Migranti, Ue: "Nelle acque della Libia possono intervenire solo i libici"

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Un gommone si è capovolto ieri in acque Sar libiche: al momento 30 persone risultano disperse e 17 sono state tratte in salvo. Alarm Phone accusa l'Italia di aver “ritardato consapevolmente i soccorsi, li hanno lasciati morire”. La Guardia Costiera: "Fuori dalla nostra competenza". Il ministro degli Esteri Antonio Tajani: “Non bisogna mai strumentalizzare quello che accade". Polemiche anche per il mancato intervento Ue

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Continuano le ricerche dei dispersi dopo il naufragio di un gommone che si è capovolto ieri in acque Sar libiche: al momento 30 persone risultano disperse e 17 sono state tratte in salvo. Alarm Phone accusa l'Italia di aver “ritardato consapevolmente i soccorsi, li hanno lasciati morire”. La Guardia Costiera replica: “L'intervento è avvenuto al di fuori dell'area di responsabilità Sar italiana registrando l'inattività degli altri Centri nazionali di soccorso marittimo interessati per area”. Sul punto è intervenuta anche l’Ue. La portavoce della Commissione europea, Ana Pisonero, parlando proprio del naufragio al largo delle coste libiche, ha riconosciuto che “c'è una necessità di rafforzare la capacità libica, perché non sempre hanno i mezzi" per gestire le frontiere, sottolineando che "quando ci sono persone in pericolo è obbligatorio intervenire". Per questo, dall'Europa arriveranno presto "altre imbarcazioni". L’altro portavoce della Commissione, Peter Stano, ha intanto precisato che l’operazione navale europea “Irini” non può però operare nelle acque della Libia: le operazioni di ricerca e soccorso in quelle zone “sono autorizzate solo per le imbarcazioni libiche". E mentre si riaccende la mai sopita polemica politica, in mattinata a Palazzo Chigi si è tenuto un vertice sui migranti, a cui hanno partecipato la premier Giorgia Meloni, il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi, quello della Difesa Guido Crosetto, quello degli Esteri Antonio Tajani, quello delle Infrastrutture Matteo Salvini e i vertici dei Servizi segreti. Da più fonti di governo si apprende che è sarebbe tornata in campo l'ipotesi di un maggior coordinamento sulla sorveglianza marittima per l'individuazione dei barconi che trasportano migranti in acque extraterritoriali, con il coinvolgimento quindi della Marina militare, che ha gli strumenti tecnologici adeguati. La misura era stata stralciata prima dell'approvazione dell'ultimo Dl migranti (LO SPECIALE MIGRANTI).

Commissione Ue: "Coordinamento su salvataggi non spetta a noi"

“L'idea che ogni vita persa in mare è una vita persa di troppo e che dobbiamo tutti fare tutto il possibile per evitare che ciò accada di nuovo è sempre nei pensieri della presidente" Ursula von der Leyen, ha detto la portavoce della Commissione europea Dana Spinant. Che ha poi voluto precisare come “ci sono diversi tipi di coordinamento" e "il coordinamento" europeo sui migranti nel Mediterraneo "non include discussioni operative su quali navi debbano intervenire" nelle operazioni di soccorso: "la Commissione europea non ha né le capacità né le competenze per intervenire”. Un alto funzionario europeo fa sapere che c’è chi spera di “finalizzare il Patto sulla migrazione” in tempi brevi, con il Consiglio Ue atteso a Strasburgo questa settimana, dove si tiene la plenaria del Parlamento Europeo, “per convincere i gruppi politici ad andare avanti e compiere progressi sull'approvazione delle varie legislazioni di cui è composto il Patto". 

La ricostruzione di Alarm Phone

“Trenta persone sono morte. Sarebbero ancora vive se l'Europa non avesse deciso di lasciarle annegare”, dice Alarm Phone, che nella notte tra venerdì e sabato era stata contattata dalle 47 persone in fuga dalla Libia sull’imbarcazione in pericolo poi naufragata. “Ci avevano comunicato la loro posizione Gps, che avevamo trasmesso alle autorità italiane, maltesi e libiche alle 2:28 dell’11 marzo - dice la Ong - La situazione era critica. La barca era alla deriva. Le condizioni meteorologiche erano estremamente pericolose. Le persone a bordo urlavano al telefono, dicendoci di avere bisogno di aiuto”. “Abbiamo informato, ripetutamente, sia via e-mail che per telefono, il Centro di coordinamento del soccorso marittimo (Mrcc) italiano di questa situazione - dice Alarm Phone - Abbiamo inviato le posizioni Gps, segnalato il deterioramento delle condizioni, delle persone e dell’imbarcazione, chiedendo più volte che venisse lanciata immediatamente un’operazione di soccorso. Poco dopo il primo Sos, alle 3:01, abbiamo chiesto al Mrcc di Roma di ordinare alla nave mercantile Amax Avenue, che si trovava nelle vicinanze, di intervenire. Eppure, nonostante la vicinanza, la nave ha proseguito oltre il luogo dove si trovava l’imbarcazione, senza fermarsi. Se il Mrcc di Roma glielo avesse ordinato, sarebbe potuta intervenire”. Nove ore dopo il primo Sos, Seabird 2, il velivolo di ricognizione di Sea Watch ha avvistato l’imbarcazione in difficoltà, informando le autorità sulla situazione di imminente pericolo. “Solo dopo diverse ore, navi mercantili, non mezzi italiani o facenti capo all’operazione Irini, raggiungevano il luogo dove si trovava l’imbarcazione in pericolo”, ricostruisce Alarm Phone, che accusa: “Questo ritardo, uno dei tanti ritardi sistematici che Alarm Phone ha documentato nel corso degli anni, si è rivelato letale. Per molte ore, le navi mercantili si sono limitate a monitorare la situazione senza intervenire. Evidentemente, le autorità italiane stavano cercando di evitare che le persone venissero portate in Italia, ritardando l’intervento in modo che la cosiddetta guardia costiera libica arrivasse e riportasse con la forza le persone in Libia, nelle condizioni di tortura da cui avevano cercato di fuggire”.

