Caso Regeni, l'ex ambasciatore Massari: "Sul corpo evidenti segni di torture"

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Il testimone, nel corso del processo, ha ricostruito i giorni della sparizione e del ritrovamento del cadavere del ricercatore italiano

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"Mi recai personalmente nell'obitorio dove era tenuto il corpo di Giulio. Erano evidenti segni di torture, dei colpi ricevuti su tutto il corpo con ematomi e segni di fratture e tagli". Questo il racconto di Maurizio Massari, ex ambasciatore italiano al Cairo, ascoltato in qualità di testimone nel processo davanti alla Corte d'Assise di Roma a carico di quattro 007 egiziani per la morte del ricercatore italiano Giulio Regeni.

La testimonianza

Nel corso del processo, Maurizio Massari, attuale ambasciatore Italiano presso le Nazioni Unite e al Cairo fino all'aprile del 2016, ha ricostruito i giorni della sparizione di Giulio Regeni e il ritrovamento del suo cadavere. “La prima volta che mi venne fatto il nome di Regeni fu la notte del 25 gennaio del 2016, ha raccontato Massari, “ricordo di avere ricevuto intorno alle 23.30 una telefonata di un professore italiano che mi disse di non avere più notizie di lui da alcune ore e che non si era presentato ad un appuntamento che avevano quella sera e il cellulare risultava spento. Immediatamente avvisai il capocentro dell'Aise in ambasciata che si attivò con i suoi contatti alle quali, però, non risultava alcuna notizia su Regeni".

Dopo che la notizia della sparizione di Regeni era diventata ufficiale, il 2 febbraio l'ambasciatore venne ricevuto dal ministro degli Interni egiziano. "Non avemmo alcuna notizia sulle sorti di Giulio ma il ministro fece dei riferimenti alle videocamere della metropolitana del Cairo dalle quali non risultava alcun passaggio di Giulio la sera del 25 gennaio". La notizia del ritrovamento del corpo gli fu comunicata il giorno seguente dal viceministro degli esteri egiziano. "Ricordo poi che ho ricevuto alcuni messaggi dalla tutor di Regeni presso l'università americana al Cairo. Fu lei a dirimi dove si trovava il corpo, mi consigliò di recarmi lì e di insistere affinché l'autopsia non venisse effettuata in Egitto", ha spiegato il diplomatico.

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