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Diario da Mosca, l’affluenza in crescita e il rebus del dissenso

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Gianluca Ales

Gianluca Ales

©Getty

Nel secondo giorno delle presidenziali in Russia, il numero dei votanti ha superato la soglia del 50%, così l'obiettivo del 70% con l’85% dei consensi sembra davvero vicino per il Cremlino. Resta però l’incognita del dissenso, che le autorità individuano in circa il 20%. Giro di vite verso le manifestazioni, con pene fino a 8 anni

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Messa in sicurezza per la manifestazione del 18 marzo. La spiegazione della presenza di tanti militari e di macchine della polizia a Piazza Bolshoi ha un senso. Lunedì, il giorno dopo la chiusura delle urne, si celebrerà il ritorno “al porto materno” della Crimea e di Sebastopoli. Così come recita il cartellone che campeggia sulla Piazza Rossa (GUERRA RUSSIA-UCRAINA, SEGUI GLI AGGIORNAMENTI IN DIRETTA).

Una stretta sulla sicurezza

Perché sì, certo, l’esito delle elezioni vene dato per scontato, e proprio per questo Vladimir Putin non festeggerà in modo ufficiale la sua vittoria. La festa del 18 sarà invece l’occasione per celebrare la presidenza Putin in assoluto, una sorta di investitura popolare senza l’intermediazione del voto.
Però così tante divise in giro non si erano ancora viste, i responsabili dei servizi non si erano mai avvicinati alla nostra troupe per chiedere i documenti. I visi impassibili nascosti dai passamontagna, si sono limitati a scrutare i permessi e le foto. Pochi istanti, poi un breve cenno. Ed ecco che quella piazza, le strade limitrofe al Cremlino assumono un’atmosfera leggermente diversa rispetto ai giorni precedenti, così tranquilla, quasi sonnacchiosa. Certo, di fronte al Bolshoi ci sono ancora tanti bambini che giocano, le bimbe soprattutto che si alzano sulle punte dei piedi per imitare le leggendarie etoile del più famoso teatro della danza classica.

I sabotaggi lontani da Mosca

Forse a cambiare lo sguardo ci sono le notizie che vengono da fuori Mosca, soprattutto da San Pietroburgo, dove sono stati segnalati attacchi ai seggi. Una molotov, il sabotaggio con l’inchiostro di alcune schede. E poi le autorità, che hanno precisato di non tollerare alcuna manifestazione in questa tornata elettorale. Di aver aggravato la pena per chi si macchia del reato di turbativa delle elezioni: fino a 8 anni di prigione. Insomma, un giro di vite che fa percepire una sottile tensione. Secondo Jan Rachinsky, presidente di Memorial, l’ONG per i diritti umani che ha vinto il Nobel per la Pace nel 2022, si tratta invece di un segno di debolezza.

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Lo raggiungiamo nella sede ufficiale, che dovrebbe essere chiusa per una decisone del tribunale di Mosca, con l’accusa di essere un “agente straniero”. Rachinsky però ci avverte che la ONG, nata per fare luce sui crimini di Stalin e poi passata a difendere i diritti civili in Russia e nei Paesi confinanti, continua la sua attività. “Ma sì – ci spiega in una sala illuminata da un insolito sole primaverile – quando i regimi reprimono vuol dire che hanno paura del dissenso. Se non ne hai, sei forte, altrimenti…” Che poi bisogna pure capire che cosa si intenda per dissenso. Secondo il Cremlino è un fenomeno riconducile a una stretta minoranza, secondo Rachinsky no. E i sabotaggi avvenuti a San Pietroburgo, come il lancio di una molotov contro un seggio, il tentativo di rendere inutilizzabili le schede elettorali, oltre a un numero non identificato di altre azioni meno clamorose, sono solo la punta dell’iceberg. “Anche il Cremlino ammette che il 20% della popolazione non condivide la politica attuale”.

 

 

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Il rebus del dissenso

Certo, poi è difficile interpretare le cifre. Secondo la commissione elettorale l’affluenza, l’unico barometro valido per misurare il consenso per Putin, ha segnato risultati straordinari, soprattutto nelle “nuove province russe”. L’obiettivo del 70% di affluenza e 85% dei consensi, insomma, sembra a portata di mano. Nonostante ciò, le autorità hanno ribadito il “no” ad ogni manifestazione durante le elezioni. L’ultima forma di protesta è rendere omaggio alla salma di Navalny, morto proprio un mese fa. In un flusso ininterrotto la gente si reca a rendergli omaggio fino al cimitero di Borisovskoye, 25 chilometri a sud di Mosca. La lapide di Navalny è sorvegliata quotidianamente dalla madre Lyudmyla, che riceve fiori e condoglianze da amici e sconosciuti giunti fin lì per portare un mazzo di garofani. Così tanti, alla fine, da essere una catasta attorno alla toma. Tra i tanti Arcady, che ci parla dopo aver discusso con la moglie. “Sono italiani!”, dice, a mo’ di spiegazione per la sua disponibilità. “Sono qui per rendere omaggio a un martire”, ci dice, “e spero che tutti vadano alle urne per votare contro Putin”. Quanti siano gli oppositori, però resta un rebus. E secondo Rachinsky non saranno certo le elezioni a risolverlo. “Sono truccate da sempre”, commenta amaro.

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