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Giustizia, referendum confermativo nel 2026: quando si potrebbe votare e cosa sappiamo

Politica
©Ansa

Introduzione

Dopo il via libera definitivo del Senato alla riforma che introduce la separazione delle carriere in magistratura, i capigruppo della maggioranza a Palazzo Madama hanno avviato la raccolta firme necessarie per la richiesta di un referendum confermativo che potrebbe tenersi tra metà marzo e aprile 2026. Sky TG24 ha invitato ufficialmente il ministro della Giustizia Carlo Nordio e il presidente dell’Associazione nazionale magistrati Cesare Parodi un confronto televisivo nei suoi studi: l'Anm ha accettato. Ecco cosa sapere sul referendum confermativo

Quello che devi sapere

Cosa s'intende per referendum confermativo

Secondo quanto previsto dall'articolo 138 della Costituzione, il referendum confermativo è uno strumento di democrazia diretta che viene indetto su leggi di revisione della Costituzione o altre leggi costituzionali. In caso di approvazione in Parlamento a maggioranza, entro tre mesi può essere richiesto il voto da un quinto dei membri di una Camera, 500mila elettori o 5 Consigli regionali.

 

Per approfondire: Riforma della Giustizia e separazione carriere, via libera definitivo del Senato

Perché scatta il referendum

La Costituzione definisce i paletti per lo svolgimento del referendum: può tenersi solo se, alla seconda votazione, una legge di revisione costituzionale (o altra legge costituzionale) non è stata approvata con una maggioranza dei due terzi dei componenti in ciascuna Camera. Il 18 settembre scorso, l'Aula di Montecitorio ha dato disco verde al provvedimento, in seconda lettura, con 243 sì su 400. Mentre al Senato i voti favorevoli sono stati 112, anche in questo caso al di sotto della soglia dei due terzi.

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La raccolta firme

Secondo quanto stabilito dalla legge sul referendum (numero 352 del 1970), dal momento della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale scattano, come detto, i tre mesi di tempo entro i quali raccogliere le firme necessarie per richiedere la consultazione tra gli elettori o tra i parlamentari. A richiedere il referendum potrà essere un quinto dei membri di una Camera, cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. Dopo la riforma del 2020 che ha dimezzato il numero dei membri di entrambe le Camere, ad oggi servono le firme di almeno 80 deputati (su 400) oppure di 41 senatori (su 205).

Firme in Cassazione poi il decreto

Dopo la consegna delle firme in Cassazione, la Suprema Corte ha 30 giorni di tempo per dare il via libera definitivo al referendum che deve essere comunicato al governo e ai presidenti delle Camere. Spetta in ogni caso al Presidente della Repubblica, su indicazione del Consiglio dei Ministri, indire la consultazione che deve tenersi tra il 50° e il 70° giorno successivo al decreto di indizione.

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Nordio: "Pronto a confronto tv con Anm"

I tempi, dunque, sono elastici ma, come ribadito dal ministro della Giustizia Carlo Nordio ai microfoni di Sky TG24, il governo punta ad arrivare al voto "tra marzo e aprile 2026". Su un tema così rilevante "è giusto che si consultino i cittadini", ha detto il Guardasigilli che si è detto disponibile a un "confronto televisivo" con i magistrati dell'Anm. Sky TG24 si è candidata a ospitare il dibattuto tv tra Nordio e il presidente dell’Anm Cesare Parodi e l'Anm ha accettato.

 

Per approfondire: Riforma della giustizia, Nordio a Sky TG24: "Pronto a confronto tv con Anm"

Il fattore quorum

A differenza del referendum abrogativo, altro strumento di democrazia diretta che serve ad annullare gli effetti totali o parziali di una legge, il referendum confermativo non prevede l'obbligo di quorum di partecipazione. Una consultazione abrogativa può ritenersi valida solo se ai seggi si reca il 50%+1 degli aventi diritto e se i "sì" prevalgono sui "no". Nel referendum confermativo, invece, il risultato è determinato dalla maggioranza relativa dei voti validi, a prescindere dall'affluenza. Con una prevalenza di "sì" la legge costituzionale viene confermata e diventa a tutti gli effetti legge dello Stato mentre con una prevalenza di "no" la riforma non entra in vigore e decade in automatico. 

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Centrodestra e Azione per il Sì

La maggioranza - Fdi, Lega, Fi e Noi Moderati - spinge per il referendum confermativo sulla riforma della giustizia. "Saremo i primi a promuoverlo", aveva detto già prima dell'ok definitivo il capogruppo di Forza Italia al Senato, Maurizio Gasparri. Favorevole alla riforma è anche Azione di Carlo Calenda. 

Campo largo e Anm per il No

Nell'opposizione prevalgono le posizioni che puntano alla cancellazione della riforma, dal Pd a Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi-Sinistra. Tra i dem tuttavia singoli esponenti si sono detti favorevoli, dal presidente della Campania Vincenzo De Luca a Gianfranco Bettini ed Enrico Morando. Matteo Renzi, leader di Italia Viva, ha già dato indicazione di libertà di voto. In un possibile comitato per il No potrebbe entrare anche l'Associaizone nazionale magistrati (Anm) che più volte ha criticato la riforma Nordio. "Noi faremo la nostra battaglia al referendum, l'Anm farà il suo comitato e la sua battaglia. Noi faremo la nostra con i nostri argomenti", ha detto la segretaria del Pd Elly Schlein. Ha poi ricordato che le opposizioni hanno condotto una comune strategia in Parlamento e che faranno altrettanto per i referendum: "Sui dettagli organizzativi non ci siamo ancora confrontati. Intanto raccoglieremo le firme dei parlamentari" per chiedere il referendum.

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I precedenti

Nel 2026 potrebbe dunque tenersi il referendum confermativo sulla riforma della giustizia, quinta consultazione su una legge costituzionale. Nell'autunno del 2001, gli italiani approvarono la riforma del Titolo V promossa dal centrosinistra che nel frattempo era tornato all'opposizione. Nel giugno 2006, due mesi dopo le elezioni politiche, il referendum sulla "devolution" promossa dal centrodestra venne respinta con il 61% dei voti. 

Nel 2020 l'ultimo referendum confermativo

Il 4 dicembre 2016 il referendum confermativo ha riguardato la riforma costituzionale sul superamento del bicameralismo paritario promossa dall'allora governo Renzi: anche in questo caso vinsero i "No" con il 59%. L'ultimo referendum di questo tipo ha avuto luogo il 20 settembre 2020 sul taglio dei parlamentari approvato bipartisan. 

 

Per approfondire: Referendum in Italia, dal primo nel 1946 a quelli del 2025: tutti i voti

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