi di terrorismo che vengono ricordati oggi, ci sono state le testimonianze di Mario Calabresi, figlio di Luigi, Luigina Dongiovanni, nipote di Franco, carabiniere deceduto nella strage di Peteano, Maria Cristina Ammaturo, figlia del Vice Questore Antonio, e Marina Orlandi, vedova di Marco Biagi. Poi gli interventi dello storico Angelo Ventrone e degli studenti Luca Contini, dell'Istituto di istruzione superiore "Roberto Rossellini" di Roma, e Martina Spangher, del Liceo "Laura Bassi" di Bologna. Ha chiuso la cerimonia l'esecuzione dell'Inno alla gioia da parte del Liceo musicale "Empedocle" di Agrigento.

Vedova di Marco Biagi: "Imperdonabile chi tolse la scorta"

"E' imperdonabile" l'aver tolto la scorta a Marco Biagi, il giuslavorista ucciso nel 2002 dalle Br, nonostante non fossero ancora stati identificati e catturati i terroristi che avevano ucciso Massimo D'Antona tre anni prima. A dirlo è stata la vedova di Biagi, Marina Orlandi durante il suo intervento, in un commento aggiunto a braccio e non presente nel discorso che aveva scritto.

Orlandi ha ricordato come il marito fu "scelto come bersaglio" per il ruolo di Consigliere del ministro del Lavoro Maroni e del Presidente della Commissione Europea Romani Prodi, e come membro della Commissione che studiava la riforma del mercato del lavoro. Incarichi che portarono a una "svolta": "i Servizi lo segnalarono come persona ad alto rischio. Gli venne assegnata una scorta, che sciaguratamente gli fu tolta nel 2001. Era il coordinatore del Libro Bianco, da discutere con le parti sociali, per migliorare il mercato del lavoro. L'accesissimo dibattito aveva reso rovente il clima". Biagi, ha proseguito la vedova, "si riteneva un servitore Stato e non di una parte politica, voleva migliorare con i fatti le condizioni di lavoro dei più deboli e non con il fondamentalismo che anche oggi è una zavorra. Cercava la mediazione e per questo ne è rimasto vittima". Marina Orlandi ha ricordato che per l'acceso dibattito sul Libro Bianco Biagi "fu isolato anche da parte di alcuni colleghi" e fu vittima di ripetute minacce anonime, tanto da spingerlo a chiedere nuovamente la scorta. "La risposta fu che non esisteva il pericolo delle Br, Questa scelta è imperdonabile - ha aggiunto Orlandi abbassando il foglio da cui leggeva l'intervento -, non lo avevo scritto ma è imperdonabile"; parole seguite da un intenso applauso dei presenti nell'aula della Camera. "La sera prima di essere ucciso - ha quindi raccontato Orlandi - mi disse 'che cosa devo fare? Fermarmi ora perché sono solo, ora che sono al posto giusto per migliorare le condizioni dei più deboli, ora che posso limitare la vergogna del lavoro nero? Si rispose da solo. La sera dopo rimase riverso sotto il portico, la borsa e gli appunti per terra".

Roberto Fico: "La democrazia va difesa, non è per sempre"

Questa giornata deve servire ai giovani per dar loro "la piena consapevolezza che i diritti, le libertà, la democrazia, garantiti dalla Costituzione, figlia della Resistenza, non sono per sempre - ha detto il presidente della Camera Roberto Fico aprendo la cerimonia -. Sono stati nei decenni passati difesi strenuamente dalle generazioni che vi hanno preceduto e richiedono di essere protetti ogni giorno da ogni tipo di minaccia. Di fronte a nuovi potenziali pericoli per la convivenza civile e per le nostre democrazie, dobbiamo fare scudo dimostrando di aver appreso la lezione". 

"Siamo qui oggi - ha aggiunto nel suo intervento - anche per ribadire la piena vicinanza e la solidarietà ai congiunti di tutte le vittime e alle loro associazioni, che hanno tenuto viva la memoria e ricercato la verità storica e giudiziaria con un impegno costante e infaticabile. A voi la profonda riconoscenza delle istituzioni. Il vostro impegno civile è uno dei cardini della vita democratica ed è un esempio per le nuove generazioni perché avete saputo chiedere giustizia, anche con veemenza, senza mai cadere nella tentazione della vendetta". "Anche grazie al vostro contributo, la Repubblica ha superato le stagioni terroristiche ed eversive non derogando ai principi dalla Costituzione, non rinunciando alla tutela dei diritti e delle libertà fondamentali", ha aggiunto. 

"Un pensiero commosso - ha concluso - va oggi in particolare al piccolo Stefano Gaj Taché, ucciso nel vile attacco condotto, nell'ottobre di 40 anni fa, alla Sinagoga di Roma. Rinnovo la vicinanza mia e della Camera dei deputati ai suoi familiari, qui presenti oggi, alle altre persone che rimasero ferite e a tutta la Comunità ebraica".

