
Nel suo intervento di ieri alla Camera sulle comunicazioni in vista del Consiglio europeo, la presidente del Consiglio ha citato alcuni passaggi del Manifesto di Ventotene dicendo: "Non so se questa è la vostra Europa ma certamente non è la mia". In Aula è scoppiata la bagarre fra urla e fischi e la seduta è stata sospesa più volte. Anche oggi a Palazzo Madama parole dure dalle opposizioni: "Quello che è accaduto ieri è grave per la democrazia e per l'Europa"
Non si placa la polemica scoppiata il 19 marzo nell’Aula della Camera, dove la premier Giorgia Meloni dopo aver citato alcuni passaggi del Manifesto di Ventotene ha detto: "Non so se questa è la vostra Europa ma certamente non è la mia". Lo scontro è proseguito anche oggi al Senato, con le opposizioni che hanno attaccato duramente la premier. "Ho fatto arrabbiare? Ho letto un testo… non capisco cosa ci sia di offensivo", aveva replicato ieri sera Meloni dopo che a Montecitorio si era scatenata la bagarre. "Un testo si può distribuire ma non leggere? È un simbolo? Non l'ho distorto, l'ho letto. Ma non per quel che il testo diceva 80 anni fa ma perché è stato distribuito sabato scorso. Un testo che 80 anni fa aveva la sua contestualità se tu lo distribuisci oggi devo leggerlo e chiederlo se è quello in cui credi", ha rincarato la premier arrivando a Bruxelles per il Consiglio europeo. Dalla capitale belga, interpellata in conferenza stampa, è intervenuta anche la presidente dell'Eurocamera Roberta Metsola, secondo cui il Manifesto di Ventotene "è un pezzo di storia, vi sono le prime tracce dell'idea di un'Europa federale. L'Europa è stata costruita sulle spalle di molti giganti, compresi italiani. Ieri ho discusso con Meloni solo di questioni di oggi, non voglio certo mettere in discussione il suo impegno europeo, quello che posso dire è che che se vediamo al modo in cui l'Europa si è sviluppata l'Italia è sempre stata al centro". Poi Meloni, in serata, a margine del vertice, è tornata sull'argomento: "Sono rimasta sconvolta dalla reazione che ho visto ieri in aula".
Proteste al Senato
Oggi al Senato la prima a intervenire a inizio seduta è stata Raffaella Paita (IV): "Quello che è accaduto ieri è grave per la democrazia e per l'Europa - ha detto tra le urla e le proteste dei parlamentari della destra - estrapolare frasi da un manifesto scritto da eroi al confino penso che sia vergognoso. Disonora il Paese e non rende giustizia all'Europa e alla Resistenza antifascista. È una brutta pagina". E ancora, ha incalza Paita, il discorso di Meloni "testimonia qualcosa di recondito nei vostri pensieri" della quale "non vi siete ancora liberati". Per Tito Magni di Avs "attaccare il Manifesto di Ventotene vuol dire rinnegare la storia e le fondamenta della Repubblica". Il presidente della Repubblica Mattarella, ha ricordato Dario Parrini (Pd), "è andato a Ventotene a portare un fiore" a chi "è stato al confino" per difendere la libertà e quello che è il fondamento della nostra Costituzione". Anche il capogruppo del M5S Stefano Patuanelli contesta Meloni, osservando come la polemica "sia servita a sviare le divisioni nella maggioranza" con la Lega che ha invitato a non votare il piano di von der Leyen.
Fonti Chigi: "Meloni non ha mai parlato di trappola Ventotene"
Intanto fonti di Palazzo Chigi smentiscono categoricamente le ricostruzioni riportate da alcuni organi di stampa in merito a presunti colloqui tra Meloni e gli eurodeputati di Fratelli d'Italia a Bruxelles. Si precisa che Meloni non ha mai definito la propria citazione del Manifesto di Ventotene alla Camera come "una trappola" in cui sarebbero "cascati esponenti dell'opposizione con reazioni isteriche", né "una mossa mediatica" che "ha fatto impazzire la sinistra". Ogni interpretazione attribuita alle parole di Meloni al di fuori di quanto detto pubblicamente "è da considerarsi priva di fondamento".

