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Nomine Ue, Meloni: "Serve cambio di passo". Mattarella: "Non si prescinda da Italia"

Politica
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Giornata in Parlamento per la premier: prima le comunicazioni alla Camera in vista dell'imminente Consiglio europeo, poi il pranzo con Mattarella e nel pomeriggio il Senato. "Non faccio inciuci con la sinistra né in Italia né in Europa", ha detto. Vertice Meloni-Salvini-Tajani. Si fa strada il pacchetto con la riconferma di von der Leyen in Commissione, Costa al Consiglio e Kallas alla politica estera. Passa la strategia Macron-Scholz del prendere o lasciare. Garantita all'Italia una vicepresidenza, Fitto in pole

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Giornata in Parlamento per la premier Giorgia Meloni: in mattinata ha tenuto le comunicazioni alla Camera in vista del Consiglio europeo del 27 e 28 giugno. Montecitorio ha approvato la risoluzione della maggioranza sulle sue parole con 178 sì e 98 no. Nel pomeriggio al Senato si è passati direttamente al dibattito, prima dell'approvazione della risoluzione presentata dalla maggioranza con 93 sì e 54 no. L'Aula del Senato ha anche approvato con 131 sì parte della risoluzione di Italia Viva; con 142 sì parte della risoluzione del M5S, riformulata; con 130 sì quella di Azione, solo per quanto riguarda gli impegni; sempre solo sugli impegni, con 115 sì e 41 astenuti, quella di Avs; con 139 voti a favore quella del Pd. In mezzo, tra Camera e Senato, Meloni ha avuto un pranzo al Quirinale con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Dopo Palazzo Madama, vertice tra Meloni e i due vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini per mettere a punto la strategia del governo italiano. Lo sguardo è rivolto all'Europa: sempre più definito il pacchetto di nomine ai vertici Ue, con la riconferma di Ursula von der Leyen alla Commissione, Costa al Consiglio e Kallas alla direzione della politica estera. "Non si può prescindere dall'Italia", ha detto Mattarella proprio in vista del Consiglio europeo e sul coinvolgimento italiano nelle nomine Ue. Meloni non è d'accordo a quanto sta succedendo: insieme a Viktor Orban e Robert Fico, dicono fonti Ue, non ha ancora dato l'ok alle nomine. "Non mi stupisce che sia emerso prima durante e dopo la campagna elettorale" un certo approccio ma "nessun autentico democratico che creda nella sovranità popolare può in cuor suo ritenere accettabile che in Europa si tentasse di trattare sugli incarichi di vertice ancora prima che si andasse alle urne", ha detto alla Camera. Poi ha definito "un errore imporre le scelte di una maggioranza fragile" e ha evidenziato come "non è mai accaduto che si partisse da incarichi che dovrebbero essere neutrali e che questi venissero utilizzati in una logica di maggioranza e opposizione, significa creare un precedente molto discutibile per l'idea che abbiamo di Europa". Più in generale, sul futuro, Meloni promette: Meloni promette: "Io non faccio inciuci con la sinistra, non in Italia, non in Europa".

Meloni: errore imporre scelte di una maggioranza fragile 

"L'errore che si sta per compiere con l'imposizione di questa logica e di una maggioranza fragile e destinata probabilmente ad avere difficoltà nel corso della legislatura è un errore importante non per la sottoscritta per il centrodestra o per l'Italia ma per un'Europa che non sembra comprendere la sfida che ha di fronte o la comprende ma preferisce in ogni caso dare priorità ad altre cose", ha detto la presidente del Consiglio Giorgia Meloni alla Camera, sottolineando che "se vogliamo rendere un buon servizio all'Europa e alla sua credibilità dobbiamo mostrare di avere compreso gli errori del passato e avere massima considerazione delle indicazioni dei cittadini" che chiedono "un'Europa più concreta e meno ideologica". Nelle repliche ha precisato: "Sulla maggioranza vedremo in corso di legislatura. Si materializza non distribuendo degli incarichi e cercando di sommare delle debolezze, si materializza in Parlamento, mettersi d'accordo sui top jobs non vuol dire avere una maggioranza e sicuramente non vuol dire avere avere una maggioranza solida".

