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Migranti, la partenza mancata e il ruolo dei trafficanti

Mondo
Jacopo Arbarello

Jacopo Arbarello

Lungo la litoranea tra Sousse e Sfax, nel sud della Tunisia, si incontrano continuamente drappelli di migranti subsahariani che vanno e vengono dalle spiagge, a seconda che abbiano provato la traversata senza riuscirci o che debbano provarci. Abbiamo fermato due ragazzi giovanissimi che non sono riusciti a partire e hanno perso tutti i soldi che avevano pagato ai trafficanti.  

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Lei e lui li incontriamo sulla statale a nord di Sfax. Hanno appena fallito nel tentativo di imbarcarsi per l’Italia da una spiaggia della Tunisia. Stanno tornando a piedi in città. Si sono conosciuti in spiaggia, partendo. Sembrano una coppia ma non lo sono. Vengono dalla Guinea. Lei ha un bambino piccolo in braccio, è mamma da poco, lui è scalzo e molto dolce. Con sé non hanno niente. Solo due bottiglie d’acqua. Questo è il racconto del nostro breve incontro. I due rispondono alternativamente alle nostre domande. Uno completa quel che dice l’altra e viceversa. 

I due giovani ragazzi che non sono riusciti a partire per l'Italia
I due giovani ragazzi che non sono riusciti a partire per l'Italia

Il racconto

Hai perso le scarpe?

Lui: “Lei ha perso le scarpe”.

Lei: “E lui me le ha date”.

Lui: “Lei è donna è normale che porti le scarpe. Io sono un uomo. Posso camminare tranquillamente scalzo”.

Ma non avete niente con voi?

Lei: “Non giriamo con i vestiti, per salire in barca metti solo quello che puoi indossare, è tutto”.

Lui: “Per il resto lasci tutto a terra”.

Al collo il ragazzo ha un salvagente ricavato dalla camera d’aria di un pneumatico. Non sa nuotare. E le barche sono pericolose.

Avete provato a partire questa notte?

Lui: Si, cioè, abbiamo provato a partire ieri notte non è funzionato il tempo era cattivo

Lei: “Altri dicevano che il motore non era buono era cattivo”.

Ma avete pagato?

Lei: “Si abbiamo pagato. Eravamo in quaranta e il motore che ci hanno dato era da 30 cavalli”.

Con una barca in metallo?

Lei: “Sì”.

Sapete che le barche in metallo sono pericolose?

Lui: “Non abbiamo visto il battello prima di partire, ma abbiamo pagato. E’ solo sulla riva del mare che abbiamo visto la barca. Lì se ti rifiuti di partire il denaro è perso. E anche se non parti per qualsiasi altro motivo. Adesso dobbiamo lavorare, trovare un altro trafficante. Ripagare i soldi e poi riprovarci”. 

Quanto ci metterete?

Lei: Almeno 5 mesi”

Il bambino dove lo hai partorito?

Lei: “In Libia”.

Sei stata in prigione in Libia?
Lei: “Sì, una volta”.

Com’era?

Lei: “Non era facile la prigione”.

Ma eri lì con il bambino?

Lei. “Sì, con il bambino, li se ne fregano dei bambini. E non gli importa neanche delle donne incinta, ci sono donne che partoriscono in prigione. Se provi la traversata e la marina libica ti prende lì te ne vai subito in prigione”.

E uscita di prigione cosa hai fatto?

Lei; “Siccome abbiamo visto che la Libia era troppo difficile siamo venuti in Tunisia. Ma è la stessa cosa”.

Perché?

Lei: “I trafficanti ci mentono, ci danno motori di seconda mano. Questo non è buono”.

Sapete che ci sono molti morti in mare?

Lei: “Lo sappiamo ma come possiamo fare?”.

Ma vuoi partire con il bambino?

Lei: “E’ per lui che lo faccio. Per lui. Perché il padre lo ha abbandonato”.

Sai che è molto pericoloso?

Lei: “Lo so”.

Quindi proverai la traversata?

(Lei non risponde, ma accenna di sì con la testa).

Li lasciamo ripartire a piedi lungo la statale. Sono 41 chilometri sotto il sole, ci vogliono anche 10 ore. Lui è scalzo, lei no.

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