Introduzione
Il 17 novembre, all’età di 89 anni, sono morte Alice ed Ellen Kessler, tra le coppie artistiche più celebri del panorama europeo del dopoguerra. Secondo i media tedeschi le gemelle avrebbero fatto ricorso al suicidio assistito, una pratica che a determinate condizioni è ammessa in Germania. Ecco quali sono le norme a Berlino e qual è, invece, la situazione in Italia
Quello che devi sapere
In Germania il suicidio assistito depenalizzato dal 2020
In Germania il suicidio assistito è stato depenalizzato nel 2020, per determinate circostanze, dalla Corte Costituzionale che ha dichiarato incostituzionale una norma che lo proibiva. La sentenza in questione stabiliva che deve esserci "margine sufficiente affinché un individuo possa esercitare il proprio diritto a una morte autodeterminata" e decidere quindi di "porre fine alla propria vita secondo i propri termini". Allo stesso tempo, la Corte Costituzionale ha specificato che nessuno può essere obbligato a favorire un suicidio assistito, e lascia al Parlamento la facoltà di introdurre una legislazione per regolarlo, al momento assente a differenza di altri Paesi come Svizzera, e Nuova Zelanda o alcuni stati degli Usa.
Per approfondire:
Su Insider - Ada, affetta da Sla: "L'ok all'eutanasia in Italia vuol dire serenità"
Cosa deve fare chi vuole ricorrere al suicidio assistito in Germania
Come spiega la Bild, il suicidio assistito, in Germania, non è automaticamente consentito: chi intende ricorrervi deve dimostrare di:
- "agire responsabilmente e di propria spontanea volontà",
- essere maggiorenne
- avere riconosciuta la propria capacità giuridica.
Inoltre, chi assiste il richiedente non può eseguire personalmente l'atto, perché ciò sarebbe da considerare una pratica di "eutanasia attiva", che invece è vietata.
I numeri in Germania
Secondo i dati di Dghs (Deutsche gesellschaft für humanes sterben), una delle più grandi associazioni tedesche per i diritti civili e la tutela dei pazienti, nel 2024 in Germania circa 10.300 decessi sono riconducibili al suicidio. Il suicidio assistito ha rappresentato circa 1.000-1.200 di questi casi.
Da Eluana Englaro a Dj Fabo, i casi italiani
Il tema del "fine vita", in Italia, è sempre stato divisivo. E non c'è ancora una legge. Nel 1992 il Paese si spaccò sul caso di Eluana Englaro, coinvolta in un incidente che la lasciò in uno stato vegetativo permanente. Il padre vinse la battaglia dopo 17 anni e 15 sentenze, prima di arrivare alla sua morte, avvenuta a Udine il 9 febbraio del 2009. Grazie però al suo caso, nel 2017, ci fu la norma che regola le Dat, ovvero le disposizioni anticipate di trattamento, ottenute anche dopo la battaglia di Piergiorgio Welby per non subire l'accanimento terapeutico.
Un’altra battaglia importantissima sul tema è stata quella di Dj Fabo - rimasto tetraplegico in seguito a un incidente stradale - e che decise di morire con il suicidio assistito in una clinica svizzera, il 27 febbraio del 2017. Il suo caso, grazie anche al costante impegno di Marco Cappato, ha portato alla sentenza numero 242 del 2019, della Corte costituzionale che ha ritenuto non punibile ai sensi dell’articolo 580 del codice penale, a determinate condizioni, chi agevola "l’esecuzione del proposito di suicidio" di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile.
La sentenza ha legalizzato l'accesso alla procedura, ma solo a precise condizioni di salute delle persone. La Consulta ha disposto che la persona malata che vuole accedere al suicidio assistito deve essere in possesso di determinati requisiti:
- capace di autodeterminarsi
- affetta da patologia irreversibile fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che la persona reputa intollerabili
- dipendente da trattamenti di sostegno vitale
Come funziona la procedura
La domanda, che deve essere inviata alla propria Asl, viene valutata da una commissione medica multidisciplinare che deve accertare il caso e indicare il farmaco e la modalità di somministrazione. Poi il fascicolo viene inviato al comitato etico territorialmente competente che formulerà un parere non vincolante. Una volta conclusa la procedura di verifica, il richiedente potrà decidere se e quando accedere al suicidio medicalmente assistito.
A che punto siamo oggi
Nel 2021 una proposta di legge sul fine vita ha ricevuto il primo via libera dall'Aula della Camera, mai poi non ha avuto seguito in Senato. Ora si aspetta che la maggioranza ne presenti una nuova, come deciso in una riunione qualche mese fa a Palazzo Chigi con Giorgia Meloni. Ma le posizioni tra i partiti continuano a essere ancora distanti. "C'è allo studio un testo del Parlamento e quindi credo che il Parlamento debba esprimersi su questo argomento così delicato”, ha detto il ministro della Salute Orazio Schillaci.
I casi di Toscana e Sardegna
Va poi ricordato che, a livello regionale, nel febbraio 2025 la Toscana è stata la prima regione a dire sì a una legge sul fine vita, definita in base alla sentenza della Corte Costituzionale del 2019 e promossa dall'Associazione Luca Coscioni. Sono stati stabiliti limiti temporali e di spesa entro i quali il servizio sanitario deve rispondere all’istanza del malato. La Sardegna è stata la seconda regione, approvando una legge nel settembre 2025 che prevede l'assistenza sanitaria gratuita per chi, affetto da patologia irreversibile e dipendente da trattamenti vitali, sceglie autonomamente di accedere al suicidio medicalmente assistito.
I dati
Fino ad oggi sono 16 le persone che hanno ricevuto il via libera per l'accesso al suicidio assistito in Italia: 12 lo hanno effettivamente realizzato, due hanno ricevuto l'ok ma hanno deciso di non procedere e due sono in attesa. Negli ultimi 12 mesi sono arrivate 16.035 richieste di informazioni sul fine vita tramite il Numero Bianco coordinato dalla compagna di Dj Fabo Valeria Imbrogno e le e-mail dirette all'Associazione Luca Coscioni. Si tratta di una media di 44 richieste al giorno, con un aumento del 14% in confronto ai 12 mesi precedenti.
Per approfondire:
Fine vita, la Sardegna approva la legge sul suicidio assistito