Giorgia Meloni, le ragioni – comunicative – del suo successo

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Yara Al Zaitr

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Fratelli d'Italia alle elezioni di settembre ha ottenuto il 26% dei voti. La comunicazione efficace è alla base del successo di qualsiasi relazione sociale: Giovanna Cosenza, semiologa ed esperta di comunicazione politica, docente presso l’Università di Bologna, a Sky TG24 parla del linguaggio della presidente del Consiglio

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Giorgia Meloni è la nuova presidente del Consiglio italiano e in poche settimane ha iniziato a lavorare su provvedimenti e decreti, a incontrare leader internazionali e a partecipare a eventi di portata mondiale. Uno scenario che fino a qualche anno fa sembrava improbabile, considerando che alle elezioni politiche del 2018 Fratelli d’Italia aveva ottenuto solamente il 4.4% dei voti. Mentre oggi, dopo anni di esclusione dai governi di maggioranza, lo stesso partito si è portato a casa il 26% dei voti in entrambe le camere. Per capire qual è stato il motivo di questo successo ci facciamo accompagnare da Giovanna Cosenza, semiologa ed esperta di comunicazione politica, docente presso l’Università di Bologna.

Ricostruire la credibilità

Partiamo da una premessa: alla base del successo di una qualsiasi relazione sociale – e così anche di quella tra esponente politico ed elettore – c’è una comunicazione efficace. Il successo alle urne è spesso una conseguenza del successo comunicativo in campagna elettorale. E questo significa avere un programma, ma anche e soprattutto saperlo comunicare. Una buona idea, insomma, rischia di soccombere se mal comunicata. E questo si è potuto osservare anche nella campagna elettorale per le elezioni politiche del 25 settembre portata avanti dai diversi partiti.

"La comunicazione va guardata sempre in modo sistemico - spiega Cosenza. Non c’è un bravo comunicatore assoluto, ma l’effetto si accentua o si sminuisce a seconda di quello che fanno i concorrenti. Quindi possiamo dire che, relativamente ai competitor, Giorgia Meloni è la leader che ha comunicato meglio. Ha usato un linguaggio concreto, preciso, e ha fatto ciò che tutti hanno potuto osservare: ha moderato i toni e i contenuti rispetto a certi suoi ‘estremismi’ precedenti, nei quali esprimeva invece la destra più radicale".

La grande abilità di Giorgia Meloni, spiega Cosenza, è stata proprio quella di riuscire a reinventarsi sul piano comunicativo, senza però rinnegare la propria identità. "Meloni è passata dal sovranismo esasperato dei toni di Vox all’essere una leader pronta a integrarsi nelle linee europee e della Nato. Ha cercato di ricostruire una sua credibilità sia sul piano internazionale, che su quello nazionale. Ha fatto un lavoro meticoloso di ricostruzione della propria immagine, rivolgendosi anche ai cittadini e alle cittadine di centrodestra più moderati e moderate. C’è stato, insomma, uno spostamento dei contenuti e dei toni, ma anche nel complesso un modo di comunicare molto concreto e preciso, che invece è mancato agli altri".

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Dal sovranismo al patriottismo

“Giorgia Meloni ha tradotto il sovranismo e il nazionalismo in amor di Patria – spiega Cosenza. Il problema dell’Italia – aggiunge - è che ereditando storicamente il fascismo, ha sempre associato a quest’ultimo il concetto di patriottismo, collegandolo quindi alle destre. Ma se osserviamo gli altri stati, ad esempio gli Stati Uniti, l’orgoglio di essere americani appartiene a tutti, indipendentemente dallo schieramento politico. Ci basti pensare alla celebre campagna elettorale del 2008 di Barack Obama, che venne anche premiata dalle agenzie internazionali di comunicazione. Ogni discorso, ogni appello, si concludeva o addirittura cominciava con un richiamo all’amor di patria. Il problema è che in Italia questa cosa suona di destra.”

Un altro problema, spiega Cosenza, è che in Italia “tutti i discorsi si sono sempre soffermati su un punto: siamo perennemente in crisi, economica, sociale, politica. E questo tipo di linguaggio negli anni ha costruito un senso di ‘depressione’ tra i cittadini. Quindi recuperare e valorizzare l’orgoglio positivo dell’essere italiani è una strategia che ha funzionato su due piani: quello elettorale e quello psicologico.” E la leader di Fratelli d’Italia ha cercato di fare proprio questo: ha sovvertito il classico discorso politico nazionale negativo, scegliendo una linea più ottimista e ricostruendo l’orgoglio di essere italiani.

“Questa Nazione ha bisogno di essere governata con amore. Con lo stesso sentimento con cui si cresce un figlio”. In questa frase – pronunciata in un comizio a Milano l’11 settembre – Meloni esprime nitidamente il concetto di amor di Patria, che assomiglia, secondo lei, all’amore di una madre per un figlio. Un amore incondizionato, che porta il soggetto politico ad essere inevitabilmente pronto a governare. “Il discorso sulla maternità serve ad ammorbidirla – spiega Cosenza – perché altrimenti risulterebbe troppo dura”. Ed è proprio in virtù di questo amore per l’Italia che la leader di Fratelli d’Italia porta avanti lo slogan della sua campagna elettorale: ‘pronti’.

