Il Tycoon chiude il suo mandato con un netto calo di popolarità, anche sulla piattaforma cinese con cui dall'estate aveva imbastito una battaglia legale per renderla "più americana". Sarà l'amministrazione Biden a prendere il testimone, e tutte le ipotesi sono ancora sul tavolo
Alla fine TikTok ha "cancellato Trump" prima che Trump potesse chiuderlo. Dopo l'assalto al Congresso di Washington, mentre i diversi social network bloccavano gli account del presidente Usa, anche la piattaforma cinese - dove il tycoon non ha un user personale - ha agito, censurando i suoi speech bollinati per "incitamento alla violenza" e limitando i contenuti pubblicati con hashtag a rischio estremismo, come #patriotparty e #stormthecapital (assalta la Capitale).
Su TikTok la retromarcia repubblicana dopo il 6 gennaio
Ma in maniera indiretta la censura nei confronti del presidente Usa era già cominciata: sono stati gli utenti, spesso proprio i supporter di Trump, a limitarsi nei contenuti o a cancellare post collegabili al 6 gennaio. Se la popolarità del presidente repubblicano su TikTok era sempre stata altissima - ironicamente, considerando la battaglia da lui avviata per la chiusura del social negli Usa - dopo l'assalto al Congresso alcune tra le principali pagine repubblicane hanno pubblicato video con prese di distanza, altre si sono silenziate.
L'incerto futuro della piattaforma durante la presidenza Biden
Per quanto riguarda il futuro della piattaforma negli Usa, la trattativa per l'acquisizione americana si è arenata. TikTok può quindi leccarsi le ferite: Donald Trump sarà il primo tra i due a uscire di scena. Ma non è il caso di tirare un sospiro di sollievo, perché la posizione di Joe Biden sul tema (LO SPECIALE SULL'INSEDIAMENTO) non è ancora chiara, anzi; durante la campagna elettorale il presidente eletto ha proibito al suo staff di utilizzarlo per dubbi sulla sicurezza. E verosimilmente, scrive il New York Times, le trattative per rendere la piattaforma più americana andranno avanti. Sarà certamente una prova sull'orientamento del neopresidente nei confronti della Cina e delle aziende tech straniere.