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Le accuse di Alarm Phone

Nelle prime telefonate, le autorità libiche hanno informato Alarm Phone che avrebbero inviato un’imbarcazione sul posto. Solo successivamente hanno spiegato di non poter intervenire a causa della mancanza di mezzi. “Hanno aggiunto che a coordinare quell’evento di ricerca e soccorso era l’Italia”, dice Alarm Phone. L’ultima comunicazione tra le persone a bordo e la Ong è avvenuta alle 6:50 del 12 marzo. “Erano esauste e disperate, gridavano e chiedevano aiuto”, dice Alarm Phone, che dopo quella telefonata ha inviato la loro posizione alle autorità, chiedendo di intervenire con urgenza. “Alle 7:20, le persone a bordo ci hanno chiamato un’ultima volta, ma non si sentiva nulla. Dopo il nostro ultimo contatto, la barca si è capovolta”. “Perché, data l’urgenza della situazione, le autorità italiane non hanno inviato immediatamente sul luogo dell’emergenza mezzi di soccorso adeguati? - chiede Alarm Phone - Perché hanno esitato a dirigere le navi mercantili vicine verso l’imbarcazione in pericolo, nonostante fossero a conoscenza della situazione e delle condizioni critiche? Dov’erano gli assetti dell’operazione navale Irini dell’Ue e, se disponibili, perché non sono intervenuti? Perché le navi mercantili si sono limitate a monitorare la situazione e non hanno cercato di soccorrere le 47 persone, prima che l’imbarcazione si capovolgesse? Perché le cosiddette guardie costiere libiche non erano disponibili a intervenire? Perché, pur sapendo che le autorità libiche non potevano intervenire, le autorità italiane continuano a indicarle come autorità responsabili? Perché le Ong di soccorso sono bloccate nei porti italiani? Perché, dopo il naufragio letale di Crotone, che si somma a innumerevoli morti e scomparse avvenute nel Mediterraneo negli ultimi anni, l’Ue continua a militarizzare i suoi confini, a scoraggiare le persone in movimento e a lasciarne annegare migliaia?”.

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La ricostruzione della Guardia Costiera

“Nella notte dell'11 marzo, Watch the Med-Alarm Phone segnalava al Centro Nazionale di coordinamento del soccorso marittimo di Roma, a quello maltese e a quello libico una barca con a bordo 47 migranti, in area Sar libica a circa 100 miglia dalle coste libiche”, ricostruisce dal canto suo la Guardia Costiera, che ha spiegato che dopo la segnalazione “l'unità veniva avvistata dal velivolo Ong Seabird 2” il quale procedeva ad inviare una chiamata di soccorso e contattava il mercantile Basilis L che confermava di dirigere verso il barchino. Tutte le informazioni venivano fornite anche alle autorità libiche e maltesi. Il mercantile Basilis L comunicava di avere il barchino a vista, fermo alla deriva, e di avere difficoltà a soccorrerli a causa delle avverse condizioni meteo nella zona”. “Le Autorità libiche, competenti per le attività di ricerca e soccorso in quell'area, a causa della mancanza di disponibilità di assetti navali, chiedevano il supporto, così come previsto dalle Convenzioni Internazionali sul soccorso in mare, del Centro Nazionale di coordinamento del soccorso marittimo di Roma che, su richiesta delle autorità libiche, inviava nell'immediatezza, un messaggio satellitare di emergenza a tutte le navi in transito”, prosegue la ricostruzione. “La Centrale Operativa della Guardia Costiera di Roma, oltre al mercantile Basilis L che rimaneva vicino al barchino, inviava altri tre mercantili presenti in zona verso il natante in difficoltà. Le operazioni di trasbordo dei migranti iniziavano alle prime luci dell'alba da parte di uno dei 4 mercantili che avevano raggiunto il barchino in difficoltà. Durante le operazioni di soccorso da parte della motonave Froland, il barchino durante il trasbordo dei migranti si capovolgeva: 17 persone venivano soccorse e recuperate dalla nave mentre risultavano dispersi circa 30 migranti”. “L'intervento di soccorso è avvenuto al di fuori dell'area di responsabilità Sar italiana - conclude la Guardia Costiera - registrando l'inattività degli altri Centri Nazionali di coordinamento e soccorso marittimo interessati per area".

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La polemica politica

La notizia del nuovo naufragio nel Mediterraneo, come prevedibile, è entrata prepotentemente nel dibattito politico. Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha detto che “non bisogna mai strumentalizzare quello che accade. Sono convinto, conoscendo la Guardia costiera, la Marina militare italiana e la Guardia di finanza, che questi uomini di mare non lascino mai nessuno senza soccorso”. Le opposizioni vanno all'attacco. Per la segretaria Pd, Elly Schlein è “una vergogna per l'Italia e per l'Europa, non possiamo più vedere il Mediterraneo ridotto a un grande cimitero a cielo aperto”, mentre gli esponenti di Alleanza Verdi Sinistra affermano che “il ministro Piantedosi, che coordina queste operazioni, è un'onta per l'Italia e ne chiediamo dimissioni”.

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