Il figlio di Alberica Filo Della Torre, uccisa a Roma nel luglio del 1991, ha commentato così la decisione della Corte d'Appello di Roma di annullare la sentenza del 2016 che condannava ad un risarcimento di 120 mila euro tre periti della Procura
"C'è amarezza, sconforto e delusione: ma non ci arrendiamo, ricorreremo in Cassazione perché vogliamo capire quale sia il soggetto dello Stato che ha commesso errori e negligenze nelle indagini, durate oltre venti anni, sull'omicidio di mia madre". E' quanto afferma Manfredi Filo Della Torre Mattei, figlio della contessa Alberica Della Torre Mattei, uccisa a Roma nel comprensorio dell'Olgiata nel luglio del 1991. L'uomo ha commentato la decisione della Corte d'Appello di Roma di annullare la sentenza del 2016 che condannava ad un risarcimento di 120 mila euro tre periti della Procura, citati in giudizio dalla famiglia per presunte lacune investigative nelle indagini. "Vogliamo comprendere chi sono i responsabili di anni di sbagli negli accertamenti, errori che sono stati conclamatamente giudicati scandalosi", sottolinea Mattei.
La sentenza di annullamento
Nella sentenza i giudici del tribunale civile di Roma scrivono che "fermo restando il diritto della parte civile al risarcimento del danno derivante dal reato nei confronti del responsabile, nessun cittadino è titolare di un diritto soggettivo in relazione al corretto funzionamento dell'attività giudiziaria". Nel caso "di specie - aggiungono i giudici - ne consegue che, a prescindere da una eventuale responsabilità" dei periti "quali consulenti designati dal pm in sede di indagini preliminari essi operano esclusivamente quali ausiliari del giudice in funzione del superiore interesse della giustizia". Una ricostruzione respinta dal figlio della contessa: "La decisione dell'Appello ha sancito che i cittadini privati non possono rispondere di queste lacune ma noi vogliamo andare avanti finché non si troverà chi ha agito effettivamente in modo errato; non è possibile che in Italia non ci sia mai un responsabile per nulla e restino tutti impuniti, o quasi".
L'omicidio
La contessa, 42 anni, venne uccisa il 10 luglio del 1991, strangolata e colpita con uno zoccolo alla testa. Quel giorno avrebbe dovuto festeggiare 10 anni di matrimonio con il costruttore Pietro Mattei. Il delitto fu scoperto da una domestica filippina mentre in casa si trovavano i due figli, Manfredi e Domitilla. Nella villa, in uno dei quartieri romani più esclusivi, erano al lavoro alcuni operai per preparare la festa che si sarebbe tenuta in serata. Mattei, invece, era al lavoro.
Le indagini
La prima inchiesta sul delitto dell'Olgiata fu archiviata nel giugno del 2005 dal procuratore aggiunto Italo Ormanni. Alla fine del 2006 l'inchiesta fu riaperta dopo un'istanza presentata per conto di Pietro Mattei dall'avvocato Giuseppe Marazzita. Agli inquirenti si chiedeva di riesaminare, con le nuove tecnologie di analisi dei reperti, utilizzate in numerosi casi considerati "cold case", gli oggetti sui quali potevano essere rimaste eventuali tracce organiche. I primi accertamenti non portarono a nulla e la Procura di Roma chiese l'archiviazione. Mattei si oppose. Chiese nuove e più accurate perizie. Nel 2011 Manuel Winston Reves, filippino ex domestico della contessa e poi licenziato, ha confessato il delitto. In seguito è stato condannato a 16 anni di carcere in appello. "E' una rivincita nei confronti di chi - ha dichiarato Pietro Mattei all'epoca della confessione - per 20 anni ha lanciato sospetti e veleni nei miei confronti. E' una rivincita nei confronti della Procura di Roma che dal 2007 al 2009 di fatto non ha concluso nulla scegliendo dei periti non adeguati. E' una rivincita perché nel 2009 ci siamo opposti alla terza richiesta d'archiviazione presentata dalla Procura di Roma. E' una rivincita per la mia famiglia perché i miei figli Manfredi e Domitilla hanno avuto la conferma che la madre non era quel personaggio losco descritto da chi lanciava veleni. Era solo un domestico ladro diventato assassino".
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