Il governo di destra di Benjamin Netanyahu ha approvato l'inizio della riforma giudiziaria e la protesta è esplosa a Gerusalemme e in altre città. Lapid: "Vogliono fare a pezzi lo Stato, la democrazia, la sicurezza, l'unità del popolo di Israele e le nostre relazioni internazionali". Usa: "I cambiamenti principali in democrazia per poter durare devono avere il più ampio consenso possibile. È un peccato che il voto di oggi sia passato con una maggioranza minima"
Il governo di destra di Benjamin Netanyahu, alla guida di Israele, ha approvato l'inizio della riforma giudiziaria e la protesta è esplosa a Gerusalemme e nel resto del Paese. Israele ha vissuto, sia per chi sostiene le nuove norme sia per chi vi si oppone, una giornata storica i cui effetti non sembrano destinati ad esaurirsi in breve. Nei tempi previsti prima della pausa estiva, l'esecutivo di Netanyahu ha incassato una vittoria iniziale per una riforma che sta spaccando sempre di più il Paese, mentre l'opposizione in protesta ha abbandonato l'aula al momento della votazione dopo il fallimento di tutti i tentativi di mediazione. I favorevoli al provvedimento sono stati 64 su 120 (l'attuale maggioranza parlamentare), zero quelli contrari e gli astenuti. Con un testo di 5 righe, è stata spazzata via la "clausola di ragionevolezza", la possibilità - in un Paese che non ha una Costituzione ma solo Leggi fondamentali - che garantiva alla Corte Suprema di invalidare atti istituzionali giudicati "irragionevoli".
Le critiche dell’opposizione
Dal momento che il presidente Isaac Herog apporrà la propria firma sulla decisione della Knesset, la Corte Suprema avrà dunque le mani legate. Le ricadute della nuova norma sono innumerevoli. Ma - per fare un esempio - basti pensare che potrà tornare al governo come ministro Arieh Deri, leader religioso di peso della coalizione, condannato più volte per reati fiscali, che Netanyahu fu costretto a licenziare dopo l'ingiunzione della Corte Suprema. E proprio a questa istituzione - considerata da molti il baluardo della democrazia israeliana - sarà rivolto "già da domani", come annunciato dal leader dell'opposizione Yair Lapid, il ricorso contro la nuova disposizione. "Vogliono fare a pezzi lo Stato, la democrazia, la sicurezza, l'unità del popolo di Israele e le nostre relazioni internazionali", ha ammonito Lapid dopo aver inseguito inutilmente una possibile mediazione.
La difesa di Netanyahu
"La norma approvata oggi non è affatto la fine della democrazia, bensì la realizzazione del volere dell'elettorato e dunque l'essenza stessa della democrazia", ha ribattuto Netanyahu che ha aperto ad "un dialogo con l'opposizione già nei prossimi giorni". La norma approvata è un "aggiustamento moderato per riportate equilibrio tra i poteri" e "non giustifica" le proteste e lo "sconvolgimento del Paese", ha aggiunto il premier. Se la minoranza ha boicottato il voto, la maggioranza ha invece esultato: sulle tv sono rimbalzate - e criticate - le immagini del ministro della giustizia Yariv Levin (Likud) artefice della riforma impegnato, sorridente e soddisfatto, in selfie di giubilo con altri deputati della coalizione.
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Proteste e scontri nel Paese
Fuori della Knesset - dove già da giorni erano accampati centinaia di oppositori arrivati in marcia da Tel Aviv - la protesta si è via via ingrossata: in breve si è arrivati a blocchi stradali e scontri con la polizia che ha usato il cannone ad acqua per disperdere i manifestanti. Lo stesso è avvenuto dopo il voto quando gli organizzatori delle dimostrazioni hanno fatto appello ad intensificare le proteste. Da Tel Aviv a Haifa e in molti altri luoghi, gli oppositori della riforma sono scesi in piazza. E in mezzo a chi protestava, con la bandiera di Israele in mano o sulle spalle, si sono visti anche esponenti delle forze di sicurezza, come a Gerusalemme l'ex capo dello Shin Bet Nadav Argaman, giuristi di spicco e politici. Da segnalare la "drammatica" riunione svoltasi all'interno del Mossad in cui, secondo la tv Canale 12, il capo degli 007 israeliani David Barnea ha espresso preoccupazione per la situazione in corso. Se si arriverà ad una crisi istituzionale, ha detto che si schiererà "dalla parte giusta, anche se ancora non è il momento".
La presa di posizione degli Usa
A parlare ancor più chiaro è stata la Borsa dove la moneta nazionale, lo shekel, ha perso rispetto al dollaro e all'euro raggiungendo quotazioni che non si vedevano da tempo. Ma la crisi sembra - paradossalmente - all'esordio. Almeno in base alle parole del ministro della sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir secondo cui "si è solo all'inizio. Ci sono molte altre leggi da approvare che fanno parte della riforma". Da Washington, il commento è stato secco: “I cambiamenti principali in democrazia per poter durare devono avere il più ampio consenso possibile. È un peccato che il voto di oggi sia passato con una maggioranza minima”, ha detto il presidente degli Stati Uniti Joe Biden.