
Elezioni Presidente della Repubblica, tra schede strappate e voti a Natale: le curiosità
Schede pre-compilate, dimissioni, bicchieri di Cynar in Aula: la storia delle elezioni degli inquilini del Quirinale è segnata anche da numerosi aneddoti che sono passati alla storia. Dal 1948 a oggi, ecco alcune curiosità che hanno contraddistinto le corse al Colle

Schede precompilate, votazioni nel giorno di Natale, bicchieri di Cynar in Aula. La storia delle elezioni dei presidenti della Repubblica è segnata anche da aneddoti che sono passati alla storia. Dal 1948 a oggi, ecco alcune curiosità che hanno contraddistinto le corse al Colle
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LE ELEZIONI PIÙ BREVI E LE PIÙ LUNGHE - Le votazioni per l’elezione del capo dello Stato sono uniche e vanno avanti senza interruzioni: dal primo scrutinio si vota tutti i giorni, anche più volte, fino a che non si riesce a eleggere il nuovo presidente. Solo Enrico De Nicola, capo provvisorio dello Stato dal 1946 al 1948, Francesco Cossiga e Carlo Azeglio Ciampi furono eletti con un solo scrutinio. Il numero più alto di scrutini a cui si è arrivati è stato toccato per l'elezione di Giovanni Leone. Ci vollero 23 votazioni
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In termini di ore, la corsa verso il Quirinale più lunga fu quella di Giuseppe Saragat: ventuno scrutini, per un totale di 46 ore e 45 minuti di votazione. La più breve, di due ore e 40 minuti, fu invece quella di Carlo Azeglio Ciampi
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IL CAPO DELLO STATO PIÙ GIOVANE – Il più giovane presidente della Repubblica italiana è stato Francesco Cossiga, eletto a 56 anni il 3 luglio 1985 (in foto, un'immagine del suo giuramento)
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IL CAPO DELLO STATO PIÙ ANZIANO – Il 20 aprile 2013, all’età di 87 anni, Giorgio Napolitano viene rieletto, diventando il capo dello Stato più anziano a essere eletto
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DOPPIO MANDATO – Giorgio Napolitano è anche l’unico presidente della Repubblica a essere eletto due volte nella storia della Repubblica italiana (2006-2013, 2013-2015)
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IL MANDATO PIÙ CORTO – La presidenza più breve è stata quella di Enrico De Nicola. Eletto capo dello Stato provvisorio dall’Assemblea Costituente il 28 giugno 1946, assunse la carica di primo presidente della Repubblica il 1° gennaio 1948, quando entrò in vigore della Costituzione italiana. Lo rimase fino al 12 maggio dello stesso anno, quando fu votato come suo successore Luigi Einaudi. Il mandato di De Nicola come presidente della Repubblica durò quindi solo quattro mesi e 12 giorni
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LA SCHEDA STRACCIATA – Nel 1948, quando si votò per la prima volta seguendo le regole della Costituzione repubblicana, non tutti i membri del Parlamento accoglievano di buon occhio la nuova istituzione del capo dello Stato. Si dice che il deputato Giovanni Alliata Di Montereale, membro del Partito Nazionale Monarchico, durante la prima seduta in cui le camere si riunirono per l’elezione del presidente della Repubblica-stracciò in segno di protesta la sua scheda, annunciando che si sarebbe astenuto dal voto

IL CYNAR A MARIO SCELBA – L’11 maggio 1955 comunisti e socialisti riescono a eleggere capo dello Stato Giovanni Gronchi. A guidare il governo è il democristiano Mario Scelba (in foto), da sempre considerato antagonista dei partiti più a sinistra. Finito lo scrutinio che decretò la vittoria di Gronchi, il deputato Gian Carlo Pajetta e il senatore Velio Spano -entrambi comunisti- fanno portare sul tavolo di Scelba un bicchiere di Cynar, in segno di brindisi per la vittoria di Gronchi. Scelba si dimise il 6 luglio 1955

QUANDO SI VOTÒ ANCHE A NATALE – Solo una volta, dal 1948 a oggi, il Parlamento in seduta comune votò nel giorno di Natale per eleggere un presidente della Repubblica. Era il 1964: gli scrutini andarono avanti dal 16 al 28 dicembre, quando fu eletto capo dello Stato Giuseppe Saragat. Il suo successore, Giovanni Leone, fu scelto invece come inquilino del Colle il 24 dicembre 1971