"La logica del consenso viene scavalcata da quella dei caminetti"

Restando in tema nomine: "Alcuni - ha detto la premier alla Camera - hanno sostenuto che non si debba parlare con alcune forze politiche. Gli incarichi apicali sono stati affidati tenendo in considerazione i gruppi maggiori, indipendentemente da logiche di maggioranza e opposizione. Oggi si sceglie di aprire uno scenario nuovo e la logica del consenso viene scavalcata da quella dei caminetti, dove una parte decide per tutti. Una 'conventio ad excludendum' che a nome del governo italiano ho contestato e non intendo condividere". Al Senato ha rincarato la dose attaccando i suoi avversari: "Mi sembra abbastanza grave che di fronte a scelte che considero un po' bizzarre anche nella metodologia rappresentati del popolo italiano dicano ai propri omologhi 'Non si deve trattare con Meloni' perché sta chiedendo di escludere la nazione che rappresenta".

"Voto boccia governi di Francia, Spagna e Germania"

"Se c'è un dato indiscutibile che arriva dalle urne è la bocciatura delle politiche portate avanti dalla forze politiche al governo in molti della grandi nazioni europee, che sono anche in molti casi le forze che hanno impresso le politiche europee degli ultimi anni", ha detto la premier che ha citato le percentuali ottenuti nei singoli Paesi Ue dai partiti di governo: "16% in Francia, 32% in Germania, in Spagna il 34%". "Solo in Italia - ha aggiunto - il 53% degli eletti è espressione delle forze di governo".

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Meloni: "Tutti d'accordo su necessità cambiamento politiche Ue"

"Il nuovo Parlamento" che si insedierà a metà luglio è "frutto delle indicazioni espresse nelle urne, che hanno rappresentato una tappa molto importante nella storia d'Europa da cui trarre importanti indicazioni" date anche da "tutte le forze politiche: in questi mesi tutti hanno sostenuto la necessità di un cambiamento nelle politiche Ue, nessuno ha detto che sarebbe stato sufficiente mantenere lo status quo. Tutti hanno concordato su un punto: l'Europa deve intraprendere una direzione diversa rispetto al posizionamento preso finora", ha detto la presidente del Consiglio Giorgia Meloni alla Camera nelle comunicazioni in vista del Consiglio europeo. "La disaffezione" dei cittadini verso l'Ue si è "materializzata anche in un'astensione" che "non può lasciare indifferente" la classe dirigente che in Ue sembra "tentata dal nascondere la polvere sotto il tappeto continuando con logiche deludenti". E aggiunge che "la percezione che hanno avuto gli italiani e gli europei è di una Unione troppo invasiva che pretende di imporre come guidare quanta terra coltivare come" va ristrutturata "la casa" e "mentre cerca di normare tutto finendo anche con il rischio di omologare culture, specificità geografiche e sociali, rimane più debole sugli scenari globali, con il risultato di rendersi sempre più vulnerabile agli choc esterni".

Meloni: "In nuova Commissione serve delega per sburocratizzare" 

"Penso che" la nuova presidenza della Commissione "dovrebbe pensare a una delega specifica alla sburocratizzazione per dare un segnale" di cambiamento, dice Meloni. Bisogna "applicare anche in Europa il principio che applichiamo in Italia: non disturbare chi vuole fare, significa essere più attrattivi degli altri, disboscare la selva burocratica e amministrativa che finisce per essere un percorso a ostacoli che penalizza le imprese".

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Meloni: "Basta trafficanti, Ue fermi il nuovo schiavismo"

La premier, in merito ai flussi migratori, ha parlato degli obiettivi della "difesa dei confini esterni" e del contrasto al "business dei trafficanti di esseri umani" che sono" schiavisti del terzo millennio. Io credo che l'Ue, culla della civiltà occidentale, non possa più tollerare che un crimine come la schiavitù sia tollerato in altre forme". A suo avviso i "memorandum con l'Egitto e la Tunisia" vanno replicati e vanno rimosse "le cause che spingono una persona" a lasciare la sua terra, serve dar corpo al "diritto a non dover migrare". Sulla gestione del dossier migranti prima si parlava solo di "redistribuzione", mentre "ora il paradigma è cambiato ma è fondamentale che questo approccio sia consolidato e diventi strutturale: la stessa lettera che la presidente della Commissione von der Leyen ha ieri indirizzato ai capi di Stato e di governo va in questa direzione, stabilendo che questo approccio debba rimanere al centro anche delle priorità anche del prossimo ciclo istituzionale".

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Meloni: servono più risorse europee per la difesa

"Spendere in difesa significa investire in autonomia e in capacità di difendere i propri interessi nazionali. Per farlo è necessario affrontare il nodo delle risorse necessarie per fare il tanto decantato salto di qualità. Speriamo che la Bei possa aumentare i finanziamenti in tema di difesa. È necessario proporre un dibattito per aprire a obbligazioni europee per temi di questo genere”, ha detto la premier Giorgia Meloni, secondo cui "difendere l'Ucraina è nell'interesse dell'Europa. Se l'Ucraina fosse stata costretta ad arrendersi non ci sarebbero state le condizioni per un negoziato. Pace non significa mai resa. Ogni nostro sforzo - ha aggiunto - è concentrato per consentire all'Ucraina di guardare a un futuro di pace. Deve essere chiaro chi pagherà per la ricostruzione dell'Ucraina".

