Monti, Pdl diviso: spunta l'ipotesi appoggio esterno

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Il neosenatore esordisce in Aula per il voto sul maxiemendamento alla legge di stabilità. Ma si pensa al futuro governo. Berlusconi convoca i leader del partito nella notte e non esclude un suo candidato: "Dini? Ne abbiamo parlato"

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Dopo l'esordio in Aula da senatore a vita (IL VIDEO) già domenica 13 novembre Mario Monti potrebbe ricevere l'incarico di formare un nuovo governo. Ma il Pdl resta spaccato sull'appoggio a un eventuale esecutivo tecnico. Nella notte tra giovedì 10 e venerdì 11 Berlusconi ha incontrato i suoi senatori, poi ha tenuto un vertice del partito a Palazzo Grazioli. Il premier uscente è disposto a sostenere Monti, ma ritiene che il Pdl debba avere voce in capitolo su programma e ministri. Fortemente critici sono alcuni esponenti del partito, soprattutto gli ex An. Contrari, nonostante la base dei partito non sia compatta, sono anche Lega e Idv. Favorevoli Pd, Terzo Polo e Sel, con Nichi Vendola pronto ad aderire solo a determinate condizioni. Mentre Pier Luigi Bersani intervistato dalla trasmissione Mattino 5 lancia un appello ad Antonio Di Pietro perché riveda la sua posizione sull'ipotesi Monti (IL VIDEO).

Berlusconi: "Dini? Ne abbiamo parlato" -
Il presidente del Consiglio, in una lunga riunione con i suoi senatori, ostenta serenità ma anche determinazione. Parla di necessaria compattezza nelle scelte del partito per il bene del paese. Ricorda anche che il "passo indietro" è stato fatto per mettere al riparo il paese dall'offensiva della speculazione. Ma accarezza, e più di una volta, anche l'idea di trasformare quel passo indietro in un "passo di lato". "Dini? Ne abbiamo parlato". Poche parole consegnate ai taccuini dei giornalisti che, pronunciate all'uscita da Palazzo Madama, sembrano sparigliare le carte sul tavolo delle trattative azzerando le certezze che ormai tutti i commentatori ripongono sulla nascita-lampo dell'esecutivo Monti.
Un nome, quello del senatore del Pdl, che a sorpresa riempirà le cronache politiche delle prossime 48 ore. Fino a quando, cioè, l'ufficio di presidenza del Popolo della Libertà non deciderà quale rotta tracciare prima delle consultazioni. Ma intanto Dini si presenta come il nome del centrodestra da proporre al Capo dello Stato.

Il premier alza la posta -
Tra i senatori, ma anche tra i dirigenti del Pdl, c'è la convinzione che quella dell'ex direttore generale di Bankitalia non sia una vera e propria candidatura, anche perché "deve essere tutto il partito a decidere cosa fare", ammette lo stesso Berlusconi. Di certo, però, è la carta a sorpresa che il premier - chiedendo una riflessione - pone all'attenzione del Colle e dell'opposizione per alzare la posta sul piatto della trattativa della formazione (e composizione) del prossimo Governo.
I senatori del Pdl, del resto, intervenuti a più riprese nel dibattito, erano in massima parte propensi a bocciare l'idea del voto anticipato, arrivando anche ad accarezzare l'idea lanciata da Gaetano Quagliariello di un appoggio esterno ad un eventuale governo tecnico a guida Monti. Forse anche per questo Berlusconi avrebbe avanzato l'ipotesi di un nuovo governo di centrodestra "casomai con un nuovo ministro dell'Economia" da presentare a Giorgio Napolitano.

Berlusconi: costretti al governo tecnico dai mercati -
E man mano che la riunione procedeva, quella che prima è nato come uno spunto di riflessione si è poi trasformata in una vera e propria proposta "su cui pensare". "Non dobbiamo farci condizionare o dettare le condizioni dagli altri ma pensare che anche noi possiamo indicare un nostro candidato durante le consultazioni", avrebbe detto il Cavaliere.
Per Berlusconi, comunque, le elezioni sarebbero "la scelta più limpida" ma "'la speculazione dei mercati'' spinge per un altro tipo di soluzione, come un nuovo governo. "La scelta - spiega ai senatori - spetta al partito", addirittura "se necessario convocando la direzione nazionale del partito".

Reguzzoni: "Berlusconi ripensaci" -
Intanto sui giornali di venerdì 11 dalla Lega arriva un appello. Marco Reguzzoni, capogruppo del Carroccio alla Camera, dice in un'intervista a La Stampa: "Berlusconi ripensaci: è un ribaltone. Non consegni il Paese ai tecnici, a chi non avuto il consenso degli elettori per governare". Sulle stesse posizioni il ministro delle Infrastrutture, Altero Matteoli, che come molti ex An all'interno del Pdl vorrebbe andare al voto: "Per tre anni abbiamo litigato senza tregua con il Pd e le altre opposizioni" su tutto. E "ora andiamo al governo assieme? Gli italiani non capirebbero...", dice in un'intervista al Corriere della Sera.

Alemanno: ok ai tecnici ma senza ambizioni politiche -
Il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, spiega invece al Messaggero che un nuovo esecutivo è possibile ma senza esponenti politici: ""Ministri e sottosegretari siano tecnici", spiega. E aggiunge: "chi farà parte" del nascente esecutivo "non potrà essere sospettato di avere successive ambizioni politiche".

Vendola: "Riforme, poi subito al voto" -
Sul fronte opposto Nichi Vendola ribadisce l'apertura ad un governo tecnico che duri poche settimane e abbia precisi obiettivi. "Ci viene detto - dice il leader di Sel in un'intervista a  la Repubblica - che urge fare una manovra per dare una risposta all'Europa e al mondo. Noi diciamo va bene, si faccia in un tempo ristretto un intervento di riforma della struttura della ricchezza, si facciano scelte drastiche in termini di tassazione patrimoniale e  tassazione delle rendite, si abbattano tutte le spese militari. Poi però si vada subito al voto".
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