Approfondimento
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L’intervento di Meloni
Meloni aveva letto alcuni passaggi del testo scritto nel 1941 da Altiero Spinelli e Ernesto Rossi, con il contributo di Eugenio Colorni, confinati dal regime fascista sull'isola pontina. Ha citato alcuni stralci, appuntati su un foglio preparato dal suo staff a dibattito in corso: "La rivoluzione europea, per rispondere alle nostre esigenze, dovrà essere socialista"; "La proprietà privata deve essere abolita, limitata, corretta, estesa caso per caso"; "Nelle epoche rivoluzionarie, in cui le istituzioni non debbono già essere amministrate, ma create, la prassi democratica fallisce clamorosamente". Parole con cui, sostengono i meloniani, la leader ha fatto "cadere il Muro di Berlino anche in Italia". L’Aula della Camera era esplosa fra le urla della maggioranza e le proteste delle opposizioni, la seduta è stata sospesa più volte. "Giudicate voi", ha scritto Meloni sui social postando il video dell'intervento, in cui accusa chi ha richiamato il Manifesto di Ventotene in questi giorni, anche nella manifestazione di Roma di sabato scorso, di "non averlo mai letto".
La bagarre in Aula
Urla e fischi dell'opposizione e applausi fragorosi dalla maggioranza hanno segnato la bagarre. Ad applaudire è anche qualcuno dai banchi del governo, cosa che fa andare ancor più su tutte le furie diversi deputati. Durissimo l'intervento del Dem Federico Fornaro contro Meloni: "Si inginocchi presidente del Consiglio di fronte a questi uomini e queste donne, altro che dileggiarli". L'apice della tensione si è raggiunto quando, dopo un doppio riferimento al fascismo, prima di Alfonso Colucci (M5s) e poi di Matteo Richetti, il capogruppo di FdI Galeazzo Bignami sbotta: "Ma basta!". Meloni guarda alla sua sinistra con le mani nei capelli. Il presidente Fontana sospende i lavori e convoca i capigruppo. Alla ripresa le sue parole sono un monito: "Prego di mantenere toni consoni e adeguati all'Aula della Camera. E questo anche per onorare la memoria di chi ha messo in gioco la propria vita per assicurare il principio di libertà e di espressione da parte di tutti". Ormai la seduta è, ad ogni modo, andata lunga con la premier che, alla ripresa, è dunque assente. Di fronte alle accuse di "fuga" del centrosinistra a intervenire è il sottosegretario Alfredo Mantovano, accorso in Aula in rappresentanza della presidenza del Consiglio. Meloni, spiega, "è in volo per Bruxelles, "ovviamente non è la stessa cosa se è presente il Presidente del Consiglio o il sottosegretario alla presidenza. Anche io avevo la mia agenda ma l'ho cambiata per rispetto del Parlamento".

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"Grande rispetto per tutti, la mia Europa è quella di De Gasperi, Adenauer e Schuman", commenta Tajani lasciando Montecitorio, e poi a fine giornata aggiunge: "Meloni non ha offeso Spinelli, la polemica è fuori luogo". La Lega Nord di Umberto Bossi era ispirata dal federalismo europeo di Spinelli che, rimarca Molinari, "è stato tradito da questa Europa". Meloni, raccontano, avrebbe deciso di puntare su questo tema irritata per l'intervento di Giuseppe Provenzano sui disallineamenti del centrodestra dietro la risoluzione in cui il ReArm non è citato. "Davvero - l'affondo del responsabile Esteri Pd - è preoccupata solo dell'unità della sua maggioranza? Ci eravamo fatti un'idea più coraggiosa di lei, siamo in un tempo grave e senza coraggio si affonda". Maria Elena Boschi ricorda quando nel 2016 la leader di FdI criticava "Renzi, Hollande e Merkel" sostenendo che "sull'Europa avevano le idee più chiare nel 1941 i firmatari del manifesto di Ventotene, detenuti in un carcere". "Meloni oltraggia la memoria europea nascondendo le divisioni del suo governo", attacca la segretaria del Pd Elly Schlein. Per Giuseppe Conte la premier è "un'irriconoscente", perché "se siede al Consiglio europeo è grazie a Spinelli, Rossi... Tutta l'Europa riconosce che quello è stato il progetto fondativo dell'Europa libera e democratica che abbiamo". È stata "un'operazione spregiudicata", per Avs. "Una bombetta ideologica lanciata per poi scappare", sintetizza Riccardo Magi (+Europa). "Che senso ha - si domanda il leader di Azione Carlo Calenda - tutta questa bagarre sul manifesto di Ventotene quando il problema oggi è come tenere a bada Putin?".
