La scadenza per approvare la legge di Bilancio per il 2020 è il 31 dicembre. Vista la crisi di Governo, chi scriverà la manovra? E cosa succederà all'Iva? I diversi scenari possibili e tutto quello che c'è da sapere sui temi economici più importanti
Quali sono le scadenze per la manovra?
La scadenza principale per approvare la legge di Bilancio per il 2020, ovviamente, è quella del 31 dicembre. I mesi autunnali sono però costellati di scadenze “domestiche” ed europee (aggiornamenti dei documenti di programmazione, presentazione della manovra in Parlamento, presentazione della struttura del bilancio 2020 a Bruxelles etc….). Sono date che non sempre sono state rigorosamente rispettate e che, in caso di elezioni, potrebbero essere oggetto di proroga. I diversi scenari dipendono soprattutto dalla data dell’eventuale scioglimento delle camere e delle nuove elezioni.
Chi scriverà la prossima manovra di bilancio?
Scenario 1: Conte “sfiduciato”
Se Conte viene sfiduciato, non si riesce a formare un altro governo e si sciolgono le camere, è possibile che l’attuale esecutivo resti in carica per portare il Paese alle elezioni e occuparsi del “disbrigo degli affari correnti”. Ma non avendo una vera maggioranza alle spalle, difficilmente potrà fare cose “difficili”, come trovare decine di miliardi, varare un robusto taglio di tasse o andare allo scontro con l’Europa per fare nuovo deficit.
Scenario 2: governo“tecnico-elettorale”.
Se Conte viene sfiduciato e non si trova una nuova maggioranza in Parlamento, le forze politiche potrebbero mettersi d’accordo per far nascere un governo formato da figure tecniche con il solo scopo di portare il Paese a votare. Lo scenario è lo stesso dell’ipotesi precedente: difficile immaginare una manovra di ampio respiro.
Scenario 3: un nuovo governo politico senza elezioni.
Numeri alla mano, un’ipotesi remota. Ma se si trovasse una nuova maggioranza in questo parlamento, potrebbe formarsi un governo “politico” e non si andrebbe a votare. Sarebbe questo governo (di cui oggi è impossibile immaginare un profilo) a fare la manovra.
Scenario 4: il nuovo governo dopo le elezioni
In linea teorica i tempi ci potrebbero essere. Se le Camere vengono sciolte ad agosto, si potrebbe votare a fine ottobre. Se dalle urne uscisse una maggioranza chiara e solida, si potrebbe avere un governo insediato già a dicembre. Resterebbe poche settimane per fare una manovra vera: trovare decine di miliardi, andare a un eventuale braccio di ferro con Bruxelles e gestire possibili turbolenze sui mercati. Uno scenario, come visto, con tanti “se”.
Scenario 5: nessuno.
Se non si riesce a fare una manovra, scatta il cosiddetto “esercizio provvisorio”. Vedi punto successivo.
Che cos’è l’esercizio provvisorio?
Se non si riesce a votare entro fine anno la legge di bilancio (cioè quella che dice come lo Stato deve incassare e spendere i soldi nel 2020) scatta una specie di “pilota automatico”. Ogni mese, a cominciare dal primo gennaio, lo Stato potrà spendere solo quanto ha speso mensilmente nell’anno precedente. In sostanza si “copia” il bilancio dell’anno prima.
Questo significa che non c’è spazio per fare nulla di nuovo. Niente blocco degli aumenti IVA, niente taglio delle tasse, niente misure per far riprendere l’economia etc…
L’esercizio provvisorio (di breve durata) era molto frequente nella “Prima Repubblica”. Negli ultimi decenni non è mai scattato, anche perché i tempi per l’approvazione della manovra sono ormai coordinati con gli altri paesi europei. Può durare al massimo 4 mesi, cioè fino al 30 aprile.
Quanti soldi servono per la prossima manovra?
Anche limitandosi al minimo indispensabile siamo nell’ordine dei 30 miliardi di Euro, quasi tutti a causa delle clausole IVA (vedi punto successivo). Soldi che in gran parte andrebbero trovati con tagli di spesa o nuove tasse. Questo perché l’alternativa (fare nuovo deficit, cioè chiedere altri soldi ai mercati) significherebbe violare impegni che il governo Conte ha già preso con Bruxelles anche per evitare la rischiosa procedura di infrazione.
Perché è così importante la questione dell’IVA?
Se non viene fatta una nuova legge, dal primo di gennaio l’IVA su gran parte dei prodotti che compriamo aumenterà sensibilmente, col rischio di rialzi dei prezzi di quasi il 3%. Un rincaro che costerebbe ogni anno centinaia di euro a tutte le famiglie italiane.
Questo aumento deriva dal fatto che (ormai da molti anni) i governi lo prevedono per far quadrare i conti, salvo poi farlo faticosamente slittare di 12 mesi con la manovra e rimandando ovviamente il problema all’anno successivo. Una specie di “gioco del cerino” che diventa ogni anno più difficile da gestire.
Per non far aumentare i prezzi servono 23 miliardi di Euro. Una cifra enorme (per dare un’idea: sono 400 euro per ogni italiano). Chiunque scriverà la prossima manovra, come già detto, dovrà trovarli abbassando altre spese o alzando altre tasse. Una cosa difficilissima, anche perché saremo in piena campagna elettorale e nessun partito vorrà essere responsabile di misure di austerity. La tentazione, come ogni anno, sarà quella di trovare i soldi facendo deficit, spostando un’altra volta il problema e scontrandosi con l’Europa. Ma anche questo sarà difficile senza una vera maggioranza.
E se i 23 miliardi non si trovano?
C’è chi ipotizza di bloccare l’IVA solo per qualche mese: basterebbero meno soldi e si lascerebbe a chi vince le elezioni il compito di risolvere definitivamente il problema all’inizio del 2020.
Non è necessario attendere di scrivere l’intera manovra: si potrebbe varare un decreto d’urgenza ad hoc.
Sempre in linea teorica si potrebbe far l’aumentare l’IVA, ma “solo un po’”. Ci sarebbero rincari per i consumatori, ma meno pronunciati. Il conto per lo Stato sarebbe ben inferiore ai 23 miliardi. È un’ipotesi che trova sostenitori tra gli economisti (tra cui, in passato, lo stesso Tria) ma che nessun partito appoggia. Chi vorrebbe annunciare un aumento dei prezzi in campagna elettorale?
Fare come negli anni passati (spostando in avanti l’aumento grazie soprattutto al deficit) come detto significa andare al braccio di ferro con Bruxelles (ipotizzabile solo con un governo “vero”).
In ogni caso, quindi, un problema di difficile soluzione.
E lo spread?
Come già accaduto in passato, i mercati possono imporre scadenze e urgenze più stringenti di quelle del calendario istituzionale o di Bruxelles.
Questo perché l’Italia, a causa dell’enorme debito pubblico che ha accumulato, deve ricorrere ai mercati per farsi prestare ogni mese decine di miliardi. Forti aumenti dei tassi di interesse (causati da speculazione o semplice sfiducia degli investitori internazionali) possono rendere difficile o molto costosa questa operazione ed incidere sull’agenda politica. Situazioni prolungate di tensione, di solito simboleggiate dall’aumento dello spread, possono avvitarsi fino a diventare ingestibili: effetti sul sistema bancario, rischio di fuga dei capitali, condizioni politicamente “indigeste” per richiedere l’aiuto Europeo etc…
È evidentemente uno scenario estremo e ad oggi improbabile.