“Giorgia Meloni è apparsa come la persona, la leader più appassionata e convinta. E questa sua convinzione ha convinto a sua volta anche gli elettori. La sua carica emotiva positiva soprattutto è stata contagiosa, a differenza di quella degli altri leader, come ad esempio Enrico Letta. Letta – semioticamente parlando – è emotivamente disforico. Ha riprodotto sul piano comunicativo l’incapacità di costruire un’agenda positiva e concreta e ha usato un linguaggio astratto, lontano, involuto. Proponendo il tipico discorso spesso utilizzato dal PD”.

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L’errore – storico – della sinistra

“Il grande errore della sinistra italiana – spiega Cosenza – si sintetizza nella teoria individuata da George Lakoff nel suo Non pensare all’elefante. L’elefante è il simbolo dei repubblicani americani, e il problema dei democratici negli Stati Uniti è stato proprio quello di concentrarsi troppo sull’atto di opporsi agli avversari. Basare la propria comunicazione, la propria proposta politica, sulla negazione dell’altro non è una mossa vincente. In Italia il Partito Democratico è nato con questo errore. Il PD di Veltroni perse miseramente perché l’ossessione dell’anti-berlusconismo ci ha accompagnati per tutto il ventennio di Berlusconi”.

“Certo non è una strategia del tutto sbagliata: quando si fa campagna elettorale si hanno dei nemici, ed è normale quindi avere qualcuno contro cui strutturare la propria campagna elettorale. All’inizio il discorso di Enrico Letta aveva anche una sua incisività – continua Cosenza. L’invito, la mobilitazione a scegliere agitando la paura verso l’estrema destra poteva servire a far tornare alle urne i classici delusi. Inizialmente questo discorso, lo slogan ‘scegli’ potevano servire a ridare vigore a una leadership spenta. Il problema è che poi ha fatto solo questo: si è concentrato sul suo avversario”.

“E questo è stato l’errore anche nel gestire le alleanze, che in qualche modo ha espresso un’assenza di contenuti, o meglio un’incapacità di portare avanti una proposta positiva. Quando hai l’elefante ossessivamente in testa, pensi solo al tuo oppositore, ma così facendo - invece che concentrarti sul tuo messaggio - non fai altro che dare rilievo a quello dell’avversario. A forza di urlare ‘andiamo tutti contro il nemico’, rischi di voltarti e ritrovarti da solo. E così è successo ad esempio con Carlo Calenda”.

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Il successo e la sconfitta degli altri leader

Un personaggio politico che ha fatto invece il percorso inverso di Meloni, ovvero che ha perso consensi piuttosto che guadagnarne è stato Matteo Salvini. “La comunicazione del leader della Lega è in crisi dal Papeete in qua, come dimostrato anche dai sondaggi – spiega Cosenza. Il problema della sua strategia comunicativa è stata quella dell’essere molto aggressiva e banalizzante. Che all’inizio – e per un po’ di tempo – ha funzionato, ma poi ha sbattuto contro sé stessa. Ricordiamoci che online funziona la semplicità, che però non è banalità”.

“Banalizzare vuol dire semplificare al punto da distorcere, da tradire il contenuto e da falsificare. Il problema della comunicazione di Salvini è stato questo. Ad esempio prendendo un fatto di cronaca e banalizzandolo fino a distorcerlo. In questo modo ha rischiato di rasentare la falsità o addirittura esprimerla. E si sa, alla lunga le bugie hanno le gambe corte. Questo tipo di comunicazione ha portato poi all’inevitabile perdita di consensi e all’aumento delle contestazioni, che abbiamo potuto osservare anche sui social e che i sondaggi hanno confermato”.

Un altro esponente politico che invece ha in qualche modo stupito alle urne è stato il leader del Movimento 5 Stelle ed ex presidente del Consiglio. “La comunicazione di Giuseppe Conte è stata di successo. Il M5S è sparito dietro alla sua figura. E, infatti, possiamo dire che lui abbia ottenuto effettivamente un successo personale. Dato il contesto è riuscito addirittura a far dimenticare di essere stato lui a far cadere il governo Draghi. È riuscito a recuperare quella grande credibilità che aveva ottenuto durante la pandemia e che gli italiani e le italiane avevano dimenticato”.

Insomma, la comunicazione di un leader politico incide fortemente sul successo che poi ottiene alle urne. Anche se, ovviamente, una buona comunicazione è un requisito necessario, ma non sufficiente. Dal lato di Giorgia Meloni c’è stato anche il vantaggio di non aver mai governato, di aver sempre fatto parte dell’opposizione. Molto spesso, infatti, gli elettori delusi dai leader precedenti, si muovono spinti dal desiderio di provare qualcosa di nuovo, di diverso. Per certi versi, conclude Consenza, “più che l’aver dimostrato in campagna elettorale di essere pronti, vale più un altro discorso: il desiderio degli elettori e delle elettrici di metterli alla prova”.

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