Patrick Zaki, seconda udienza del processo: nuovo rinvio al 7 dicembre

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La sessione è iniziata poco prima delle 10:30 ora locale ed è durata solo un paio di minuti. Lo studente egiziano dell’Università di Bologna, detenuto in Egitto da oltre 18 mesi con l’accusa di propaganda sovversiva su internet, è stato rinviato a giudizio per la “diffusione di notizie false”. Per questa accusa rischia una condanna fino a cinque anni di carcere. Presenti in aula il padre e la sorella, gli attivisti della Ong Eipr e i diplomatici Ue

Si è tenuta oggi al tribunale di Mansura la seconda udienza del processo a Patrick Zaki, lo studente egiziano dell’Università di Bologna detenuto in Egitto da oltre 18 mesi con l’accusa di propaganda sovversiva su internet. La sessione è iniziata poco prima delle 10:30 ora locale ed è durata solo due minuti, al termine dei quali è stato annunciato un nuovo rinvio al 7 dicembre. "Il rinvio del processo è stato deciso affinché la difesa possa ottenere copia ufficiale degli atti, fare le proprie memorie e rappresentare Patrick nel migliore dei modi con una forte memoria", ha detto la legale Hoda Nasrallah. In aula, circa una cinquantina le persone presenti, tra cui il padre di Patrick, George Zaki, e la sorella Marise. Presente anche un dirigente della Ong Eipr per la quale lo studente lavorava come ricercatore.

La legale: "Finora non abbiamo avuto i documenti"

Finora "ci hanno presentato gli atti senza fornircene una copia o fotocopia ufficiale", ha aggiunto la legale parlando davanti al Palazzo di Giustizia poco prima che Patrick venisse portato via su un furgone azzurro verso cui la sorella, alcuni attivisti e amici hanno urlato "sette dicembre, sette dicembre" per informarlo della scadenza che altrimenti lo studente non avrebbe avuto modo di apprendere per giorni. "Abbiamo alcuni punti in mente ma per fare le memorie è necessario avere i documenti in mano in modo da poterli utilizzare in ogni punto, e finora questo non è stato possibile", ha aggiunto Hoda Nasrallah.

I fatti dell’udienza

La seconda udienza si è tenuta al Tribunale di Mansura, città a circa 120 chilometri dal Cairo. Per giustificare la richiesta di rinvio, Hoda ha sostenuto che è stato lo stesso Zaki a chiederlo in quanto "non è soddisfatto" della difesa dato che lei ha potuto leggere gli atti in Procura solo "di fretta". Inizialmente la gabbia degli imputati era vuota, poi Zaki è stato fatto entrare nella gabbia in manette, che gli sono state tolte dopo meno di cinque minuti. Patrick non ha preso la parola durante l'udienza, riporta l'Ansa presente sul posto. Qualche minuto dopo l'ingresso di Patrick nella gabbia degli imputati, prima ancora che la sua udienza iniziasse, la sessione è stata interrotta e Patrick ha parlato con due avvocati e bevuto un po' di acqua. Padre e sorella erano seduti a un paio di metri dalla gabbia, mentre in aula c'erano anche una quindicina di attivisti e amici di Patrick. A un'attivista Eipr sono stati controllati i documenti. Alcuni giornalisti hanno provato più volte a parlare con Patrick, ma sono stati fatti allontanare con moniti verbali. Lo studente, vestito tutto di bianco, portava occhiali, barba e codino. 

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Presenti i diplomatici Ue

Come per le scorse udienze, sono presenti un diplomatico italiano, uno spagnolo e uno canadese nell'ambito del monitoraggio processuale Ue a trazione italiana che coinvolge anche Paesi extra-europei. Germania e Stati Uniti hanno fatto presentare "lettere di interessamento" in cui si sottolinea che i due Paesi continueranno a seguire e monitorare da vicino il caso, pur non essendo fisicamente presenti all'udienza di oggi.

Amnesty Italia: "Rinvio lungo che sa di punizione"

All'Ansa Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International in Italia, ha parlato di "un rinvio abnormemente lungo che sa di punizione". "Il giudice - spiega Noury - poteva sì accogliere come ha fatto la richiesta della difesa di un rinvio, ma poteva disporre un rinvio tra una, due settimane. Tra l'altro questa data della prossima udienza, il 7 dicembre, è amaramente simbolica perché segnerà il ventiduesimo mese di detenzione arbitraria e illegale di Patrick e quindi una sofferenza continua". "Abbiamo del tempo davanti - prosegue - per fare qualcosa di importante, di efficace nelle relazioni tra Italia ed Egitto. La richiesta che facciamo è che la diplomazia italiana utilizzi questo tempo nel migliore dei modi".

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Intanto quaranta deputati del Parlamento europeo hanno sottoscritto una lettera indirizzata alla presidente della Commissione, Ursula Von der Leyen, e all'Alto rappresentante dell'Unione, Josep Borrell, per sollecitare l’impegno dell’Ue nella liberazione di Zaki. A darne notizia sono Fabio Massimo Castaldo (M5S) e Pierfrancesco Majorino (Pd), promotori della lettera. "Siamo molto preoccupati dal possibile esito di questo processo che rischia di essere, come tanti nell'Egitto di Al-Sisi, sommario e guidato dalla necessità di mettere a tacere in maniera palese voci critiche e non gradite", continuano Castaldo e Majorino. "Per questo chiediamo che la delegazione Ue sia presente al processo di Zaki e a quello di altri giornalisti, sindacalisti, difensori dei diritti umani e attivisti della società civile oggi perseguitati. Serve anche una risposta forte e coordinata tra gli stati dell'Unione che imponga progressi essenziali nel rispetto dei diritti umani all'Egitto".

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Perché Zaki è in carcere

Patrick fu arrestato il 7 febbraio 2020. La custodia cautelare in Egitto può durare fino a due anni, con la possibilità di prolungamenti se emergono nuovi elementi d'accusa. Dopo 19 mesi di custodia cautelare è arrivato il rinvio a giudizio per Zaki per quanto riguarda le accuse di diffusione di false notizie. Il processo è iniziato martedì 14 settembre con la prima udienza. Zaki rischia una condanna fino a cinque anni di carcere, pena a cui verrebbero sottratti i mesi di custodia, per un totale di 3 anni e 5 mesi. Le accuse a suo carico sono basate su dieci post di un account Facebook che i suoi legali considerano falso oltre che curato da un'altra persona. Per l’Egitto, Zaki è accusato di "diffusione di notizie false" e "incitamento alla protesta". Secondo quanto riportato dall’avvocatessa di Zaki, Hoda Nasrallah, le accuse più gravi di incitamento al "rovesciamento del regime" e al "crimine terroristico", che comporterebbero pene fino a 25 anni, sono per ora “congelate” ma “nulla esclude ulteriori sviluppi nelle accuse”.

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