Caso Regeni, la tutor di Cambridge: “Non concessa alcuna borsa di studio completa”

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Lo ha confermato Maha Abdelrahman, tutor del ricercatore morto in Egitto nel 2016 e docente della prestigiosa università britannica, testimone, nell'ambito del processo, che si sta svolgendo a Roma. Imputati, davanti alla Corte d'Assise capitolina, quattro 007 egiziani

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"L'università di Cambridge aveva concesso in parte un finanziamento a Giulio Regeni, ma non una borsa di studio completa". Lo ha confermato Maha Abdelrahman, docente della prestigiosa università britannica, testimone, in collegamento audio e assistita da un traduttore, nel processo, che si sta svolgendo a Roma, legato alla morte di Regeni, avvenuta in Egitto nel 2016. Imputati, davanti alla Corte d'Assise capitolina, quattro 007 egiziani. Si tratta di Usham Helmi, il generale Sabir Tariq e i colonnelli Athar Kamel Mohamed Ibrahim e Magdi Ibrahim Abdelal Sharif, accusati del reato di sequestro di persona pluriaggravato.

La Fondazione Antipode

Abdelrahman, tutor di Regeni nel periodo in cui il giovane ricercatore era al Cairo, ha anche sottolineato di non avere "mai ricevuto o subito pressioni da parte del governo egiziano per non deporre” al pari dei propri familiari. “Giulio non ha mai avuto rapporti con le autorità inglesi e l'università di Cambridge gli aveva dato in parte un finanziamento, ma non una borsa di studio completa. Lui era una persona intelligente, maturo e autonomo", ha confermato ancora la docente. "Fornivo consiglio ai miei studenti sui finanziamenti e le borse di studio, ma non sapevo che Giulio avesse contattato questa fondazione" Antipode, ha spiegato la donna. La fondazione era stata citata nell’ambito delle indagini ed era emerso che Regeni "non ha richiesto né ricevuto" fondi dalla stessa per le sue ricerche in Egitto. Lo scriveva la stessa Fondazione inglese nel 2018. Secondo alcuni media italiani, la tutor di Regeni avrebbe suggerito al ricercatore di chiedere 10mila sterline alla Fondazione per la sua tesi di dottorato sul sindacato degli ambulanti del Cairo. L'ipotetica disponibilità della somma avrebbe attirato l'interesse del capo dell'organizzazione, Mohamed Abdallah, che poi denunciò Regeni all'intelligence egiziana, di cui era un informatore. "Nonostante i nostri migliori sforzi per chiarire e fornire piena cooperazione agli investigatori - scriveva Andrew Kent, Editorial Office Manager di Antipode -, ci sono stati alcuni resoconti ingannevoli sui mezzi di informazione riguardanti il rapporto tra Regeni e Antipode".

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Lo shock per la morte del ricercatore

"Ho inviato i link sull’opportunità di finanziamento a studenti – ha raccontato ancora Abdelrahman -, ma non ricordo di averlo mandato direttamente" a Regeni. "Ero in contatto con il capo del dipartimento di Sociologia e ho raccomandato altri supervisori: abbiamo parlato con Giulio" di una tutor sul territorio egiziano "e io ho detto che era una buona idea", è emerso dalle sue parole. Aggiungendo che "Regeni non mi ha mai espresso preoccupazione per essere seguito da questa tutor" considerata un'attivista. "Il lavoro di ricerca di Regeni doveva arrivare a marzo a Cambridge: non ho ricevuto dunque nessuno scritto da parte sua", ha poi concluso la professoressa. La donna, tra l’altro, ha sostenuto di aver saputo della scomparsa del ricercatore friulano "via mail il 26 gennaio del 2016". "C'erano diverse accuse sulla stampa egiziana su di me: si diceva che ero una spia, un membro della fratellanza musulmana", ha detto durante il processo. “Quando ho saputo della morte sono rimasta devastata e traumatizzata. Dopo la vicenda di Regeni non sono più tornata in Egitto anche per questioni di sicurezza”, ha aggiunto.

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