Giustizia, cosa succede ora dopo il flop dei referendum: ecco i prossimi passi

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Diletta Giuffrida

Mercoledì la riforma dell’ordinamento giudiziario e del Csm, dopo lo stop in attesa dell’esito referendario, riprenderà il suo percorso in Parlamento. La discussione dopo l’approvazione alla Camera, si sposta a palazzo Madama

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Archiviato il referendum sulla giustizia come il meno partecipato della storia referendaria, si riparte dal Senato. La riforma dell'ordinamento giudiziario e del Csm firmata dalla ministra Marta Cartabia, ferma - dopo il via libera ottenuto alla Camera - proprio in attesa dei referendum, mercoledì inizierà a essere discussa a Palazzo Madama con l'incognita però di come il flop referendario potrà gravare sul suo iter e soprattutto sullo schieramento dei partiti. Sullo sfondo resta lo spettro della questione di fiducia, intanto la Guardasigilli e il governo puntano all'approvazione della riforma così com'è anche nei suoi punti di contatto con tre dei cinque quesiti referendari.

Il sistema elettorale del Csm

La riforma prevede un sistema misto con collegi binominali e quota proporzionale e  aumenta il numero dei membri dell'organo di autogoverno dei magistrati a 30:20 togati e 10 laici. Non sono ammesse liste, ciascun candidato senza bisogno di raccogliere firme - come chiedeva il quinto quesito referendario - potrà presentarsi liberamente anche nel suo distretto. 

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Stop alle porte girevoli

Stretta poi alle "porte girevoli", un magistrato non potrà più entrare in politica e poi tornare a indossare la toga. Chi si è candidato senza essere eletto per tre anni non potrà esercitare nel distretto in cui lavorava.

Separazione delle funzioni

La riforma Cartabia prevede poi - nel penale - un solo passaggio di funzione tra giudice e pubblico ministero e viceversa e comunque entro 10 anni dall'assegnazione della prima sede. 

Valutazione dei magistrati

La norma introduce anche il "fascicolo personale del magistrato" che servirà per la valutazione di professionalità. Nel fascicolo verranno segnalate anche eventuali "anomalie" legate alle decisioni giudiziarie della toghe. Un aspetto quest'ultimo tra i più contestati dall'Associazione Nazionale Magistrati che lo scorso 16 maggio ha indetto uno sciopero anche questo - come il referendum - scarsamente partecipato dalle toghe stesse.

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