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Meloni: “Dietro morte Satnam uno schifo, è Italia peggiore”

La premier ha ricordato la morte di Satnam Singh, il bracciante morto a Latina e abbandonato agonizzante dal suo datore di lavoro. Meloni ha parlato di una "morte orribile e disumana" con un "atteggiamento schifoso del suo datore di lavoro. Questa è l'Italia peggiore che lucra sulla disperazione”. Tutti i deputati presenti in Aula e gli altri esponenti del governo si sono alzati in piedi applaudendo.

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I nuovi vertici europei

Ieri da Bruxelles sono arrivate le indiscrezioni di un accordo "chiuso" sui nuovi vertici comunitari. Emmanuel Macron e Olaf Scholz hanno spinto per arrivare a un’intesa di principio, che ha preso forma in videoconferenza, unendo le loro due voci e quelle degli altri negoziatori dell'asse europeista formato da Popolari, Socialisti e Liberali. Il volto della nuova Commissione europea, salvo colpi di scena, sarà ancora quello di Ursula von der Leyen. Accanto alla Sptizenkandidatin del Ppe, a prendere le redini della politica estera comunitaria sarà la premier estone liberale Kaja Kallas. Mentre il socialista portoghese Antonio Costa orchestrerà i lavori del Consiglio europeo. Un trio al quale con tutta probabilità si affiancherà la maltese Roberta Metsola - in quota Ppe - per il bis all'Eurocamera.

L’asse Macron-Scholz

Questi nomi giravano da settimane ma i Popolari puntavano al rialzo, sull'onda del trionfo elettorale, avanzando la richiesta di una staffetta alla guida del Consiglio europeo rischiando così di far saltare l'intero tavolo. I sei negoziatori - al fianco di Macron e Scholz, anche Pedro Sanchez, Kyriakos Mitsotakis, Donald Tusk e Mark Rutte - si sono ritrovati per un round ristretto con lo stesso pacchetto di candidati sul tavolo. Alla fine lo stallo è stato superato e la bozza di accordo potrà ora approdare sul tavolo dei leader dei Ventisette domani a Bruxelles per il via libera finale. Con o senza l'appoggio dei Conservatori di Giorgia Meloni o di Viktor Orban.

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Meloni fuori da trattativa

La premier italiana non ha preso parte alla trattativa. Un'esclusione che, dopo la scia di malumori dell'ultima settimana, è stata comunque mitigata con una rassicurazione chiave: von der Leyen negozierà a porte chiuse con lei il prezzo del sostegno di Roma a un accordo per cui comunque basterà la maggioranza qualificata (almeno 15 Paesi rappresentanti il 65% della popolazione Ue) e sul quale dunque nessun leader avrà il potere di veto. In cambio, la garanzia è che Meloni "otterrà un portafoglio di peso" nella prossima Commissione, come da sua richiesta. All'Italia è destinata comunque una vicepresidenza della Commissione di peso e i meloniani, al Pe, proveranno ad alzare la posta in cambio del loro sì. Ma questa è una parte del negoziato che riguarda von der Leyen.

Cosa farà l’Italia

Il ministro Raffaele Fitto, che concentra le deleghe degli Affari europei, delle politiche di coesione e del Pnrr, resta il candidato numero uno a lasciare Roma per Bruxelles, per andare a ricoprire quell'incarico "di peso" che la premier ha rivendicato per l'Italia nelle ultime settimane. La sua partenza, peraltro, non creerebbe scompensi nel governo perché l'ipotesi che continua ad essere più accreditata è che le sue deleghe restino a Palazzo Chigi (affidate agli attuali sottosegretari alla presidenza o a un nuovo sottosegretario ad hoc) senza prevedere alcun "rimpasto" di governo. "Nessun rimpasto", ha detto d'altronde più volte la premier. In ogni caso se ne parlerebbe parecchio più avanti, visto che il percorso per la formazione del nuovo esecutivo europeo andrà avanti fino all'autunno. Le trattative sulle deleghe sarebbero ancora aperte. L'Italia punterebbe al bilancio, sommato a coesione e Pnrr, e a una "vicepresidenza esecutiva", che stando a fonti europee citate da Bloomberg, sarebbe stata "offerta in cambio di un sostegno all'accordo".

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