A riferirlo è la BBC, secondo cui il passo indietro dell’ex leader Tory arriva dopo aver ricevuto il rapporto sul caso delle dichiarazioni rese ai Comuni sulle feste a Downing Street durante l'emergenza Covid. "Non ho mentito, e credo che in cuor loro alla commissione lo sappiano", si è difeso lui
Boris Johnson, l’ex premier e leader Tory, si è dimesso da deputato con effetto immediato, dopo aver ricevuto il rapporto sul Partygate, il caso legato alle feste a Downing Street durante l'emergenza Covid. A riferirlo è la BBC. “È molto triste lasciare il parlamento, almeno per adesso”, ha dichiarato Johnson. “Sono costretto ad andarmene da un piccolo gruppo di persone, senza alcuna prova per sostenere le loro tesi, e senza l’approvazione né dei membri del partito conservatore né dell’elettorato”, ha scritto l’ex premier in una nota. Il suo passo indietro farà scattare un’elezione per il suo seggio.
Le accuse a Boris Johnson
Il passo indietro, come detto, è arrivato dopo aver ricevuto il rapporto di una commissione parlamentare sul “Partygate”. L’indagine doveva stabilire se Johnson avesse ingannato il parlamento sulla vicenda dei party a Downing Street durante il lockdown per l'epidemia di Covid. A marzo, quando aveva testimoniato davanti alla commissione, Johnson aveva ammesso di aver fuorviato il Parlamento, ma aveva negato di averlo fatto deliberatamente: "Non ho mentito, e credo che in cuor loro alla commissione lo sappiano", ha detto oggi l’ex premier. “Sanno perfettamente che quando ho parlato ai Comuni stavo dicendo ciò che sinceramente credevo fosse vero e quello che ero stato incaricato di dire, come qualsiasi altro ministro”.
L’attacco al governo Sunak
L’ex premier non ha lesinato nemmeno un attacco all’attuale inquilino di Downing Street, Rishi Sunak. La maggioranza "da me conquistata" tre anni e mezzo fa, ha denunciato, "la più grande maggioranza (Tory) in mezzo secolo, è ora chiaramente a rischio". Colpa nelle sue parole di una nuova leadership che ha rinunciato a "tagliare le tasse", ha accantonato "troppo facilmente" i negoziati per un trattato di libero scambio post Brexit con gli Usa e avrebbe "bisogno di ritrovare urgentemente fiducia in ciò che questo Paese può fare". Oltre che di "dimostrare come ottenere il meglio dalla Brexit attraverso un'agenda pro crescita e pro investimenti". Una sfida in piena regola, ma anche un attacco all'autorità di Rishi Sunak, portato poche ore dopo che il premier in carica aveva approvato la sua lista d'onore di nomine e decorazioni di fedelissimi ricompensati in veste di capo di governo uscente in forma decurtata: e senza l'inclusione di pretoriani quali l'ex ministra della Cultura Nadine Dorries, dimessasi a sua volta da deputata per protesta.