Migranti, la partenza mancata e il ruolo dei trafficanti
MondoLungo la litoranea tra Sousse e Sfax, nel sud della Tunisia, si incontrano continuamente drappelli di migranti subsahariani che vanno e vengono dalle spiagge, a seconda che abbiano provato la traversata senza riuscirci o che debbano provarci. Abbiamo fermato due ragazzi giovanissimi che non sono riusciti a partire e hanno perso tutti i soldi che avevano pagato ai trafficanti.
Lei e lui li incontriamo sulla statale a nord di Sfax. Hanno appena fallito nel tentativo di imbarcarsi per l’Italia da una spiaggia della Tunisia. Stanno tornando a piedi in città. Si sono conosciuti in spiaggia, partendo. Sembrano una coppia ma non lo sono. Vengono dalla Guinea. Lei ha un bambino piccolo in braccio, è mamma da poco, lui è scalzo e molto dolce. Con sé non hanno niente. Solo due bottiglie d’acqua. Questo è il racconto del nostro breve incontro. I due rispondono alternativamente alle nostre domande. Uno completa quel che dice l’altra e viceversa.
Il racconto
Hai perso le scarpe?
Lui: “Lei ha perso le scarpe”.
Lei: “E lui me le ha date”.
Lui: “Lei è donna è normale che porti le scarpe. Io sono un uomo. Posso camminare tranquillamente scalzo”.
Ma non avete niente con voi?
Lei: “Non giriamo con i vestiti, per salire in barca metti solo quello che puoi indossare, è tutto”.
Lui: “Per il resto lasci tutto a terra”.
Al collo il ragazzo ha un salvagente ricavato dalla camera d’aria di un pneumatico. Non sa nuotare. E le barche sono pericolose.
Avete provato a partire questa notte?
Lui: Si, cioè, abbiamo provato a partire ieri notte non è funzionato il tempo era cattivo
Lei: “Altri dicevano che il motore non era buono era cattivo”.
Ma avete pagato?
Lei: “Si abbiamo pagato. Eravamo in quaranta e il motore che ci hanno dato era da 30 cavalli”.
Con una barca in metallo?
Lei: “Sì”.
Sapete che le barche in metallo sono pericolose?
Lui: “Non abbiamo visto il battello prima di partire, ma abbiamo pagato. E’ solo sulla riva del mare che abbiamo visto la barca. Lì se ti rifiuti di partire il denaro è perso. E anche se non parti per qualsiasi altro motivo. Adesso dobbiamo lavorare, trovare un altro trafficante. Ripagare i soldi e poi riprovarci”.
Quanto ci metterete?
Lei: Almeno 5 mesi”
Il bambino dove lo hai partorito?
Lei: “In Libia”.
Sei stata in prigione in Libia?
Lei: “Sì, una volta”.
Com’era?
Lei: “Non era facile la prigione”.
Ma eri lì con il bambino?
Lei. “Sì, con il bambino, li se ne fregano dei bambini. E non gli importa neanche delle donne incinta, ci sono donne che partoriscono in prigione. Se provi la traversata e la marina libica ti prende lì te ne vai subito in prigione”.
E uscita di prigione cosa hai fatto?
Lei; “Siccome abbiamo visto che la Libia era troppo difficile siamo venuti in Tunisia. Ma è la stessa cosa”.
Perché?
Lei: “I trafficanti ci mentono, ci danno motori di seconda mano. Questo non è buono”.
Sapete che ci sono molti morti in mare?
Lei: “Lo sappiamo ma come possiamo fare?”.
Ma vuoi partire con il bambino?
Lei: “E’ per lui che lo faccio. Per lui. Perché il padre lo ha abbandonato”.
Sai che è molto pericoloso?
Lei: “Lo so”.
Quindi proverai la traversata?
(Lei non risponde, ma accenna di sì con la testa).
Li lasciamo ripartire a piedi lungo la statale. Sono 41 chilometri sotto il sole, ci vogliono anche 10 ore. Lui è scalzo, lei no.