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Caso Almasri, cosa è successo. Dalla liberazione al ruolo della Cpi

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Almasri, le informative di Nordio e Piantedosi in Parlamento
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Almasri, le informative di Nordio e Piantedosi in Parlamento
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Introduzione

Il caso Almasri continua a far discutere la politica italiana. Quanto avvenuto intorno alla figura del generale libico, inizialmente arrestato in Italia perché ricercato dalla Corte penale internazionale e poi liberato e riportato in patria, ha portato al duro attacco delle opposizioni al governo, a un’indagine nei confronti della premier Meloni e dei ministri Piantedosi e Nordio, e a un’infuocata informativa in Parlamento dove i toni accesi hanno certificato l’importanza assunta dal caso nello scenario politico. Ecco che cosa è successo in questi giorni.

Quello che devi sapere

Chi è Nijeem Osama Almasri

  • Nijeem Osama Almasri, generale libico, è al vertice della Polizia giudiziaria e opera alle dirette dipendenze funzionali della magistratura e dello stesso Procuratore generale nazionale, Sadiq Al-Sur, cui viene delegata l'attività di indagine di moltissimi reati, solitamente gravi, perpetrati nel Paese. Almasri opera con l'Apparato di deterrenza per il contrasto al terrorismo e alla criminalità organizzata (Rada) che, tra le altre cose, gestisce la prigione di Mittiga, che ospita centinaia di criminali e terroristi.

Per approfondire: Il caso Almasri, una storia che si ripete

L’arrivo di Almasri in Europa

  • Il caso ha avuto inizio lo scorso 6 gennaio, quando il capo della polizia giudiziaria libica ha iniziato il suo viaggio per l'Europa, volando da Tripoli a Londra e facendo scalo all'aeroporto di Roma-Fiumicino. Dopo essersi trattenuto nella capitale britannica per sette giorni, il 13 gennaio Almasri si è trasferito a Bruxelles in treno per poi proseguire diretto in Germania, viaggiando in macchina con un amico. Durante il suo tragitto verso Monaco, il 16 gennaio, è stato fermato dalla polizia per un controllo di routine e gli agenti lo hanno lasciato proseguire. Infine è arrivato a Torino in auto, per assistere a una partita di calcio. 

L’arrivo di Almasri in Europa

Il mandato d’arresto della Cpi

  • Sabato 18 gennaio, dunque dodici giorni dopo l'inizio del viaggio del comandante libico in giro per l'Europa, la Corte penale internazionale - con una maggioranza di due giudici a uno - spicca un mandato d'arresto sul generale per crimini di guerra e contro l'umanità commessi nella  prigione di Mittiga, vicino a Tripoli, dal febbraio 2011. In quel carcere sotto il suo comando, secondo i documenti dell'Aia, sarebbero state uccise 34 persone e un bimbo violentato.

L’arresto e il rilascio

  • Dunque domenica 19 gennaio Almasri, da poco arrivato nel capoluogo piemontese, viene fermato e messo in carcere dalla polizia italiana ma viene in seguito rilasciato il 21 gennaio su disposizione della Corte d'Appello a causa di un errore procedurale: si è trattato di un arresto irrituale, perché la Corte penale internazionale non aveva in precedenza trasmesso gli atti al Guardasigilli Nordio. L'arresto non è stato "preceduto dalle interlocuzioni con il ministro della Giustizia, titolare dei rapporti con la Corte penale internazionale; ministro interessato da questo ufficio in data 20 gennaio, immediatamente dopo aver ricevuto gli atti dalla Questura di Torino, e che, ad oggi, non ha fatto pervenire nessuna richiesta in merito", si legge nell'ordinanza della corte di Appello di Roma, che dispone l'immediata scarcerazione.

Il rimpatrio con un volo di Stato

  • Poco dopo il suo rilascio, nello stesso giorno, il comandante libico è stato rimpatriato dall'Italia su un volo di Stato, prima di essere portato in trionfo da decine di suoi sostenitori che lo hanno accolto festanti. La serie di eventi ha scatenato le accese proteste dell'opposizione e della stessa Corte penale internazionale, dopo aver visto sfumare la consegna di un uomo che voleva arrestare per crimini di guerra e contro l'umanità. "Stiamo cercando, e non abbiamo ancora ottenuto, una verifica da parte delle autorità sui passi compiuti", ha fatto sapere la Corte Penale Internazionale. Un paio di giorni dopo il governo interviene ufficialmente per la prima volta, attraverso il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi, che al question time al Senato fornisce una prima risposta: una volta scarcerato su disposizione della Corte d'Appello, Almasri è stato "rimpatriato a Tripoli, per urgenti ragioni di sicurezza, con mio provvedimento di espulsione, vista la pericolosità del soggetto" e per il fatto che dal momento del rilascio "era 'a piede libero' in Italia".

