Diario da Kabul, i talebani: "Il Paese sta bene, la crisi è dovuta ai 20 anni di guerra"

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Gianluca Ales

Nei giorni in cui si ricorda la partenza dell'esercito americano dall'Afghanistan e la presa del potere da parte dei talebani, ai microfoni di Sky TG24 parla il loro portavoce, il mullah Bilal Karimi

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Bilal Karimi non ha tempo, è molto impegnato. È un viavai di troupe internazionali che si avvicendano nell’intervistarlo. In gran parte arabe e mediorientali, ma non fa difficoltà a incontrarci, chiede solo che gli vengano anticipate le domande. No, rispondiamo, possiamo però indicare gli argomenti. Sarà per questo che l’attesa è lunga. I suoi attendenti appaiono imbarazzati rinviando sempre “di dieci minuti”, fino a superare l’ora di anticamera, e poi c’è il momento della preghiera. Alla fine, compare. Come spesso accade, il Mullah Karimi non ha un aspetto temibile, bensì quello di un uomo rotondetto e sorridente, dall’aria mite. La nuova versione dei talebani, per certi versi, che non sono più i guerrieri spiritati che litigavano con la stampa, e che si irritavano appena si toccava l’argomento donne. Karimi al massimo sbuffa quando ascolta la traduzione delle domande che lo urtano, ma non si sottrae (LO SPECIALE "KABUL - L'ANNO DOPO" - COSA È CAMBIATO DAL RITORNO DEI TALEBANI - FREE TO RUN: LE DONNE E IL SOGNO DI UNA CORSA NON PIÙ CONCESSA)

Come giudica la situazione attuale dell’Afghanistan a un anno dalla riconquista dei talebani?

"Dalla nascita dell’Emirato Islamico dell’Afghanistan un anno fa, la sicurezza nelle 34 province della nazione è stata garantita e una rivoluzione positiva è stata avviata. La corruzione e la criminalità sono state eradicate. Il governo gestisce la nazione e sta intavolando contatti per sviluppare collaborazioni con altri Paesi del mondo. Quindi direi che le cose vanno bene".

 

Come pensate di ristabilire le relazioni internazionali visto che la maggior parte dei Paesi vi considera dei terroristi?

"L’emirato islamico è un sistema costruito sulla trasparenza. Ci sono critiche da parte di altre nazioni ma sono solamente propaganda, non ci sono basi reali. Malgrado questo ci sono già molti governi con i quali siamo in contatto e che stanno aprendo uffici di rappresentanza in Afghanistan".

 

Pensate di dover ricorrere ad aiuti internazionali?

"La verità è che abbiamo ereditato una situazione disastrosa dovuta a 20 anni di guerra. Ora il nostro governo ha pianificato una serie di interventi autofinanziati sulle infrastrutture per rilanciare il Paese. Naturalmente riguardo agli aiuti umanitari al momento siamo in contatto con varie strutture. Ma sul lungo termine lo sviluppo della nostra economia sarà gestito internamente".

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L’Onu e i report internazionali descrivono però una realtà ben diversa, di una grave crisi economica…

"Le fonti alle quali si riferisce sono straniere e prive di ogni fondamento. Nel regime precedente dalle 200 alle 300 persone ogni giorno morivano per l’incapacità di garantire la sicurezza nel Paese. La corruzione non aveva limiti, la maggior parte degli impiegati pubblici lavorava per i propri interessi piuttosto che per la nazione. L’emirato islamico ha sradicato questi problemi. Ora il sistema è trasparente e per la prima volta in 20 anni il Ministero delle Finanze ha generato un budget con le nostre sole risorse interne, senza aiuti esterni. Era stato predetto da molte agenzie internazionali che l’economia afghana sarebbe crollata e invece come può vedere nulla è accaduto anzi le cose vanno molto bene".

 

La questione femminile viene liquidata sostenendo che i diritti delle donne, in accordo con la sharia, sono tutelati e rispettati e che non c’è alcuna discriminazione. Ma insistiamo.

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Nell’ultima manifestazione delle donne (il 13 agosto, n.d.a.), i talebani hanno aperto il fuoco, nonostante fossero poco più di una ventina e non rappresentassero alcun pericolo.

"Le donne che hanno partecipato alla manifestazione non rappresentano quelle afghane, sono un’esigua minoranza che approfitta della presenza dei media stranieri per mettersi in evidenza e lasciare il Paese".

 

Ma dove Karimi non riesce a trattenere il fastidio è quando gli chiediamo dell’omicidio di Ayman al Zawahiri, il leader di al Qaeda ucciso da un drone americano il 31 luglio di quest’anno.

 

Come avete reagito a questa azione?

"Abbiamo effettuato approfondite investigazioni ma il corpo non è stato trovato, abbiamo già rilasciato quindi le nostre conclusioni".

 

Insomma: per gli Studenti del Corano non ci sono prove che il vecchio capo dell’internazionale del terrore sia stato ucciso. Nonostante le foto, i filmati e le testimonianze. Una risposta che la dice lunga sull’atteggiamento dei talebani di fronte alla realtà. Il tempo a disposizione è finito. Stringe la mano sorridente, pronto a un’altra intervista in cui proporre la nuova immagine dei talebani. Un’immagine che sembra sempre più scollata rispetto al Paese in cui vivono.

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