Calcio, Catania: arrestato l’aggressore dell'ad Lo Monaco: è un ultrà degli 'Irriducibili'

Sicilia
Pietro Lo Monaco (Getty Images)

Secondo la ricostruzione della polizia di Stato, "il grave episodio si inscrive in una serie di fatti" finalizzati al "chiaro scopo di ottenere con la violenza che l'amministratore delegato abbandoni la gestione della società sportiva" 

E’ stato arrestato ieri l’uomo che, mercoledì scorso, ha aggredito l'amministratore delegato del Calcio Catania, Pietro Lo Monaco, che recentemente si è dimesso dal ruolo di direttore generale. Si tratta di un leader degli "Irriducibili" della Curva Sud del Catania, R. P., 54enne pregiudicato. L’aggressione era avvenuta mentre l’ad si trovava su un traghetto in servizio sullo Stretto di Messina, diretto a Potenza per seguire la gara valida per gli ottavi di finale della Coppa Italia di serie C. L'uomo, posto ai domiciliari, secondo gli investigatori è legato a un clan mafioso di Catania.

L'aggressione  

L'aggressore si trovava a bordo del traghetto partito da Messina in direzione Villa San Giovanni Nord. Dal filmato del sistema di video-ripresa installato sul traghetto, si vedeva chiaramente l'uomo mentre, dopo essersi avvicinato al bancone del bar dove Lo Monaco stava facendo colazione, gli sferrava uno schiaffo facendogli volare via gli occhiali e colpendolo una seconda volta alla presenza di altre persone.

Il passato dell'aggressore e i presunti legami con il clan di Catania

L'uomo, secondo gli inquirenti è uno dei membri della famiglia dei 'Ceusa' (Gelsi), clan attivo soprattutto nel rione Picanello di Catania, anche se non è mai stato indagato per associazione mafiosa, ma accusato e processato per usura aggravata. Il suo nome è finito in una relazione annuale delle Commissione parlamentare Antimafia. Un caso eclatante fu la richiesta di un 'contributo per le spesi legali' di alcune migliaia di euro fatta all'allora capitano del Catania, Marco Biagianti, il 54enne fu condannato in primo grado a 4 anni e 4 mesi, ma è stato poi assolto in appello “perché il fatto non sussiste” insieme al presunto complice. Il calciatore ha sempre negato l'estorsione e non si è costituito parte civile nel processo. Nel 2016 R. P. è stato arrestato nell'ambito dell'operazione 'Nero Infinito' per usura nei confronti di un produttore cinematografico. Accusati con lui, tra gli altri, anche la madre, S. V., e il capo del clan dei 'Carcagnusi', indagato per estorsione. Madre e figlio sono stati condannati a conclusione del processo col rito abbreviato a 5 anni di reclusione. In secondo grado la pena è stata ridotta a 2 anni e 8 mesi per la donna e a 4 anni e 4 mesi per R. P., che il 5 ottobre scorso ha lasciato gli arresti domiciliari per fine pena e ha comprato la tessera del tifoso per potere andare a seguire il Catania allo stadio.  

La ricostruzione della polizia

Secondo la ricostruzione della polizia di Stato, "il grave episodio si inscrive in una serie di fatti" finalizzati al "chiaro scopo di ottenere con la violenza che l'amministratore delegato abbandoni la gestione della società sportiva". Da qualche tempo l'ultrà aveva assunto un atteggiamento di aperta ostilità nei confronti di Lo Monaco: cori ingiuriosi nei confronti dell'ad erano stati intonati in occasione delle partite e altre offese erano comparse sui muri, insieme a striscioni offensivi installati in numerosi punti della città. Sono in corso accertamenti per l'individuazione delle altre persone presenti al momento dell'aggressione e nei loro confronti scatterà il Daspo e sarà proposta l'irrogazione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza.

L'arresto

L’arresto è stato eseguito dalla squadra tifosi della Digos catanese, in collaborazione con la Questura di Reggio Calabria, grazie alla cosiddetta "flagranza differita" prevista per reati commessi a causa di manifestazioni sportive: è stato reso possibile grazie alla normativa speciale che consente l'adozione del provvedimento pre-cautelare, in presenza di determinati presupposti (ripresa video-fotografica, individuazione del soggetto responsabile, esigenze di ordine pubblico), entro le 48 ore dal compimento del fatto. 

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