
Ddl Zan, cosa dicono i dieci articoli del disegno di legge contro l’omofobia
Approvato alla Camera, introduce nell’ordinamento “misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità”

Il Ddl Zan, di cui il deputato Pd Alessandro Zan è stato il relatore, è stato approvato alla Camera in prima lettura il 4 novembre 2020 e ora è all’esame al Senato. È il disegno di legge che introduce nell’ordinamento "misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull'orientamento sessuale, sull'identità di genere e sulla disabilità". Ecco cosa dicono i dieci articoli che lo compongono
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L'articolo 1 definisce quali sono le categorie che subiscono violenza e discriminazione e chiarisce che per sesso si intende il sesso biologico o anagrafico; per genere si intende qualunque manifestazione esteriore di una persona che sia conforme o contrastante con le aspettative sociali connesse al sesso
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E ancora, per orientamento sessuale si intende l'attrazione sessuale o affettiva nei confronti di persone di sesso opposto, dello stesso sesso, o di entrambi i sessi; per identità di genere si intende l'identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso, indipendentemente dal l'aver concluso un percorso di transizione
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L'articolo 2 modifica l'articolo 604 bis del codice penale che, a oggi, punisce chi “istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi”. Questa disposizione viene integrata punendo esplicitamente chi istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi oppure fondati sul sesso, sul genere, sull'orientamento sessuale, sull'identità di genere o sulla disabilità
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L'articolo 3 interviene ancora sulle norme penali modificando l'articolo 604 ter del codice, sulle aggravanti. A oggi la disposizione prevede che per i reati punibili con pena diversa da quella dell'ergastolo commessi per finalità di discriminazione o di odio etnico, nazionale, razziale o religioso, ovvero al fine di agevolare l'attività di organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi che hanno tra i loro scopi le medesime finalità la pena è aumentata fino alla metà
Ddl Zan, i dieci articoli contro l'omofobia. VIDEO
Il testo introduce altre fattispecie legate a comportamenti omofobi prevedendo l'aggravante anche per motivi fondati sul sesso, sul genere, sul l'orientamento sessuale, sull'identità di genere o sulla disabilità

L'articolo 4 riguarda il pluralismo delle idee e libertà delle scelte: "Ai fini della presente legge, sono fatte salve la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte, purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti”

L'articolo 5 coordina le disposizioni che si vogliono introdurre con le altre norme già esistenti a tutela dell’uguaglianza delle persone, come la legge Mancino

L'articolo 6 allarga la condizione di particolare vulnerabilità e dunque le tutele e le cautele previste attualmente alle persone offese per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull'orientamento sessuale o sul l'identità di genere

L'articolo 7 istituisce la giornata nazionale contro l’omofobia da celebrare anche nelle scuole: "La Repubblica riconosce il giorno 17 maggio quale Giornata nazionale contro l'omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia, al fine di promuovere la cultura del rispetto e dell'inclusione nonché di contrastare i pregiudizi, le discriminazioni e le violenze motivati dall'orientamento sessuale e dall'identità di genere, in attuazione dei principi di eguaglianza e di pari dignità so ciale sanciti dalla Costituzione"

Le scuole, nel rispetto del piano triennale dell'offerta formativa di cui al comma 16 dell'articolo 1 della legge 13 luglio 2015, n. 107, e del patto educativo di corresponsabilità, nonché le altre amministrazioni pubbliche provvedono alle attività di cui al precedente periodo compatibilmente con le risorse disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica

L'articolo 8 e l’Ufficio antidiscriminazione: si stabilisce che oltre alle discriminazioni per motivi razziali si occupi anche di quelle dovute a comportamenti omofobi. Nell'ambito delle sue competenze "l'ufficio elabora con cadenza triennale una strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni per motivi legati all'orientamento sessuale e all'identità di genere"

La strategia reca la definizione degli obiettivi e l'individuazione di misure relative all'educazione e all'istruzione, al lavoro, alla sicurezza, anche con riferimento alla situazione carceraria, alla comunicazione e ai media

La strategia è elaborata nel quadro di una consultazione permanente delle amministrazioni locali, delle organizzazioni di categoria e delle associazioni impegnate nel contrasto delle discriminazioni fondate sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere e individua specifici interventi volti a prevenire e contrastare l'insorgere di fenomeni di violenza e discriminazione fondati sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere

L'articolo 9 e le case di accoglienza. La disposizione specifica (in base alle norme dell'articolo 604 bis del codice penale come riformulato nel ddl) chi può usufruire delle case accoglienza o dei centri contro le discriminazioni motivate da orientamento sessuale e identità di genere

L'articolo 10 affida il monitoraggio dell'attuazione delle norme all'Istat e prevede che: "l'Istituto nazionale di statistica, nell'ambito delle proprie risorse e competenze istituzionali, sentito l'Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori (OSCAD), assicura lo svolgimento di una rilevazione statistica con cadenza almeno triennale"

La rilevazione deve misurare anche le opinioni, le discriminazioni e la violenza subite e le caratteristiche dei soggetti più esposti al rischio, secondo i quesiti contenuti nell’Indagine sulle discriminazioni condotta dall'Istituto nazionale di statistica a partire dal 2011