Meloni: "Chiederemo chiarimenti alla Corte"

La Presidente del Consiglio Giorgia Meloni nei giorni scorsi ha riferito che Almasri è stato "liberato non per scelta del governo, ma su disposizione della magistratura. Daremo chiarimenti, ma chiederemo anche alla Cpi perché ci ha messo mesi a spiccare questo mandato di arresto”. Su questo è arrivata la replica dell'Associazione nazionale magistrati. Il generale libico Njeem Osama Almasri "è stato liberato lo scorso 21 gennaio per inerzia del ministro della Giustizia che avrebbe potuto e dovuto, per rispetto degli obblighi internazionali, chiederne la custodia cautelare", ha replicato l'Associazione nazionale magistrati. Sempre sul tema, Meloni ha aggiunto: "Sul tema dell'aereo segnalo che in tutti i casi di detenuti da rimpatriare ritenuti pericolosi non si usano voli di linea anche per la sicurezza dei passeggeri. È una prassi consolidata e non inventata da questo governo. La Corte chiede dei chiarimenti: manderemo dei chiarimenti come li chiederemo a nostra volta. La Corte deve chiarire perché ci ha messo mesi a spiccare questo mandato di arresto quando Almasri aveva attraversato almeno tre Paesi europei. Chiederò dei chiarimenti alla Corte internazionale e spero che almeno su questo tutte le forze politiche vogliano darci una mano".

Meloni: “Ho ricevuto avviso di garanzia per Almasri”

Il 28 gennaio poi la premier ha fatto sapere che "il procuratore della Repubblica Francesco Lo Voi, lo stesso del fallimentare processo a Matteo Salvini per sequestro di persona, mi ha appena inviato un avviso di garanzia per i reati di favoreggiamento e peculato in relazione alla vicenda del rimpatrio del cittadino Almasri". L’avviso di garanzia è stato "inviato anche al ministro Carlo Nordio, Matteo Piantedosi e Alfredo Mantovano, presumo al seguito di una denuncia che è stata presentata dall'avvocato Luigi Ligotti ex politico di sinistra molto vicino a Romano Prodi conosciuto per avere difeso pentiti del calibro di Buscetta, Brusca e altri mafiosi". Questo l’annuncio della premier Giorgia Meloni, che ha dato la notizia con un video in cui mostra alla telecamera il foglio dell'avviso di garanzia. Meloni, dopo aver dato la notizia, ha sottolineato: "Penso che valga oggi quello che valeva ieri, non sono ricattabile non mi faccio intimidire. È possibile che per questo sia invisa a chi non vuole che l'Italia cambi e diventi migliore, ma anche e soprattutto per questo intendo andare avanti per la mia strada a difesa degli italiani, soprattutto quando è in gioco la sicurezza della nazione. A testa alta e senza paura".

Meloni: “Ho ricevuto avviso di garanzia per Almasri”

Le posizioni di centrodestra e Anm

  • Immediatamente il centrodestra si è schierato dalla parte della premier, sostenendo che si tratta di una "ripicca" per la separazione delle carriere in discussione al Senato, che non fermerà la riforma, come dicono quasi all'unisono Antonio Tajani e Matteo Salvini. Si tratta di un'azione che sarà un boomerang, si dicono sicuri nel centrodestra, e che non è affatto "dovuta", il ragionamento fatto ai piani alti del governo, visto che ci sono "tanti esposti" nei confronti di ministri che non hanno seguiti, ad esempio "sulla condizione delle carceri". Si tratta però, spiega l'Associazione nazionale magistrati, di un "atto dovuto" da parte della Procura di Roma, di una "comunicazione di iscrizione" come previsto dalla legge che "dispone, omessa ogni indagine" di "trasmettere" gli atti e di darne "immediata comunicazione" agli interessati per difendersi.

La posizione del governo in Aula

  • Dopo l’annuncio dell’indagine, l’intervento atteso di Piantedosi e Nordio sul caso Almasri è inizialmente saltato. L’informativa si è poi tenuta il 5 febbraio: i ministri dell’Interno e della Giustizia hanno sostenuto la correttezza dei loro atti, contrapponendola alle "incongruenze" ed agli "errori" di quelli della Corte dell'Aja. In particolare si è parlato di un arresto eseguito senza la preventiva consultazione col ministero della Giustizia, di un mandato della Corte penale internazionale con "gravissime anomalie" e dunque "radicalmente nullo". In particolare Nordio ha spiegato che la Giustizia non ha un ruolo da mero "passacarte", ma è un "organo politico" che analizza e valuta bene prima di decidere. E mentre via Arenula valutava, la Corte d'appello di Roma scarcerava il libico, rilevando "irritualità" nell'arresto, perché "non preceduto dalle interlocuzioni con il ministro della Giustizia", che, interessato il giorno prima dalla stessa Corte "non ha fatto pervenire alcuna richiesta in merito". Ma non c'è stata negligenza, sottolinea il Guardasigilli: nel documento della Cpi, "c'era tutta una serie di criticità che avrebbero reso impossibile un'immediata richiesta alla Corte d'appello".

