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Israele, polemiche sul figlio di Netanyahu. Ecco chi è Yair

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©Ansa

Il 32enne sta ricevendo molte critiche dai connazionali perché, mentre migliaia di riservisti dell'esercito israeliano sono già tornati dall'estero per rispondere alla mobilitazione ordinata nello Stato ebraico a causa della guerra con Hamas, lui si trova ancora negli Stati Uniti. E non è la prima volta che finisce al centro di controversie

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Con la situazione sul campo in costante evoluzione, abbiamo deciso di raccogliere qui alcune informazioni che permettano di farsi un'idea del contesto più ampio attraverso mappe, schede e approfondimenti.

Yair Netanyahu, figlio ed erede del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, è finito al centro delle polemiche. Mentre migliaia di riservisti dell'esercito sono già tornati dall'estero per rispondere alla mobilitazione ordinata nello Stato ebraico a causa della guerra con Hamas, infatti, il 32enne si troverebbe ancora negli Stati Uniti. È imboscato a Miami a fare "la bella vita", è l’accusa. In Israele se ne parla già da giorni, ma ora la polemica è rimbalzata anche sui media internazionali (GUERRA ISRAELE-HAMAS: TUTTI GLI AGGIORNAMENTI LIVE - LO SPECIALE).

In Florida da aprile

Secondo quanto è emerso, Yair Netanyahu è stato spedito in Florida dai genitori lo scorso aprile. Con le sue dichiarazioni incendiarie, infatti, nei mesi scorsi aveva contribuito ad alimentare la protesta di tanti israeliani contro il governo guidato dal padre. Da allora, il 32enne ha quasi fatto perdere le sue tracce. Di fatto, dicono gli esperti, è stato messo a tacere dalla famiglia e sottratto alle denunce per diffamazione che aveva ricevuto. Già in passato, comunque, era stato al centro di controversie di ogni genere: sia per le sue sparate politico-ideologiche improntate agli slogan della destra nazionalista più estrema, sia per le bravate di un'esistenza privata da privilegiato in cui non si è fatto mancare nulla, tra flirt con modelle scandinave e incursioni intercettate dai paparazzi in qualche strip club.

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La guerra a Gaza

A inizio ottobre, dopo l’esplosione del conflitto a Gaza, l'attenzione è tornata a concentrarsi su di lui. A Yair Netanyahu, infatti, viene rimproverato di aver abbandonato il Paese nel momento del bisogno, in barba a tutta la retorica nazional-messianica di certi suoi post del passato. Il giovane, hanno ricordato gli accusatori, nei mesi scorsi non ha esitato a bollare alla stregua di “terroristi” i compatrioti scesi in piazza contro suo padre, ma ora è rimasto al di là dell'Oceano nonostante la "dichiarazione di guerra al terrorismo di Hamas". Un comportamento che molti suoi coetanei, compagni d'arme sparsi in giro per il mondo e tornati in Israele, non riescono proprio a mandar giù. Tanto meno in un Paese in cui la leva militare obbligatoria, religiosi ortodossi a parte, è di tre anni per i ragazzi e di due per le ragazze. Un Paese, tra l’altro, che i Netanyahu delle generazioni precedenti hanno servito in divisa nelle forze speciali d'elite del Sayeret Matkal. Per fare un esempio: il fratello maggiore del premier Benjamin, Yonathan detto Yoni, è considerato un eroe ed è morto a 29 anni, mentre era alla testa del commando durante il leggendario blitz per la liberazione degli ostaggi del volo El Al dirottato nel 1976 a Entebbe, in Uganda.

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Le accuse a Yair Netanyahu

Yair Netanyahu, quindi, per ora è rimasto in Florida. Una delle sue ultime apparizioni risale al 17 ottobre, quando a Fort Lauderdale ha partecipato a un evento di raccolta di aiuti alle famiglie ebraiche colpite dagli attacchi di Hamas e ai soldati: un’apparizione che non è bastata a placare le polemiche. Soprattutto se messa a confronto con le tante storie di connazionali rientrati in fretta e furia, qualcuno anche dal viaggio di nozze, per rispondere alla "chiamata della patria". "Yair si gode la vita a Miami Beach mentre io sono al fronte", ha commentato al Times un volontario della riserva dislocato al confine col Libano per tenere a bada gli Hezbollah. "Tanti di noi hanno lasciato il lavoro, le famiglie, i figli per tornare nella nostra nazione a proteggere la nostra gente. E non siamo noi ad avere la responsabilità di quanto è accaduto", ha detto un altro connazionale, ripreso dalla stampa britannica, recriminando indirettamente contro le colpe e le negligenze rinfacciate da moltissimi israeliani al governo di Benjamin Netanyahu o agli apparati dello Stato dopo il 7 ottobre. "Questo – ha aggiunto riferendosi all’assenza di Yair – non è certo qualcosa che aiuterà a ricostruire la fiducia nella leadership del Paese".

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