Indi Gregory, i medici hanno staccato le macchine che tengono in vita la piccola

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Ieri sono state avviate le procedure per il distacco dei macchinari di sostegno vitale per la bambina, nata con una gravissima malattia. La piccola è stata portata in un hospice ed è ancora in vita. Lo stop alle macchine prevede una procedura per accompagnare gradualmente Indi alla morte, che potrebbe avvenire in poche ore come in qualche giorno, in base a come risponderà il suo organismo. Per lei e la sua famiglia ha pregato anche il Papa

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Dopo la lunga battaglia legale e politica, a cavallo fra Regno Unito e Italia, il destino della piccola Indi Gregory è stato deciso. A mettere un punto definitivo sul fine vita della bimba inglese di 8 mesi, affetta da una patologia mitocondriale gravissima, decretata come terminale dai medici del Queen's Medical Centre di Nottingham e dai giudici britannici, è stato effettuato ieri il distacco dai principali dispositivi vitali, più volte annunciato e rinviato. Distacco eseguito alla fine sotto scorta di polizia in un hospice locale, come imposto dalle corti del Regno alla famiglia, a partire dall'interruzione della ventilazione assistita e dall'aggancio a strumenti alternativi che dovrebbero garantire alla piccola di non soffrire, mentre le verranno somministrati i famaci palliativi incaricati d'accompagnarla "gradualmente" verso la morte.

Cosa succederà

Inutile è stata la strenua opposizione dei genitori, Dean Gregory e Claire Staniforth. Toghe e camici bianchi d'Oltremanica hanno deciso per quella indicata come la soluzione meno crudele e dolorosa possibile, per quanto tragica, da adottare "nel miglior interesse" della sfortunata bebè. Un epilogo che resta sospeso fino a quando il cuore di Indi smetterà di battere. Potrebbero volerci poche ore come alcuni giorni. Per Alfie Evans, al centro di una vicenda quasi identica nel 2018, ci vollero 5 giornate intere. In un tweet l'avvocato Simone Pillon, del team legale della famiglia Gregory, ieri sera ha scritto: che Indi Gregory "per il momento è sopravvissuta all'estubazione e respira con la mascherina. Il protocollo prevede che la fornitura di ossigeno sia a tempo determinato. Prevede anche la sospensione delle cure e il divieto di rianimazione in caso di crisi”.

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Le polemiche

Il caso ha sollevato polemiche, dubbi di coscienza, recriminazioni incrociate tra Italia e Uk. Dal fronte italiano a farsi sentire restano gli attivisti che hanno hanno appoggiato e promosso strenuamente la battaglia della famiglia - assieme a un team di avvocati e ad associazioni pro life cristiane inglesi - in favore di un prolungamento dell'assistenza e poi dell'opzione del trasferimento al Bambino Gesù messa disposizione un paio di settimane fa dall'ospedale pediatrico romano come in altre situazioni analoghe precedenti. Ma pure esponenti della maggioranza di Giorgia Meloni, impegnatasi personalmente negli ultimi giorni per assicurare la concessione lampo della cittadinanza italiana a Indi (come fatto invano 5 anni fa anche per Alfie) e tentare poi tutta una serie di passi successivi. Fino all'appello senza precedenti al ministro della Giustizia della governo Tory di Rishi Sunak, Alex Chalk, a "sensibilizzare" la magistratura per provare a indurla a cedere la giurisdizione sul dossier all'Italia, sulla base d'un'interpretazione ampia della Convenzione dell'Aia del '96 in materia di cooperazione giudiziaria internazionale.

La scelta dei giudici

Interpretazione che i tre giudici della Corte d'Appello di Londra, protagonisti del verdetto di ultima istanza. hanno rigettato in toni perentori. Da un lato liquidando "la tattica legale" dei Gregory come frutto di "una manipolazione" degli attivisti; dall'altro denunciando - nel dispositivo del giudice relatore Peter Jackson - "l'intervento delle autorità italiane" alla stregua di "un fraintendimento totale dello spirito della Convenzione dell'Aia". E in ogni modo avallando "le forti evidenze" a sostegno della prognosi dei medici di Nottingham, legata a un'assenza ormai definitiva di "interazioni" da parte di Indi e ai segnali di una sua "significativa sofferenza" causata dai trattamenti "invasivi". Parole che i genitori della bambina hanno continuato a contestare sino in fondo, dicendosi "disgustati" e bollando il no al loro estremo ricorso come "un ultimo calcio sui denti". E che secondo Jacopo Coghe, di Pro Vita & Famiglia onlus, celerebbero in realtà "parametri sulla dignità della vita totalmente eutanasici". Papa Francesco ha scelto di offrire in queste ore "vicinanza e preghiere a Indi, alla sua mamma e al suo papà".

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