SCHEDE PRE-COMPILATE – Nella seduta di voto del 6 maggio 1962, che portò al Colle Antonio Segni (in foto), il senatore Antonio Azara (Dc) fu sorpreso con una scheda dove era già scritto il nome del futuro presidente della Repubblica. A passargliela sarebbe stato Angelo Cemmi, anche lui senatore democristiano

C'era tensione nel partito di Aldo Moro (in foto): non tutti i democristiani erano convinti di votare per Segni, seguendo la linea ufficiale del partito. Così, alcune schede furono consegnate già compilate agli indecisi, tra cui Azara. I sotterfugi non piacquero anche a molti democristiani: “Bisognerebbe votare nudi”, disse il deputato della Dc Giuseppe Rapelli

“PUGNALE, VELENO, FRANCHI TIRATORI” – Come si elimina un candidato al Colle dato per favorito? Con “tre mezzi tecnici: pugnale, veleno o franchi tiratori”. Questi i metodi proposti dal leader della corrente “Forze Nuove” Carlo Donat-Cattin, durante le elezioni del 1964, per bloccare il candidato della Dc Giovanni Leone. La frase fu pronunciata dopo un incontro con l’allora presidente del Consiglio Aldo Moro, che convocò Donat-Cattin a Palazzo Chigi proprio per decidere come bloccare l’elezione di Leone. Fu eletto Giuseppe Saragat (in foto, con Aldo Moro)

I CONTI NON TORNANO – Nella seduta che, iniziata il 13 maggio 1992, portò all’elezione di Oscar Luigi Scalfaro (in foto), fu introdotta una modalità di voto che da lì in poi sarebbe stata seguita per tutte le elezioni del Parlamento in seduta comune. Si tratta della presenza di cabine dove i grandi elettori devono entrare per esprimere il voto. La nuova procedura fu prevista a garanzia della regolarità delle votazioni, dopo che in quella stessa circostanza emerse una discordanza tra il numero dei votanti e quello delle schede

DAI FRANCHI TIRATORI AI FRANCHI SOSTENITORI – Le votazioni per il presidente della Repubblica sono spesso segnate da sorprese in corso d’opera, con parlamentari che – approfittando del voto segreto – affossano candidature in linea generale appoggiate dal proprio partito. Diverso fu il caso di Sergio Mattarella, eletto nel 2015 anche grazie alle schede di alcuni “franchi sostenitori” del centrodestra, che andarono contro le indicazioni del leader di Forza Italia Silvio Berlusconi

L’ANNUNCIO DI DUE DONNE – Nel 2015 furono la presidente della Camere, Laura Boldrini, e la vicepresidente del Senato, Valeria Fedeli, ad annunciare a Sergio Mattarella la sua elezione. Prima di allora, non era mai successo che fossero due donne a comunicare a un presidente della Repubblica la sua elezione

IL PRESIDENTE SCAPOLO – Il primo capo dello Stato italiano, Enrico De Nicola, fu l’unico a iniziare e finire il suo mandato scapolo. Tre i presidenti che salirono al Quirinale vedovi: Giuseppe Saragat, Oscar Luigi Scalfaro, Sergio Mattarella

I PRESIDENTI DELLA CAMERA SALITI AL COLLE – Due volte ad annunciare il risultato della votazione e l’elezione del capo dello Stato non furono i presidenti della Camera ma i loro vice, in quanto erano risultati eletti gli stessi numero uno dell’Assemblea di Montecitorio. Successe il 29 aprile 1955, all’elezione di Giovanni Gronchi, e il 28 maggio 1992, quando a essere eletto fu Oscar Luigi Scalfaro

I PRESIDENTI DELLA REPUBBLICA CHE SI SONO DOVUTI DIMETTERE DA ALTRE CARICHE – La carica di capo dello Stato, come dispone l’art 84 di Costituzione, è “incompatibile con qualsiasi altra carica”. Chi ricopre un altro ruolo al momento dell’elezione deve quindi dimettersi. È successo a Cossiga, presidente del Senato; Gronchi e Scalfaro, presidenti della Camera; Mattarella, giudice costituzionale; Einaudi, governatore della Banca d’Italia, vicepresidente del Consiglio e ministro del Bilancio; Segni e Saragat, ministri degli Esteri; Ciampi, ministro del Tesoro

COSA SUCCEDEREBBE SE VENISSE ELETTO UN PREMIER IN CARICA – Non è mai successo invece che a essere eletto fosse un presidente del Consiglio in carica al momento del voto. Nelle ultime settimane si è sparsa la voce secondo cui sarebbero in molti a caldeggiare l’elezione dell’attuale premier Mario Draghi. Se avvenisse, si aprirebbe quindi una procedura inedita