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Governo in bilico, Draghi deciso a lasciare e partiti nel caos

Politica

Pierfrancesco Ferrara

©Ansa

Dopo il confronto al Colle tra Mattarella e il premier l'attesa ora è tutta per le comunicazioni del presidente del Consiglio alle Camere. Pochi giorni per trovare una soluzione 

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Il pressing è forte. Ma forte è la determinazione. Da un lato i partiti, le forze economiche e sociali del Paese e, con ogni probabilità, istituzioni europee e finanziarie, dall’altro il premier. Le giornate che verranno, di qui al momento delle comunicazioni del presidente del consiglio alle Camere, saranno intense, un susseguirsi di contatti, incontri, dichiarazioni, telefonate. Ma se chiaro è l’intento di gran parte delle forze politichee nel cercare di salvare l’esperienza Draghi al Governo, altrettanto chiaro è il pensiero del Capo dell’Esecutivo: le condizioni politiche per andare avanti non ci sono più.

 

Draghi e il Patto di fiducia che non c'è più

E non è solo una questione di delusione, che, forse, pure resta rispetto al mancato credito personale, umano e istituzionale riscontrato proprio nei e dai partiti in occasione del voto per il Colle, scorie che lasciano il segno ma non per chi ha uno standing come il suo, quanto invece - e si legge chiaramente nelle righe lette e nelle parole pronunciate davanti ai suoi ministri prima di tornare a esplicitarle formalmente al Quirinale - quella prospettiva che non c’è più.

 

L'ultima carta giocata da Mattarella

Al Colle si fa notare come quella di Draghi fosse l’ultima carta per salvare la legislatura e porre un argine alle emergenze del Paese, la carta più alta da mettere sul tavolo. Ed è proprio questo il concetto che si rimarca a Palazzo Chigi. La votazione del Senato sul Decreto Aiuti è un fatto molto significativo dal punto di vista politico. Rappresenta cioè l’indicazione di un orizzonte forse non più controllabile. Il patto di fiducia alla base dell’azione di governo che, appunto, non c’è più. Oggi i 5 Stelle, domani chissà?

 

Le richieste impossibili dei partiti e l'Europa

Proprio mentre già sul tavolo sia da destra che da sinistra venivano poste questioni, o meglio, richieste forse inaccettabili e irrealizzabili secondo la linea Draghi, e le casse dello Stato. Senza contare poi quegli impegni con l’Europa, che passano da riforme necessarie a ottenere i fondi promessi e, perché no, garantiti dalla presenza del Presidente del Consiglio in prima persona. Ecco che allora quel “mi dispiace ma non posso andare più avanti, non ha senso che io insista a farmi logorare” assume un senso più che personale, più che contingente, appunto, di prospettiva. Non aprire a uno stillicidio insostenibile, un percorso a ostacoli pronto a impantanare l'azione di governo.  

La sintonia e il confronto con il Colle

L’identità di vedute con il Capo dello Stato c’è, fa sapere il Colle. Ma il confronto non è mancato. La scelta di Mattarella di respingere le dimissioni e rinviare la discussione in Parlamento risponde, del resto a quello che viene spiegato come un preciso dovere democratico e di trasparenza, dovuto al Paese. Le ragioni umane e politiche vengono ascoltate e comprese ma l’invito a un supplemento di riflessione c’è. Anche in ragione dei numeri - che in Politica e Costituzione alla mano - contano. La fiducia del resto non è venuta meno in Aula.

 

Il Quirinale e le emergenze del Paese

E sullo sfondo, ma non troppo, permangono quelle emergenze che hanno portato a dar vita al suo governo. A quella chiamata al servizio del Paese. La recrudescenza della Pandemia, il Pnrr e le riforme richieste, la Guerra in Ucraina nel frattempo inaspettatamente piombata in Europa, la crisi economica ed energetica che ne è poi conseguita con tutte le connesse difficoltà economiche di imprese e famiglie. Insomma il Paese in una fase estremamente delicata.

 

L'attesa per le comunicazioni in Aula

E allora ecco il perché della richiesta: valutare la situazione, per doverosa trasparenza. E la speranza, pur remota, che cambi idea. Dopo resterebbero solo le elezioni si fa sapere. Difficile se non impossibile percorrere altre strade dopo quella -così alta- di Mario Draghi. Sebbene la politica e i partiti non abbiano mai mancato di riservare sorprese.

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