Elisabetta Casellati: "Non scordare caduti degli opposti estremismi"

"Non dimenticare è l'imperativo che questa giornata di memoria e riflessione consegna a tutti noi - ha detto la presidente del Senato Elisabetta Casellati durante la cerimonia -. Non dimenticare le vittime che il terrorismo ha voluto colpire per il loro impegno al servizio delle Istituzioni repubblicane o per le loro idee. Politici, magistrati, agenti delle forze dell'ordine, giornalisti, docenti, sindacalisti e impiegati pubblici caduti nel mirino del terrorismo degli "opposti estremismi" per il loro lavoro e il loro impegno democratico, sociale e culturale". "Il filo comune che lega tutte queste trame perverse - ha aggiunto la presidente Casellati - è il ricatto della paura usato come strumento di destabilizzazione. Che siano "rossi" o "neri", tutti i terrorismi sfidano quella che il Preambolo della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'uomo del 1948 considera "la più alta aspirazione dell'uomo": la libertà dal timore". "L'esperienza del terrorismo è per definizione - ha continuato Casellati - un attentato alle libertà costituzionali, a quelle individuali come a quelle collettive.Per questo, gli anni di piombo sono stati per l'Italia una stagione lacerante. Ad essere messa alla prova era la tenuta stessa della società e delle Istituzioni. Eppure, l'Italia non ha ceduto al metodo della paura".

"Desecretazione atti delle Commissioni non si fermi"

L'Italia "si è ancorata a quei valori di democrazia, giustizia, legalità e solidarietà che aveva faticosamente conquistato nell'esperienza della liberazione. Valori maturati nel movimento spontaneo della resistenza, che nel pluralismo delle visioni politiche, culturali e religiose aveva contribuito a definire quella cornice di ideali e principi di diritto poi sapientemente realizzati a livello nazionale nel tessuto della Costituzione e a livello sovranazionale nell'adesione al progetto europeo. Sono stati questi anticorpi a consentire all'Italia di reagire alla stagione del terrorismo interno", ha sottolineato Casellati. E' stata, ha aggiunto, "una prova dolorosa e difficile, ma che ci ha visto crescere nella comune fedeltà ai valori non negoziabili. E al contempo ha visto mettere in campo sistemi avanzati di monitoraggio e prevenzione che fanno dell'Italia uno dei Paesi più all'avanguardia nelle strategie di intelligence". "Il Senato, insieme alla Camera, in questa legislatura ha fatto la sua parte per il cammino di verità. La desecretazione e la pubblicazione degli atti delle Commissioni parlamentari che si sono occupate di stragi e terrorismo rappresentano un primo, significativo, passo verso la ricostruzione dei fatti e delle ragioni storiche. L'auspicio - ha concluso - è che questa scelta non rimanga isolata, ma possa creare un precedente importante".

Appello di Mario Calabresi a ex Br: "Si riscattino parlando"

"Sono passati 50 anni ed è venuto il momento di consegnare quel tempo alla storia e alla memoria privata. Ma se tanto è stato fatto, come nel nostro caso e in altri abbiamo avuto il conforto della Giustizia dello Stato, alcune tessere del mosaico ancora mancano. Molti degli uomini e delle donne che hanno ucciso, che hanno aiutato ad organizzare, che hanno sostenuto, fiancheggiato e che sanno, sono ancora tra noi. Da mezzo secolo, però si sono rifugiati nel silenzio, un silenzio che è omertà. Il coraggio della verità sarebbe per loro una occasione irripetibile e finale di riscatto, il gesto che permetterebbe di chiudere definitivamente una stagione, e a noi di ricordare non solo il poliziotto ma anche l'uomo che tornava a casa nel cuore della notte e si metteva a fare le crostate per la colazione del mattino dopo". Lo ha detto il giornalista Mario Calabresi, figlio del Commissario Luigi Calabresi, nel suo intervento. 

"Quirinale diede esempio per dibattito pubblico"

"Per molto tempo - ha detto Calabresi - la solitudine, il silenzio e un diffuso disinteresse, forse figlio dell'imbarazzo, forse del fastidio, hanno circondato le vittime del terrorismo e i loro familiari. Difficile, quasi impossibile riuscire a far sentire la propria voce, essere ascoltati". Furono "anni in cui il dibattito pubblico non contemplava di potersi dedicare alle vittime e alla loro memoria, in cui le librerie erano piene soltanto di volumi scritti da ex terroristi o ideologi della rivoluzione, in cui negli anniversari, soprattutto in questo che cade nella data del ritrovamento del corpo di Aldo Moro, in televisione e sui giornali a spiegarci cosa era successo erano gli assassini". "Poi però è accaduto qualcosa - ha aggiunto Calabresi - e sono cominciati ad arrivare segni di attenzione, gesti che hanno fatto breccia nel disinteresse e che sono arrivati sempre dallo stesso luogo: il Quirinale. Sono stati i presidenti della Repubblica, è importante ricordarlo, a svegliare la coscienza del Paese, ad aiutare l'opinione pubblica a ricordare"; a cominciare da Carlo Azeglio Ciampi, passando per Giorgio Napolitano, per giungere a Sergio Mattarella, "una persona capace di comprendere fino in fondo le sensibilità di chi ha perso una persona amata, un presidente che non possiamo non sentire, anche per storia personale, come uno di noi", ha aggiunto Calabresi, salutato da un lungo applauso dei presenti in Aula.

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