Udi Razzin, cittadino israeliano che vive a Tel Aviv, è parente di un 30enne che è stato ucciso nell’attacco al festival di musica elettronica nei pressi del Kibbutz di Reim. Intervistato da Sky TG24, racconta: “Queste persone sono andate a un rave e sono state massacrate. Sono giorni davvero difficili. Ogni persona che conosco ha qualcuno che è stato ucciso, rapito o è disperso”. Ma non perde la speranza: “Gli esempi di convivenza ci sono. Credo che l’unico modo per risolvere il conflitto sia costruire relazioni”
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“La convivenza tra israeliani e palestinesi è possibile”. Ne è sicuro Udi Razzin, cittadino israeliano che vive a Tel Aviv. Ha un figlio di 7 anni e un parente di 30 che è stato ucciso da Hamas nell’attacco al festival di musica elettronica nei pressi del Kibbutz di Reim. Intervistato da Sky TG24, Razzin racconta: “Conosco personalmente molte persone della Cisgiordania, che entrano in Israele per lavoro. Ci sono anche persone di Gaza che vengono qui per lavoro. Gli esempi di convivenza ci sono. Succedono sempre meno per l’innalzamento delle misure di sicurezza, ma esistono. Sono possibili” (GUERRA HAMAS-ISRAELE, TUTTI GLI AGGIORNAMENTI - LO SPECIALE).
“Ogni persona che conosco ha qualcuno che è stato ucciso, rapito o è disperso”
Di questi giorni di guerra, dopo l’attacco di Hamas da Gaza e la risposta di Israele, Udi Razzin dice: “La situazione è davvero molto tesa, siamo costantemente sotto attacco. Ogni persona che conosco ha qualcuno che è stato ucciso, rapito o è ancora disperso. Stiamo affrontando giorni davvero difficili”. Poi parla del suo lutto: “Nell'attacco al rave party ho perso un parente che aveva solo 30 anni e tutta la vita davanti. L'unica cosa che ha fatto è stata partecipare a un rave venerdì sera, solo per fare festa e divertirsi con il suo migliore amico. Purtroppo, nessuno dei due ce l'ha fatta. Sono serviti due giorni per capirlo, perché all’inizio erano stati dati per dispersi. Solo ieri il suo corpo è stato identificato e io e tutta la famiglia abbiamo avuto conferma della morte. Non c’è solo questa storia, ci sono centinaia di storie come questa. Sono persone reali, persone come me e te. Noi cerchiamo di vivere un normale stile di vita occidentale. Il che significa lavorare sodo, passare il weekend insieme, viaggiare, vedere amici. Questa è la nostra vita. E invece, queste persone sono andate a un rave party e sono state massacrate”.
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“L’unica soluzione è costruire relazioni”
Udi Razzin riconosce le difficoltà dei palestinesi, ma crede ancora che la convivenza sia possibile. “Qui – dice – nessuno cerca di negare la realtà: sappiamo che chi vive a Gaza ha una vita difficile. Sappiamo che la situazione è molto difficile per i civili palestinesi. Sappiamo che la situazione è lontana dall’essere perfetta. Sappiamo che ci troviamo davanti a un conflitto senza fine. Lo capiamo. Ma io credo che l’unico modo per risolverlo sia quello di costruire relazioni. Ed è molto brutto che ora la speranza di poter stabilire qualche forma di relazione (tra Israele e Cisgiordania) si sia allontanata per molto tempo. Ci vorrà molto tempo per guarire, molto tempo”. Poi conclude con un pensiero al figlio di 7 anni: “L’unica cosa che posso fare è insegnare a mio figlio a non odiare. E mi auguro che i leader politici, di ambo le parti, facciano la stessa cosa. Così forse potremmo sognare la pace”.