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Migranti, appello del Papa tra i rifugiati a Lesbo: “Fermiamo questo naufragio di civiltà”

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©Ansa

Il Pontefice è atterrato all'aeroporto di Mytilene per la sua seconda visita, dopo quella del 2016. Arrivato in auto ai cancelli del Reception and Identification Centre, ha percorso a piedi il tragitto verso il tendone, salutando i profughi e accarezzando i bambini. "Chiusure e nazionalismi - la storia lo insegna - portano a conseguenze disastrose. Non si voltino le spalle alla realtà, finisca il continuo rimbalzo di responsabilità. Non è alzando barriere che si risolvono i problemi e si migliora la convivenza"

“Fermiamo questo naufragio di civiltà”. È questo l’appello di Papa Francesco che, nella penultima giornata del suo viaggio a Cipro e in Grecia, fa visita ai rifugiati fermi a Lesbo. Si tratta della sua seconda visita sull’isola, dopo quella del 16 aprile 2016. Francesco è arrivato in auto ai cancelli del Reception and Identification Centre, poi ha percorso a piedi il tragitto verso il tendone da cui ha parlato ai rifugiati e che ospita circa 200 persone. Il Papa ha sorriso e salutato i presenti, fermandosi con loro e accarezzando i tantissimi bambini. "Chiusure e nazionalismi - la storia lo insegna - portano a conseguenze disastrose", ha detto. “Non si voltino le spalle alla realtà, finisca il continuo rimbalzo di responsabilità, non si deleghi sempre ad altri la questione migratoria, come se a nessuno importasse e fosse solo un inutile peso", ha aggiunto. E ha sottolineato: "È triste sentir proporre, come soluzioni, l'impiego di fondi comuni per costruire muri, dei fili spinati", perché "non è alzando barriere che si risolvono i problemi e si migliora la convivenza". Prima di lasciare il campo profughi, Bergoglio si è fermato ancora a parlare con alcuni rifugiati e ha visitato i container dove sono alloggiati.

Papa Francesco all'isola di Lesbo

Bergoglio, partito da Atene, è atterrato in mattinata all'aeroporto di Mytilene ed è stato accolto dalla presidente della Repubblica ellenica Ekaterini Sakellaropoulou e dall'ordinario della diocesi, l’arcivescovo Josif Printezis. Poi la visita al Reception and Identification Centre, l'area attrezzata per l'accoglienza dei rifugiati che ha sostituito il campo profughi di Moria, il più grande d'Europa fino al settembre 2020, quando è stato interamente distrutto da un incendio. Proprio a Moira, il Papa era stato 5 anni fa. Da allora i rifugiati sono stati nel frattempo in parte ricollocati o trasferiti in altre isole dell'Egeo. 

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"Sono qui per vedere i vostri volti, per guardarvi negli occhi"

Il Papa è entrato dal cancello est del Reception and Identification Centre e si è diretto verso il tendone dove lo aspettavano circa 200 persone. Lungo il tragitto si è fermato a parlare con i profughi, accarezzando i tanti bambini, stringendo mani, ascoltando le storie, dispensando sorrisi, saluti e parole di conforto e incoraggiamento. Poi, parlando ai migranti, ha detto: "Sono nuovamente qui per incontrarvi. Sono qui per dirvi che vi sono vicino. Sono qui per vedere i vostri volti, per guardarvi negli occhi. Occhi carichi di paura e di attesa, occhi che hanno visto violenza e povertà, occhi solcati da troppe lacrime. I vostri volti, i vostri occhi ci chiedono di non girarci dall'altra parte, di non rinnegare l'umanità che ci accomuna, di fare nostre le vostre storie e di non dimenticare i vostri drammi. Soprattutto, se vogliamo ripartire, guardiamo i volti dei bambini. Troviamo il coraggio di vergognarci davanti a loro”.