L’espulsione e il volo di Stato

  • Inoltre il ministro dell'Interno non ha rilevato nulla di irregolare nella veloce espulsione verso Tripoli a bordo di un Falcon dei servizi del comandante libico, martedì 21 gennaio. Piantedosi ha firmato l'espulsione "per motivi di ordine pubblico e di sicurezza dello Stato". Non è un evento raro, ha sottolineato. Da quando è in carica ne ha firmati 24. È stato criticato l'uso dell'aereo di Stato. Per il titolare del Viminale, si è scelto di agire rapidamente "per i profili di pericolosità riconducibili al soggetto e per i rischi che la sua permanenza in Italia avrebbe comportato". L'aereo è partito da Ciampino per Torino la mattina del 21, quando ancora la Corte d'appello non aveva disposto la scarcerazione. Ma ciò, rimarca, "rientra tra quelle iniziative a carattere preventivo, e quindi aperte a ogni possibile scenario (ivi compreso l'eventuale trasferimento in altro luogo di detenzione), che spettano a chi è chiamato a gestire situazioni che implicano profili di tutela della sicurezza e dell'ordine pubblico di tale rilevanza".

Le opposizioni all’attacco

  • All’informativa in Parlamento non era presente la premier Giorgia Meloni, e la sua assenza è stata al centro del dibattito, prima ancora dei contenuti delle relazioni dei due ministri, criticate dalle opposizioni e apprezzate dalla maggioranza. La diretta tv ha poi esacerbato i toni delle due sedute, con i protagonisti pronti a pronunciare frasi efficaci per una arena social più che per un dibattito istituzionale, dalla "Presidente del Coniglio" della segretaria dem Elly Schlein all'"Omino di Burro" di Pinocchio del leader Iv Matteo Renzi. Giuseppe Conte, il presidente del M5s, ha accusato la premier di "viltà istituzionale”.  Sui banchi del Pd sono apparsi cartelloni contro Giorgia Meloni, "una patriota in fuga" dall'Aula. Nicola Fratoianni, e i deputati di Avs hanno mostrato a loro volta immagini dei migranti torturati in Libia.

Per approfondire: Almasri, Nordio: "Non faccio passacarte, atto Cpi nullo". Schlein: "Difendete torturatore"

Cpi indaga su operato Governo

  • Il 6 febbraio poi la Corte penale internazionale dell'Aja avrebbe avviato un fascicolo di indagine sull'operato del governo italiano per "ostacolo all'amministrazione della giustizia ai sensi dell'articolo 70 dello Statuto di Roma" in relazione alla vicenda del generale Almasri: a dirlo è il quotidiano Avvenire nella pagina online. Nella denuncia ricevuta dall'Ufficio del Procuratore, che l'ha trasmessa al cancelliere e al presidente del Tribunale internazionale, sono indicati i nomi di Giorgia Meloni, Carlo Nordio e Matteo Piantedosi. L'atto finito all'attenzione dei giudici è stato trasmesso dai legali di un rifugiato sudanese che già nel 2019 aveva raccontato agli investigatori internazionali le torture che lui e la moglie avevano subito dal generale libico, quando entrambi erano stati imprigionati in Libia.

Il caso Almasri alla Camera preliminare della Cpi

  • Il 10 febbraio la Corte dell'Aja ha ufficializzato di aver acceso i riflettori sul caso Almasri. La Cpi ha deciso di chiedere a Roma spiegazioni formali sui motivi che hanno portato le autorità a ignorare la richiesta di consegna, violando gli obblighi di cooperazione. Aperto il 2 ottobre scorso su richiesta del procuratore capo della Cpi, il caso ha portato il 18 gennaio al mandato d'arresto per il generale libico con l'accusa di crimini di guerra e contro l'umanità commessi dal febbraio 2011 nella prigione di Mittiga. C’è il rischio che il dossier finisca sul tavolo del Consiglio di sicurezza dell'Onu. Anche se l'iter potrebbe rivelarsi lungo. Il ministero del Giustizia italiano ha chiesto informalmente alla Corte penale internazionale di avviare delle consultazioni per una comune riflessione sulle criticità che hanno riguardato il caso.

Per approfondire: Caso Almasri, mancato arresto in Italia all'esame della Corte penale internazionale

La mozione di sfiducia per Nordio

  • L’11 febbraio, i partiti di opposizione - Partito Democratico, Movimento 5 Stelle, Alleanza Verdi Sinistra, Italia Viva e Più Europa - hanno annunciato che presenteranno in Parlamento una mozione di sfiducia contro il ministro della Giustizia del governo Meloni, Carlo Nordio, "in merito alla gravissima vicenda della liberazione e del rimpatrio con volo di Stato del torturatore libico Almasri”.

Per approfondire: Caso Almasri, da opposizioni mozione di sfiducia contro Nordio