Sono due gli workshop artistici avviati in questi giorni dalle artiste di GAP nelle carceri di Palermo; il primo, con Stefania Galegati, già da una settimana impegna 5 dottorandi dell’Università di Palermo e 12 detenute per il progetto relazionale intitolato “Pagliarelli University. La scuola dei saperi”; il secondo, con Matilde Cassani, da lunedì coinvolge 12 dottorandi internazionali e 13 detenuti impegnati in una trasformazione visiva dello spazio carcerario
Entra nel vivo il progetto GAP “Graffiti Art in Prison” del Sistema Museale dell’Università di Palermo, in partenariato con il Kunsthistorische Institut in Florenz Max-Planck-Institut, il Dems dell'Università degli Studi di Palermo, l’Università di Saragozza e l’Accademia di Arte e Design Abadir di Catania. Il progetto è finanziato nell’ambito del programma europeo Erasmus+ col patrocinio del Ministero della Giustizia (Dipartimento Amministrazione Penitenziaria) e del Ministero della Cultura.
Il progetto
Sono due gli workshop artistici avviati in questi giorni dalle artiste di GAP nelle carceri di Palermo; il primo, con Stefania Galegati, già da una settimana impegna 5 dottorandi dell’Università di Palermo e 12 detenute per il progetto relazionale intitolato “Pagliarelli University. La scuola dei saperi”; il secondo, con Matilde Cassani, da lunedì coinvolge 12 dottorandi internazionali e 13 detenuti impegnati in una trasformazione visiva dello spazio carcerario dal titolo “Operazione Grigi Cortili” all’interno del carcere dell’Ucciardone.
Domani e venerdì sono inoltre previste due passeggiate nel centro storico, il primo sul tema della street art e dei graffiti a cura della professoressa Cinzia Garofalo di Unipa, il secondo tra fotografia ed architettura, condotto dall’artista Giovanna Silva, che realizzerà anche le fotografie delle detenute.
Le parole delle artiste
Matilde Cassani spiega il senso del suo lavoro all’interno di una delle aree di passeggio del carcere: “Per un detenuto il luogo dove avviene la pausa è fondamentale, seppure i cortili hanno un aspetto scarno sono spazi dove avviene la socialità. Qui sono tredici i detenuti che utilizzano colori e altri materiali per ridisegnare lo spazio e le sedute. Inizieremo a discutere con i dottorandi su come rivivere e trasformare lo spazio, poi inizieremo a lavorare e speriamo che la comunicazione, rimanga come un segno vivo tra i soggetti che coinvolgiamo tra queste mura”.
Spiega Stefania Galegati: “Mi muovo su diversi piani per otto incontri, per realizzare un laboratorio pratico che ho definito una scuola di saperi, un lavoro di gruppo dove le destinatarie sono le detenute stesse ed i dottorandi conivolti, a turno ciascono insegna qualcosa agli altri, e produrremo così anche un video. Condivisione e pedagogia radicale sono le direttrici del mio lavoro e il mio personale obiettivo è quello di fornire gli strumenti a chi è detenuto per istruirsi a vicenda anche in futuro. Realizzeremo inoltre una scritta a terra nel cortile del Pagliarelli, una striscia bianca nel cortile dell’ora d’aria, come ho già fatto altrove, con scritte in bianco che raccontano storie emblematiche, frammenti di vita che emergeranno in questi laboratori, pensieri che escono fuori”.