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"Chiusure e nazionalismi portano a conseguenze disastrose"

La migrazione "è un problema del mondo, una crisi umanitaria che riguarda tutti", ha sottolineato il Papa. E ha aggiunto: "Chiusure e nazionalismi - la storia lo insegna - portano a conseguenze disastrose. È un'illusione pensare che basti salvaguardare se stessi, difendendosi dai più deboli che bussano alla porta. Il futuro ci metterà ancora più a contatto gli uni con gli altri. Per volgerlo al bene non servono azioni unilaterali, ma politiche di ampio respiro". La storia "lo insegna – ha continuato – ma non lo abbiamo ancora imparato. Non si voltino le spalle alla realtà, finisca il continuo rimbalzo di responsabilità, non si deleghi sempre ad altri la questione migratoria, come se a nessuno importasse e fosse solo un inutile peso".

"Non è alzando barriere che si risolvono i problemi"

"È triste sentir proporre, come soluzioni, l'impiego di fondi comuni per costruire muri, dei fili spinati", perché "non è alzando barriere che si risolvono i problemi e si migliora la convivenza", ha detto ancora Bergoglio. “È facile – ha aggiunto – trascinare l'opinione pubblica instillando la paura dell'altro. Perché invece, con lo stesso piglio, non si parla dello sfruttamento dei poveri, delle guerre dimenticate e spesso lautamente finanziate, degli accordi economici fatti sulla pelle della gente, delle manovre occulte per trafficare armi e farne proliferare il commercio? Vanno affrontate le cause remote, non le povere persone che ne pagano le conseguenze, venendo pure usate per propaganda politica. Per rimuovere le cause profonde, non si possono solo tamponare le emergenze. Occorrono azioni concertate e grandezza di visione".

“Fermiamo questo naufragio di civiltà”

Dal Papa è arrivato anche un altro appello: "Non scappiamo via frettolosamente dalle crude immagini dei piccoli corpi di bambini stesi inerti sulle spiagge. Il Mediterraneo, che per millenni ha unito popoli diversi e terre distanti, sta diventando un freddo cimitero senza lapidi. Questo grande bacino d'acqua, culla di tante civiltà, sembra ora uno specchio di morte. Non lasciamo che il 'mare nostrum' si tramuti in un desolante 'mare mortuum', che questo luogo di incontro diventi teatro di scontro. Non permettiamo che questo 'mare dei ricordi' si trasformi nel 'mare della dimenticanza'. Vi prego, fermiamo questo naufragio di civiltà!". Il Pontefice ha poi sottolineato: “Disprezzando l'uomo creato a sua immagine, lasciandolo in balia delle onde, nello sciabordio dell'indifferenza, talvolta giustificata persino in nome di presunti valori cristiani, si offende Dio”. Infine, il ringraziamento al “popolo greco per l'accoglienza e per la generosità".

Il campo di Mytilene

Nel campo di Mytilene, soprannominato dai greci “Moria 2.0”, ve ne sono oggi alcune migliaia, con numeri che oscillano tra i 2mila-2.500 e gli oltre 4mila-4.200. Secondo la Caritas, attualmente nelle baracche, tendoni e container risiedono 2.200 persone: il campo avrebbe una capacità di 8mila persone, ma in questo periodo vengono accettati meno rifugiati per ragioni legate al Covid. Le provenienze vanno dalle zone di conflitto dell'Asia e del Medio Oriente fino a quelle dell'Africa. Le condizioni di vita nel campo sono migliorate rispetto a quello di Moria, considerato una sorta di inferno, ma sono sempre molto dure e le attese dei permessi di asilo in Europa sono lunghissime. Molte le famiglie con bambini anche in tenerissima età.

Il Papa ad Atene

Il Papa si è trasferito poi alla Megaron Concert Hall di Atene dove ha presieduto la messa nella II Domenica di Avvento. Circa duemila le persone che partecipano dalla sala principale e da un'altra sala in collegamento. Al termine della messa, mons. Theodoros Kontidis, Arcivescovo di Atene, indirizzerà un saluto e un ringraziamento al Pontefice. Prima di lasciare la Megaron Concert Hall, il Papa riceverà dal sindaco di Atene un’alta onorificenza.

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