Gli hashtag contro il Colle sono stati rilanciati da oltre 300 utenti “anomali”. Lo rivela un report che SkyTG24 ha potuto consultare. “Esiste – si legge – una rete in grado di manipolare eventi politici e sociali”. AGGIORNAMENTI
C'è una rete di oltre 300 account sospetti che, su Twitter, ha amplificato e diffuso nei giorni scorsi messaggi contro il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. A rivelarlo è lo studio di due informatici, Danny di Stefano e Andrea Stroppa, secondo cui la manipolazione sarebbe partita dall'Italia ma non avrebbe alcun legame con i partiti politici. Quattro pagine divise in quattro punti in cui si dice esplicitamente che “esiste una rete in grado di manipolare eventi politici e sociali, con capacità di potere amplificare fenomeni e farli diventare virali” (AGGIORNAMENTI).
Gli insulti al presidente della Repubblica
“La novità rispetto agli altri network – spiega Stroppa a Sky TG24 – è che questa volta gli account prendono di mira il Capo dello Stato, con possibili conseguenze penali”. È inoltre legittimo pensare, spiega il documento, che “molti altri account apparentemente normali siano invece parte di un network organizzato, ma in quel caso dimostrarlo partendo dalle analisi dei dati è molto difficile”. Difficoltà con cui si dovrà confrontare la procura di Palermo che ha aperto un'inchiesta, che nulla ha a che vedere con il report, per risalire agli autori delle minacce e degli insulti rivolti a Sergio Mattarella sui social network.
Come agiscono gli account sospetti
La ricerca dei due informatici si è concentrata sulle ore più calde della crisi dei giorni scorsi, cioè nel momento in cui Giuseppe Conte ha rimesso il mandato nelle mani del presidente della Repubblica. In quel momento su Twitter sono comparsi tre hashtag #mattarelladimettiti, #impeachment e #impeachmentmattarella, rilanciati – tra gli altri – anche da account sospetti. Gli autori del report non parlano esplicitamente di “bot” perché sarebbe difficile dimostrare con certezza che dietro un profilo Twitter ci sia un algoritmo. Hanno però seguito il comportamento di account che avevano determinate caratteristiche comuni: ad esempio gli argomenti trattati, il numero di followers e delle persone seguite e la composizione del nickname. Un identikit ben preciso che ha permesso di disegnare un network, protagonista di “un'azione coordinata di digital propaganda”. In che modo? Gli account presi in considerazione hanno rilanciato gli hashtag generando retweet, “mi piace” e risposte ai messaggi.
Il megafono degli insulti
Gli account sospetti avrebbero insomma agito come un megafono per rilanciare i messaggi contro il Capo dello Stato: come “un subnetwork”, lo definisce Stroppa, che opera a supporto di profili più popolari, rendendoli ancora più visibili. Lo scopo? Inquinare il dibattito politico. Gli stessi autori del report segnalano infatti anche la presenza di reti dedicate ai messaggi pro-Euro e di segno politico opposto a quello di Lega e Movimento 5 Stelle. E del resto, attività simili hanno già contraddistinto le ultime campagne elettorali in altri Paesi prima di fare il loro debutto anche in Italia. Secondo uno studio della Fondazione Bruno Kessler, pubblicato da Sky TG24, nelle settimane che hanno preceduto le elezioni del 4 marzo, oltre 26 mila bot hanno generato un volume di circa 200 mila messaggi su Twitter su un totale di 1 milione di contenuti condivisi. Più o meno 1 tweet su 5. Numeri che, c'è da scommetterci, in futuro sono destinati ad aumentare.