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Rafah, perché si rischia catastrofe umanitaria in caso di attacco. FOTO SATELLITARI

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Raffaele Mastrolonardo

Raffaele Mastrolonardo

Dall’inizio dell’azione militare israeliana nella città e nell’omonimo governatorato della Striscia si sono radunati centinaia di migliaia di sfollati. L’esodo nelle immagini dal satellite

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Lo ha detto anche il ministro degli esteri tedesco Annalena Baerbock: “Un'offensiva dell'esercito israeliano su Rafah sarebbe un disastro umanitario annunciato”. Concetto analogo lo ha espresso il ministero degli Esteri dell’Arabia Saudita parlando di “conseguenze estremamente pericolose”, chiedendo anche una riunione urgente del Consiglio di sicurezza dell’Onu per evitare “un'imminente catastrofica crisi umanitaria”. 

 

GAZA PRIMA E DOPO: LE IMMAGINI DELLA DEVASTAZIONE


Le ragioni della preoccupazione sono chiare. Dall’inizio dell’azione militare israeliana, condotta in reazione agli attentati di Hamas del 7 ottobre scorso, centinaia di migliaia di abitanti della Striscia si sono spostati nel Sud della regione e proprio a Rafah, che si trova al confine con l’Egitto. Secondo le Nazioni Unite, citate dal quotidiano americano New York Times, oggi l’area rappresenta l’estremo rifugio di “1,4 milioni di persone affamate e disperate, la maggior parte sfollate da altre zone di Gaza”.

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Queste masse hanno abbandonato le proprie abitazioni - migliaia delle quali non esistono più o sono state severamente danneggiate - e si trovano ora stipate in condizioni di fortuna. La dimensione dell’esodo è visibile, fra le altre cose, grazie alle immagini scattate dall’azienda di servizi satellitari Planet Labs che mostrano la moltiplicazione di tendopoli e di campi di assistenza nella regione dopo l'inizio dell’offensiva militare israeliana. 

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Come rivelano le foto, svariate aree di Rafah e dintorni, prima scarsamente popolate o in certi casi dedicate all’agricoltura, sono state progressivamente occupate da persone sfollate.

 

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Le immagini scattate dai satelliti mostrano il riempimento di intere porzioni di territorio.  Queste centinaia di migliaia di persone dipendono ora dall'assistenza del personale delle Nazioni Unite. 

 

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L’azione militare di Israele, secondo le autorità della Striscia di Gaza, ha provocato finora oltre 28mila morti. Secondo le autorità israeliane, gli attacchi del 7 ottobre scorso hanno ucciso circa 1.200 israeliani. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha definito Rafah “una delle ultime roccaforti rimaste ad Hamas”. 

 

L’estensione delle operazioni militari alla città e ai dintorni, sempre più densamente popolati, rischia di aumentare ulteriormente il numero di vittime. Sia direttamente, a causa dei bombardamenti, sia indirettammente peggiorando quello che, dicono le Nazioni Unite,  “è già un incubo umanitario”.

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