Iran, morta 16enne Armita Geravand: era stata picchiata in metro perché non portava velo

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La ragazza iraniana era finita in coma 28 giorni fa: era stata aggredita da una guardia della metropolitana di Teheran perché si era tolta il velo e aveva sbattuto la testa durante la lite. Il governo di Teheran – temendo un nuovo caso Mahsa Amini - aveva cercato di negare questa versione, sostenendo invece che aveva avuto un calo di pressione. Ma i video mostrano l’aggressione

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È morta Armita Geravand. La ragazza iraniana di 16 anni era finita in coma 28 giorni fa, dopo essere stata picchiata dalla sorveglianza della metropolitana di Teheran durante un diverbio perché non indossava il velo. La giovane si trovava nel reparto di terapia intensiva dell'ospedale Fajr della capitale iraniana.

In coma per 28 giorni

La 16enne era in coma dall'1 ottobre. Era stata ricoverata dopo aver subito un trauma cranico nella metropolitana di Teheran. La ragazza era stata aggredita da una guardia perché si era tolta il velo e aveva sbattuto la testa durante la lite. Il suo caso aveva subito suscitato indignazione. Il governo di Teheran aveva quindi cercato di negare questa versione, sostenendo invece che Armita Geravand ha sbattuto la testa dopo essere svenuta a causa di un calo di pressione. Ma i video nella metropolitana mostrano l’aggressione. Anche alcuni testimoni presenti nella metropolitana di Teheran, intervistati dal Guardian, avevano raccontato che la polizia morale aveva colpito con violenza la ragazza. I funzionari iraniani hanno continuato a negare qualsiasi contatto fisico. Nelle interviste pubblicate dai media statali, i genitori e i compagni di classe sarebbero stati costretti a ripetere la versione ufficiale dell'incidente. Le forze dell'ordine, poi, hanno pubblicato sulla Tv di Stato spezzoni dei video delle videocamere della metropolitana, in cui si vedeva che Geravand entrava nella stazione e poi nel vagone, dal quale poco dopo il suo corpo veniva portato fuori dai suoi amici. Gli attivisti hanno protestato, sottolineando che il video era stato "tagliato" dalle autorità.

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Il regime teme nuove proteste

Lo scorso 23 ottobre il padre di Armita Geravand aveva annunciato la morte cerebrale della ragazza. “Il cervello di Armita in questo momento non funziona e non c'è speranza per la sua guarigione”, aveva scritto sui social. Alla madre della giovane, Shahin Ahmadi, il 5 ottobre era stato impedito di entrare all'ospedale Fajr di Teheran per vedere la figlia e, dopo le sue proteste, la donna era stata trattenuta in custodia. Nei giorni successivi le forze di sicurezza avevano permesso ai genitori di visitare la figlia, ma solo poche volte. I medici già nelle scorse settimane avevano informato la famiglia di Armita Geravand che le sue condizioni erano disperate. Si era anche diffusa la notizia che il regime dell'ayatollah Ali Khamenei stesse spingendo per tenere in vita la ragazza. La ragione è da ricercare nella paura che, con la morte della ragazza, il fiume umano di persone possa tornare a manifestare come già successo durante le proteste di piazza scoppiate dopo la morte di Mahsa “Jina” Amini, la 22enne curda arrestata dalla polizia morale del Paese perché indossava male l'hijab e morta dopo le percosse subite nel centro di reclusione. Come la 16enne, anche Mahsa Amini era stata ricoverata in ospedale: è morta tre giorni dopo, diventando la miccia che ha fatto scoppiare la rabbia del movimento che dal settembre 2022 ha sfilato in strada al grido di “Donna, vita libertà”.

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