Crisi, Renzi apre a governo istituzionale, no di Zingaretti

Politica

Il segretario dem frena sul possibile accordo con i 5S e ribadisce il suo invito all’unità interna. Intanto Renzi chiarisce: “Ok ad asse con tutti i partiti per mettere a posto i conti ma poi alle elezioni noi contro il M5S”. Divisioni nel partito sulla linea da seguire

GLI AGGIORNAMENTI

 

Il Pd è alle prese con un dilemma interno sulla linea da seguire nell'affrontare la crisi di governo aperta dalla Lega. Mentre l’ex presidente del Consiglio Matteo Renzi apre a un possibile accordo anche con il M5S per evitare il voto subito e dare il via a un “esecutivo istituzionale”, l’attuale segretario del Pd Nicola Zingaretti frena: “Ho ben chiara la minaccia dell'iniziativa di Salvini, addirittura per la tenuta della democrazia liberale, ma il sostegno a ipotesi pasticciate e deboli ci riproporrebbe ingigantito lo stesso problema tra poche settimane". Dalle colonne dell’Huffington post, il leader dem "con franchezza" dice quindi "no" a "una esperienza di governo Pd-M5s per affrontare la drammatica manovra di bilancio e poi magari dopo tornare alle elezioni", anche per il "timore che questo darebbe a Salvini uno spazio immenso" (GLI AGGIORNAMENTI - I POSSIBILI SCENARI SULL'IVA). Sulla soluzione alternativa alla corsa al voto in autunno, gli organismi dirigenti del Pd potrebbero essere chiamati presto a decidere. Ma intanto partono già le conte interne alle diversi correnti dem.

Zingaretti: “Per fortuna ci guiderà Mattarella”

“È forte dire nel nome della democrazia non facciamo votare? Ho anzi il timore che questo darebbe a Salvini uno spazio immenso di iniziativa politica tra i cittadini. Griderebbe lui allo scandalo. Daremmo a lui la rappresentanza del diritto dei cittadini di votare e decidere. Davvero allora i rischi plebiscitari sarebbero molto seri", aggiunge Zingaretti che dice di voler vedere “cosa accadrà nei prossimi giorni”: "Per fortuna nei passaggi ci guiderà la saggezza e l'autorevolezza del presidente Mattarella"  (LE DATE UTILI - GLI SCENARI DI VOTO).

L’appello all’unità

Poi, il leader dei democratici torna sul suo cavallo di battaglia: il bisogno di unità interna. "Dovremo discutere senza demonizzare idee diverse, senza accuse o invettive perché c'è e ci sarà bisogno del contributo di idee e di lavoro di tutte e di tutti. Se concordiamo sul pericolo Salvini il primo assoluto bene da preservare è l'obiettivo dell'unità", sottolinea il segretario del Pd. "Ma il primo passaggio per costruire l'unità è evitare di instillare veleno tra noi: non si dica chi sostiene queste idee è per far fuori qualcuno, perché ripeto gli avversari io li ho sempre considerati e li considero fuori di noi", aggiunge.

Renzi: “Dopo aver messo i conti a posto, noi al voto contro i 5S”

Nel frattempo, l’ex segretario Matteo Renzi ha chiarito la propria posizione in merito al possibile asse con i 5 stelle. "Dopo aver messo i conti a posto, si vada a votare e assicuro che noi e i Cinque Stelle staremo da due parti diverse", spiega, aggiungendo che "se ragionassi di pancia direi 'coi grillini nemmeno un caffè. Ma se si discute del futuro dell'Italia, dico a tutti i partiti di buona volontà: mettiamo a posto i conti e tagliamo i parlamentari". Il nome del governo dovrebbe essere "governo istituzionale" che è una cosa seria "non una cosa spiaggia del Papeete", ma "dopo il governo no tav e non tap" il nome dovrebbe essere "no tax".

Calenda: proposta Renzi è folle 

La linea auspicata da Renzi non è piaciuta all’ex ministro Pd Carlo Calenda: "E' folle quello che tratteggia, è un tentativo di prendere qualche mese in più, nel frattempo levare le castagne dal fuoco con un governo tecnico che dovrebbe fare una manovra lacrime e sangue, votandola assieme al Movimento 5 Stelle e a Forza Italia per avere infine Salvini al 60%”. Secondo Calenda, "Renzi vuol fare un partito e ha bisogno di mesi in più. Lo posso anche capire ma noi non possiamo stare appesi al Partito di Renzi che deve nascere".

Favorevoli e contrari alla linea di Renzi

L'idea di Renzi di un governo di transizione per andare al voto nel 2020 non trova sostegno netto fuori dall'ala renziana. Ma se si guarda allo schema più ampio di un tentativo di costruire su un programma definito una maggioranza che freni la corsa delle destre e faccia alcune cose che servono al Paese, a partire da una legge di bilancio salva-conti, i consensi sembrano ampi nel partito. C'è l'apertura di Dario Franceschini, di Graziano Delrio, il sì di Matteo Orfini (purché si concordi un programma che includa anche temi come la cancellazione dei decreti sicurezza di Salvini) ma anche di zingarettiani come Roberto Morassut, che dice no alla soluzione "asfittica e mortale" per il Pd di un "governo istituzionale", ma apre a un "governo istituzionale vero di risanamento e riforme non a tempo".

Le possibili prossime tappe del Pd

"Ci aspettano prove difficili. Quando il gioco si fa duro i duri smettono di litigare", è l'invito pacificatore di Paolo Gentiloni. Ma intanto è già partita la conta. Ettore Rosato lancia l'idea di una discussione e un voto dei gruppi parlamentari sulla linea. Lì la maggioranza è renziana: secondo alcuni calcoli sarebbero renziani tra i 35 e i 40 senatori su 63 e tra i 65 e i 70 deputati. Ma i parlamentari vicini a Zingaretti ribattono che la sede delle decisioni è in direzione, che dovrebbe essere convocata a breve, magari in concomitanza con le consultazioni.

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