I due giorni di colloqui in Giappone hanno portato gli alti diplomatici ad annunciare di voler rafforzare l'applicazione delle sanzioni già prese nei confronti della Russia. Sul tavolo del summit anche gli scontri tra esercito e forze paramilitari in Sudan e la situazione tra Cina e Taiwan
I Paesi che forniscono assistenza alla Russia per la guerra in Ucraina pagheranno "un prezzo pesante". Così i ministri degli Esteri del G7, dopo due giorni di incontri in Giappone, hanno preso posizione contro la guerra che da più di un anno coinvolge Mosca e Kiev. Nella dichiarazione rilasciata dagli alti diplomatici si legge anche la volontà di rafforzare l'applicazione delle sanzioni già prese nei confronti della Russia: "inaccettabile" infatti l'annuncio da parte di Mosca dell'intenzione di inviare armi nucleari alla Bielorussia. (GUERRA RUSSIA-UCRAINA. LO SPECIALE - GLI AGGIORNAMENTI IN DIRETTA)
G7: "Basta violenza in Sudan"
La situazione in Sudan, dove gli scontri tra l'esercito regolare e le forze paramilitari hanno ucciso quasi 200 persone dallo scorso sabato, preoccupa la politica internazionale. I capi della diplomazia dei principali Paesi industrializzati hanno esortato "tutte le parti a porre immediatamente fine alla violenza, ad allentare le tensioni e a ripristinare il governo civile in Sudan".
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G7: "No a militarizzazione della Cina a Taiwan"
Sul tavolo del Summit in Giappone anche la Corea del Nord, alla quale i ministri si sono rivolti chiedendo di "astenersi" da qualsiasi ulteriore test nucleare o lancio di missili balistici altrimenti dovrà affrontare una risposta "robusta". Anche la situazione di Taiwan è stata al centro delle discussioni dei ministri degli Esteri, i quali insistono sul fatto che "non vi è alcun cambiamento nelle posizioni di base su Taiwan, comprese le politiche dichiarate della 'Unica Cina'", ma si oppongono "alle attività di militarizzazione" di Pechino nel mar Cinese meridionale. In una dichiarazione diffusa dopo i due giorni di colloqui della ministeriale a Karuizawa, in Giappone, le parti hanno ribadito che "non esiste una base legale per le estese rivendicazioni marittime della Cina nel mar Cinese meridionale", manifestando opposizione "alle attività di militarizzazione della Cina nella regione".