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Cosa può succedere dopo l’attacco di Israele all’Iran? Gli scenari in Medio Oriente

Mondo
©Ansa

Introduzione

L’attacco condotto da Israele nella notte fra venerdì e sabato contro l’Iran potrebbe aver scongiurato l’ipotesi di una guerra totale. O almeno è quello che ritengono la maggior parte degli analisti, secondo cui la portata contenuta dell’azione - che non ha colpito strutture strategiche, petrolifere o nucleari - rientrerebbe nella strategia della risposta "forte ma non abbastanza forte da obbligare Teheran a rispondere per non sembrare debole".

 

Inoltre l’Iran ha pubblicamente minimizzato l'effetto dei raid e non ha immediatamente promesso una grave rappresaglia, ribadendo semplicemente il proprio diritto a farlo attraverso le parole del ministro degli Esteri iraniano, Abbas Araghchi: "Penso che abbiamo dimostrato che non ci sono limiti alla nostra determinazione nel difenderci". Allo stesso tempo però Teheran si dichiara "consapevole delle sue responsabilità per la pace e la sicurezza a livello regionale".

Quello che devi sapere

Gli attacchi accettabili

  • Secondo alcuni analisti citati dal New York Times, "l'attacco non ha immediatamente provocato un minaccia di ritorsione da parte dell'Iran, allentando i timori di un conflitto incontrollabile". "Gli attacchi della guerra ombra sono entrati a pieno titolo in un conflitto aperto, anche se per ora si tratta di un conflitto gestito - ha spiegato Ellie Geranmayeh, esperta dell'Iran dello European Council of Foreign Relations - Teheran può accettare questi attacchi contro le strutture militari, senza reagire in modo tale da invitare ulteriori azioni israeliane"

Per approfondire:

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Il dilemma

  • Per il New York Times però non si può dire del tutto esaurito il dilemma di Teheran: se dovesse reagire rischierebbe un'ulteriore escalation in un momento in cui la sua economia è in difficoltà, i suoi alleati stanno vacillando, la sua vulnerabilità militare è evidente ed è in gioco la successione alla leadership. Se non lo facesse, potrebbe apparire debole agli occhi degli alleati e ai 'falchi' più aggressivi e potenti in patria

Su Insider:

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I rischi di un contrattacco per l’Iran

  • "L’attacco israeliano all’Iran è stato duro ma per capire cosa farà Teheran dopo questi raid è essenziale valutare come è stato recepito internamente e la natura del suo impatto - dice Luigi Toninelli di ISPI MENA Centre - Tre elementi ci suggeriscono che la volontà della Repubblica islamica inizialmente fosse quella di minimizzare l’accaduto: stamattina la tv di stato ha proseguito con la sua consueta programmazione, in molti sui social media hanno ridicolizzato la portata dei raid israeliani e vertici dell’establishment hanno lodato l’operato della contraerea iraniana". Inoltre, aggiunge l’esperto, "un contrattacco iraniano potrebbe avere due effetti: se fosse contenuto metterebbe in ridicolo le capacità militari del Paese, se fosse su larga scala scatenerebbe una guerra: uno scenario che l’Iran cerca di evitare da oltre quarant’anni. Teheran si trova nella scomoda posizione in cui ogni mossa può rivelarsi azzardata. Complicata dal fatto che in questa fase anche restare fermi può risultare controproducente"

Per approfondire:

Le reazioni internazionali dopo l'attacco di Israele all'Iran

I rapporti internazionali

  • Anche secondo una fonte iraniana - citata da Sky News Arabia - Teheran è pronta a considerare l’episodio concluso dato che la portata dell’attacco non è tale da richiedere una vendetta, e l’avrebbe già comunicato all’avversario. Peraltro, spiega Euronews, l’Iran sa di non poter affrontare militarmente Israele ed è consapevole che alleati come Hezbollah sono al momento fortemente indeboliti. E sul piatto c’è anche il fatto che una guerra totale potrebbe ripercuotersi sulla partecipazione al sistema di pagamenti pianificato da Cina e Russia che permetterebbe a Teheran - accolta nei Brics all’ultimo vertice di Kazan - di aggirare le sanzioni occidentali

I sostenitori della linea dura

  • Il fronte politico in Iran tuttavia non è compatto e le pressioni arrivano anche da lì. Se il governo ha sminuito la portata dell'attacco israeliano ai suoi siti militari, i sostenitori della linea dura in Parlamento hanno insistito sul fatto che i raid hanno violato le linee rosse iraniane e hanno chiesto una risposta rapida. Amir-Hossein Sabeti, parlamentare ultraconservatore, ha dichiarato su X che "una sicurezza stabile dipende dall'autorità e da una forte risposta al più piccolo errore del nemico. Sebbene la montagna degli israeliani abbia dato alla luce un topolino, le violazioni delle linee rosse dell'Iran devono essere affrontate a un livello che li sorprenderà", precisando che "il momento migliore per rispondere" a Israele "è proprio mentre è impegnato in una guerra di logoramento a Gaza e a Beirut". Hesamoddin Ashena, consigliere dell'ex presidente iraniano Hassan Rouhani, ha affermato che Israele "ha giocato con la coda del leone", sottolineando che il suo Paese "non è la Palestina, né il Libano, né l'Iraq, né l'Afghanistan. Questo è l'Iran"

Il punto di vista degli analisti regionali

  • Tuttavia per gli analisti regionali questo non sarà l'ultimo round di guerra diretta tra Israele e Iran, la tensione è destinata a rimanere alta e il Medio Oriente rimarrà a lungo nel ciclo della violenza. Gli stessi commentatori sottolineano però - come i colleghi - come il botta e risposta tra Stato ebraico e Repubblica islamica abbia per ora scongiurato un allargamento del conflitto all'area del Golfo, strategica per le risorse energetiche e i commerci globali. Dalle colonne del quotidiano libanese an Nahar, Monnalisa Freiha sottolinea i rischi dell'operazione di Israele, che avrebbe potuto trascinare la regione in una guerra ancora più ampia. "È stata invece una manovra calcolata per evitare violente rappresaglie" da parte dell'Iran. Teheran, afferma l'editorialista libanese, ha così una via d'uscita dopo l'innalzamento della tensione nelle ultime settimane. Tuttavia, afferma Freiha, il conflitto tra Iran e Israele è destinato a proseguire anche perché lo scontro è diventato sempre più aperto e diretto. "Non c'è nulla di garantito" per il futuro. Dal canto suo, Amir Makhoul, commentatore palestinese per Middle East Eye, portale di approfondimento e notizie finanziato dal Qatar, afferma che Israele è preparata per "una guerra a lungo termine". La sua analisi si basa, tra l'altro, sulla lettura delle stime di bilancio riferite nei giorni scorsi dalla Banca centrale israeliana. "C'è un significativo aumento di spesa militare per il 2024 e il 2025. Queste stime - afferma Makhoul - si basano sul presupposto che le guerre di Israele in Medio Oriente saranno prolungate e si estenderanno almeno fino al primo trimestre del 2025". Al di là dei fronti di Gaza e del Libano, aggiunge l'analista palestinese, "l'obiettivo primario di Israele è l'Iran". E in questo senso il conflitto tra le due potenze della regione è destinato a continuare

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