Il Papa rientra dalla Mongolia: "La cultura russa non va cancellata per motivi politici"

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Sul volo di ritorno dalla Mongolia il Santo Padre si è intrattenuto coi giornalisti ritornando sulla polemica dopo le parole rivolte ai giovani cattolici russi: "La Grande Russia? Parlavo in senso culturale"

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"La cultura russa è di una bellezza, di una profondità molto bella e non va cancellata per problemi politici". Con queste parole, pronunciate sul volo di ritorno dalla Mongolia, Papa Francesco ha chiuso la polemica dopo il suo discorso sulla Grande Russia. Il volo partito dall'aeroporto di Ulan Bator che ha riportato in Italia Papa Francesco dopo il viaggio in Mongolia è atterrato nel pomeriggio. Si è concluso così il 43esimo viaggio apostolico internazionale del pontefice.

La cerimonia di congedo

Prima del decollo si è svolta la cerimonia di congedo. Papa Francesco è stato accolto dal ministro degli Esteri nella Vip Lounge per un breve colloquio. Al termine, prima di imbarcarsi, il Papa ha salutato il seguito locale e la delegazione mongola. Stamattina, prima di lasciare la Prefettura Apostolica, il Pontefice ha incontrato l'ex presidente della Mongolia, Nambar Enkhabayar, con cui si è intrattenuto in una cordiale conversazione.

Tra Russia e Cina

Sul volo che lo ha portato in Italia il Pontefice si è concesso ai cronisti affrontando svariati temi, tra cui il rapporto con Russia e Cina, anche rispetto al paese mongolo appena visitato. "I rapporti con la Cina sono molto rispettosi, personalmente ho una grande ammirazione - ha detto Bergoglio -, per la nomina dei vescovi c'è una commissione che lavora, cinese e col Vaticano, da tempo c'è dialogo. Poi ci sono tanti preti cattolici o intellettuali cattolici che sono invitati da Università cinesi per insegnare lì. Credo che dobbiamo andare più avanti sul senso religioso, per capirci di più. E i cattolici cinesi non pensino che la Chiesa dipende da una potenza straniera È una strada amichevole - ha ribadito -. Sta facendo bene la commissione presieduta dal cardinale Parolin, fanno un buon lavoro, anche da parte cinese. I rapporti sono così, in cammino". "Non sarà stato felice, parlando della 'grande Russia', non in senso geografico bensì culturale, ma mi è venuto in mente quello che mi hanno insegnato a scuola: Pietro I, Caterina II...". Così durante il volo di ritorno dalla Mongolia, il Papa ha risposto alle polemiche sulle sue frasi sulla "grande madre Russia". "Che forse non è proprio giusto - ha ammesso -, che gli storici ci dicano, ma è sta un'aggiunta che mi è venuta in mente. Ma quello che volevo comunicare è di farsi carico della propria eredità. Alla fine del dialogo, io ho mandato un messaggio ai giovani russi, un messaggio che ripeto sempre: di farsi carico della loro eredità. Una cosa che dico dappertutto, come quando invito al dialogo tra nonni e nipote. E questo è stato il messaggio. Secondo passo: esplicitare l'eredità della 'Grande Russia', e pensate che significa nel campo delle lettere, nel campo della musica, fino ad arrivare a Dostoevskij, ci vuole un umanesimo maturo. E farsi carico di questo, che si è sviluppato nell'arte, nella letteratura. Questo è perché ho parlato dell'eredità. Io parlavo della cultura, e la trasmissione della cultura mai è imperiale, è sempre dialogare, e parlavo di questo. È vero che ci sono imperialismi che vogliono imporre ideologie. Quando la cultura viene distillata e diventa ideologia, questo è veleno e ciò avviene anche nella Chiesa". Poi riferendosi direttamente al popolo mongolo: "Voi avete una cosa molto interessante e mi permetto di chiamarla 'la mistica del terzo vicino' che vi fa andare avanti. Pensare che Ulan Bator è la capitale di un Paese più lontano dal mare. E possiamo dire che la vostra terra è tra due grandi potenze, la Russia e la Cina", ha sottolineato. "E per questo - ha osservato il Pontefice - la vostra mistica è cercare di dialogare con i terzi vicini. Non per spregio agli altri due, perché avete buoni rapporti con ambedue".

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"Progresso delle Nazioni non si misura su armi e ricchezza ma su salute, educazione e crescita"

"Il vero progresso delle Nazioni non si misura sulla ricchezza economica e tanto meno su quanto investono nell'illusoria potenza degli armamenti, ma sulla capacità di provvedere alla salute, all'educazione e alla crescita integrale della gente", ha detto Papa Francesco incontrando gli operatori della carità alla Casa della Misericordia di Ulan Bator durante l'ultimo appuntamento pubblico del suo viaggio in Mongolia. "Vorrei dunque incoraggiare tutti i cittadini mongoli, noti per la loro magnanimità e capacità di abnegazione, a impegnarsi nel volontariato, mettendosi a disposizione degli altri", ha aggiunto il Pontefice. "È poi un fatto che, anche nelle società altamente tecnologizzate e con un alto standard di vita, il sistema della previdenza sociale da solo non basta a erogare tutti i servizi ai cittadini, se in aggiunta non ci sono schiere di volontari e volontarie che impegnano tempo, capacità e risorse per amore dell'altro", ha osservato. Durante l'incontro Francesco ha espresso il suo compiacimento per il nome della struttura 'Casa della Misericordia'. "In queste sue parole - ha detto - c'è la definizione della Chiesa, chiamata a essere dimora accogliente dove tutti possono sperimentare un amore superiore, che smuove e commuove il cuore: l'amore tenero e provvidente del Padre, che ci vuole fratelli e sorelle nella sua casa. Auspico allora che possiate trovarvi tutti attorno a questa realizzazione, che le varie comunità missionarie vi partecipino attivamente, impegnando personale e risorse".

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"Non è necessario essere ricchi per fare del bene"

Il Papa ha poi voluto sfatare alcuni "miti". In primo luogo, "quello per cui solo le persone benestanti possono impegnarsi nel volontariato. La realta' dice il contrario: non è necessario essere ricchi per fare del bene, anzi quasi sempre sono le persone comuni a dedicare tempo, conoscenze e cuore per occuparsi degli altri". Un secondo mito da sfatare è "quello per cui la Chiesa cattolica, che nel mondo si distingue per il grande impegno in opere di promozione sociale, fa tutto questo per proselitismo - ha proseguito - come se occuparsi dell'altro fosse una forma di convincimento per attirare 'dalla propria parte'. No, i cristiani riconoscono chi e' nel bisogno e fanno il possibile per alleviarne le sofferenze perché lì vedono Gesù, il Figlio di Dio, e in Lui la dignità di ogni persona, chiamata a essere figlio o figlia di Dio". 

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